Diciamoci la verità: è utopistico e forse anche ingiusto aspettarsi una critica cinematografica che sia assolutamente oggettiva e imparziale al 100%. Questo perchè, per quanto ovvio, ognuno di noi (parlo di "noi" in senso lato, critici professionisti, dilettanti o blogger che dir si voglia) è per forza influenzato dalla sua formazione culturale, dal suo vissuto e naturalmente dai propri gusti soggettivi. Il critico "perfetto" non è colui che riesce ad essere equidistante da tutto e sgombro da pregiudizi, bensì colui che riesce a mantenere il miglior equilibrio possibile pur non nascondendo le proprie simpatie. Questa premessa la faccio perchè, lo dico senza problemi, mi sono sentito molto solo quando alla recente Mostra di Venezia ho assistito all'anteprima dell'ultimo film di Takeshi Kitano, Broken Rage, sovrastata da applausi scroscianti, ululati d'entusiasmo e applausi a scena aperta da parte di una platea evidentemente (e giustamente!) di parte verso un Autore che ci ha regalato in passato tanti capolavori.
Il fatto è che... insomma, per quanto tutti noi possiamo amare il grande Kitano, vorrei che anche per lui ci fosse ogni tanto il beneficio del dubbio, ossia che ci fosse consentito di esprimere un parere anche non del tutto lusinghiero verso un'opera magari come questa, sperimentale e minimale, che personalmente mi ha deluso parecchio. Al contrario, mi sarebbe piaciuto tanto che un'opera fresca e dignitosissima come Diva Futura di Giulia L. Steigerwalt avesse avuto un'accoglienza più coraggiosa e meno bigotta nel nostro Paese (ma siamo in Italia, obviously), che magari avrebbe evitato anche solo parzialmente un flop clamoroso, così come non mi strappo i capelli (che non ho) per glorificare un film onesto, impegnato ma anche piuttosto convenzionale come Noi e loro delle sorelle Coulin.
Il fatto è che... insomma, per quanto tutti noi possiamo amare il grande Kitano, vorrei che anche per lui ci fosse ogni tanto il beneficio del dubbio, ossia che ci fosse consentito di esprimere un parere anche non del tutto lusinghiero verso un'opera magari come questa, sperimentale e minimale, che personalmente mi ha deluso parecchio. Al contrario, mi sarebbe piaciuto tanto che un'opera fresca e dignitosissima come Diva Futura di Giulia L. Steigerwalt avesse avuto un'accoglienza più coraggiosa e meno bigotta nel nostro Paese (ma siamo in Italia, obviously), che magari avrebbe evitato anche solo parzialmente un flop clamoroso, così come non mi strappo i capelli (che non ho) per glorificare un film onesto, impegnato ma anche piuttosto convenzionale come Noi e loro delle sorelle Coulin.
In sintesi, vorrei per quanto possibile una critica che non fosse nè tifo da stadio nè un Manuale Cencelli che metta tutti d'accordo. La giusta distanza, come in tutte le cose (I have a dream?)
BROKEN RAGE
(di Takeshi Kitano, Giappone 2024)
(di Takeshi Kitano, Giappone 2024)

Premessa doverosa: tutti, compreso il sottoscritto, vogliamo bene a Takeshi Kitano, cineasta di culto amato, anzi idolatrato da legioni di cinefili entusiasti (che a Venezia, in sala, si sono fatti sentire) e pronti a glorificarlo qualsiasi cosa faccia... perfino una sciocchezzuola simpatica ma nulla più come questo Broken Rage, appena 62 minuti di film divisi in due capitoli che raccontano (o dovrebbero raccontare) la stessa storia (di gangster, l'ennesima) sia dal punto di vista drammatico che parodistico. L'idea, peraltro non nuovissima, può anche andare, ma il buon Kitano riesce nell'impresa di rendere comica anche la parte che dovrebbe essere drammatica e, per quanto si rida di gusto, non si capisce il senso di questo giochino fine a se stesso che, davvero, può accontentare solo gli appassionati. Nessuno osa mettere in discussione la carriera strepitosa del 78enne cineasta nipponico, ma si deve avere il coraggio di mettere in chiaro le cose: Broken Rage è un balocco al limite dell'autocompiacimento, forse il canto del cigno di un Autore dà ormai l'impressione di aver raccontato tutto quello che c'era da raccontare. Unico lampo creativo, l'ironia pungente sulla durata sempre più lunga dei film di oggi... ma da qui a farlo passare come capolavoro passa davvero tanta acqua sotto i ponti. Forse un'alluvione.
giudizio: ★★☆☆☆
NOI E LORO
(di Delphine e Muriel Coulin, Francia 2024)

Un padre vedovo, due figli adolescenti molto diversi fra loro. Uno sta per partire per Parigi per studiare nientemeno che alla Sorbona, l'altro invece è problematico, introverso, ribelle, e finisce per entrare per ripicca in gruppo di neonazisti, con conseguenze facilmente immaginabili. Trama non originalissima per questo solido ma abbastanza scontato dramma urbano diretto dalle sorelle Coulin, in cui assistiamo al dilemma di un padre (Vincent Lindon, intenso come sempre) costretto a fare i conti con un figlio che prende una strada totalmente opposta rispetto ai valori che gli ha insegnato. Lindon per questo ruolo ha vinto la Coppa Volpi a Venezia (premio "regalatogli" dalla connazionale Isabelle Huppert, presidente di giuria, che lo ha preferito all' Adrien Brody di The Brutalist) ma lo spessore del film rimane comunque - per me - abbastanza inferiore e stereotipato rispetto al miglior cinema sul tema (quello di Stephane Brizè, tanto per capirci). Molto bravo anche l'altro protagonista, il giovane Benjamin Voisin.
giudizio: ★★★☆☆
DIVA FUTURA
(di Giulia L. Steigerwalt, Italia 2024)

No, non è il Boogie Nights italiano, e nemmeno ha la pretesa di esserlo. Però Diva Futura è comunque un film degno di essere visto: un'opera giovane, sbarazzina, viva, che racconta in chiave pop il difficile cammino verso l'emancipazione delle donne in un paese ancora troppo bigotto e maschiocentrico come il nostro. L'ascesa e la caduta di Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto), re del porno italiano ben prima di Rocco Siffredi, viene raccontata dalle tre donne che lo accompagnarono per tutta la vita: le star Moana Pozzi (Denise Capezza) e Eva Henger (Tesa Litvan), ma soprattutto la segretaria factotum e fedele confidente Debora Attanasio (Barbara Ronchi) nel ruolo di voce e personaggio narrante. Un film grottesco e amaro, pervaso dal senso di morte e decadenza di un uomo ingenuo, forse folle ma genuino nei propri intenti, che sognava di cambiare un paese altresì immutabile come il nostro. Non a caso al botteghino è stato un fiasco colossale, segno che davvero i tempi non sono ancora maturi per un prodotto del genere, e forse - ahimè - non lo saranno mai.
giudizio: ★★★☆☆
ho visto il film di Kitano in tv, mi è sembrato un giocattolino senza pretese, simpatico, solo un po', ma anche vuoto, un esercizio di stile, nulla più.
RispondiEliminaho visto anche il film francese, dignitoso, ma ho visto di meglio.
il terzo film mi manca ancora.