martedì 21 gennaio 2025

L' ABBAGLIO

titolo originale: L'ABBAGLIO (ITALIA, 2025)
regia: ROBERTO ANDO'
scengiatura: ROBERTO ANDO', UGO CHITI, MASSIMO GAUDIOSO
cast: TONI SERVILLO, SALVATORE FICARRA, VALENTINO PICONE, GIULIA ANDO', TOMMASO RAGNO, LEONARDO MALTESE

durata: 131 minuti
giudizio: 



1860. Giuseppe Garibaldi parte da Quarto insieme ai suoi mille soldati per liberare il Sud Italia. Tra gli arruolati ci sono anche due siciliani poco arditi, Domenico Tricò (un contadino zoppo) e Rosario Spitale (un illusionista spiantato). Sotto il comando del rigido e idealista Colonnello Orsini verranno coinvolti loro malgrado in una rischiosa operazione militare contro le truppe borboniche, in soverchiante superiorità di uomini e mezzi...  



La sensazione è che si sia voluto battere il ferro finchè è rimasto caldo, ad ogni costo. Dopo l'inaspettato (e meritato) exploit de La Stranezza, il trio, anzi il quartetto composto da Roberto Andò, Toni Servillo e Ficarra e Picone torna subito al cinema con un nuovo progetto, di struttura alquanto simile al precedente e girato in tempi record. Insomma, quasi un instant-movie che è parso buttato lì per sfruttare il più possibile l'onda lunga del film precedente, senza avere in testa una vera e propria idea di base. Si ha un bel dire che "squadra che vince non si cambia", ma è più che mai risaputo che i luoghi comuni sono fatti per essere smentiti: e difatti questo assioma non funziona nemmeno nel calcio, figuriamoci al cinema...

L'abbaglio non è ufficialmente un sequel de La Stranezza, ma nei fatti è come se lo fosse. Lo schema è identico: c'è la Storia protagonista e ci sono personaggi di fantasia (sempre interpretati da Ficarra e Picone) che si muovono in un contesto storico reale. In questo caso il tema è la Spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, e i due comici siciliani interpretano due reietti che riescono attraverso stratagemmi più o meno leciti a imbarcarsi sulle navi per la Sicilia guidate dal condottiero nizzardo (un legnoso Tommaso Ragno).  Ovviamente ai due non interessa un fico secco di combattere per l'Unità d'Italia ma solo di fare rientro nella loro terra, tanto che appena sbarcati a Marsala si daranno vigliaccamente alla fuga... per poi essere, loro malgrado, successivamente riarruolati e coinvolti in qualcosa di molto più grande, ben più delle loro misere vite.

Solo che stavolta il miracolo de La Stranezza non si ripete. Le due storie parallele, quella "seria" che vede protagonista Toni Servillo (nei panni dell'integerrimo e ingessato colonnello Orsini) e quella comica con Ficarra e Picone non si amalgamano e non risultano credibili, soprattutto la parte comica non fa ridere praticamente mai: il ritmo è lentissimo, le battute ovvie, le situazioni banali (gli sketch girati all'interno del convento di suore - dove si rivede la figlia del regista, Giulia Andò - sembrano usciti da un film di Alvaro Vitali, ma più pretenziose), e il film proprio "non scorre", incartandosi in un noioso manierismo che non arriva mai al cuore del pubblico.

L'abbaglio vorrebbe essere un film impegnato e politico all'interno di un contesto ilare, ma a tanto impegno (a mio avviso genuino, gliene do atto) non corrisponde altrettanta leggerezza, soprattutto per colpa di una sceneggiatura talmente idealista e talmente patriottica, ai limiti dello sciovinismo, che arriva a raccontare la Storia come la studiavano i nostri nonni sui sussidiari delle scuole medie: non c'è nessun accenno di analisi storica, nessuna critica (nessun riferimento, nemmeno velato,  all'eccidio di Bronte, tanto per dire), ed è vano sperare in un qualsiasi approfondimento socio-politico: le Camicie Rosse garibaldine sono i "buoni", senza se e senza ma, le truppe borboniche i "cattivi" che massacrano le persone inermi. Senza alcuna sfumatura.

A deludere più di ogni altra cosa è il brutto finale, posticcio e didascalico. Nell'ultima parte sembra inizialmente di assistere a un omaggio (fasullo) a La Grande Guerra di Monicelli, con i reprobi Ficarra e Picone che si improvvisano eroi, per poi (s)cadere invece in un epilogo telefonatissimo (che spiega anche il significato del titolo, come se non fosse già abbastanza chiaro) volto a dimostrarci come questo Paese reputi come valori fondanti la cialtroneria e il malaffare ben più del coraggio e della fedeltà alla Patria. La scoperta dell'acqua calda, direbbe qualcuno, oltretutto protratta in una sfacchinata lunga due ore e dieci minuti assolutamente non necessari e diluita fino allora in una stucchevole retorica nazionalista. Ne avremmo fatto volentieri a meno.
  

1 commento:

  1. Non l'ho visto, ma già dal trailer avevo intuito quello che hai scritto: la voglia di bissare il successo dell'altro film, la mancanza totale di critica verso una versione storica fantasiosa... spero di non vederlo questo film!

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