Con Ridley Scott eravamo ormai quasi rassegnati a una deriva artistica che dura da tanto, troppo tempo... anche se, va detto, Il Gladiatore II raggiunge livelli di trash involontario cui nemmeno il precedente Napoleon (altrettanto orrendo) si era avvicinato. La sensazione è che il quasi novantenne e prolificissimo regista britannico abbia goduto in carriera di una fase, uno straordinario momento di impeto creativo (quello tra gli anni '70 e '90, dove ha sfornato capolavori assoluti) seguita (e purtroppo mai più abbandonata) da una fase di altrettanto assoluta mediocrità. Quello che dispiace davvero è vedere invece un altro regista, Gabriele Muccino, ricadere negli stessi errori del passato dopo qualche recente opera perlomeno incoraggiante: il suo nuovo Fino alla fine vira subito, purtroppo, verso il "solito" cinema urlato ed enfatico propriamente "mucciniano", e quel che è peggio non è nemmeno supportato da una sceneggiatura di buon livello. Si salvano la bella fotografia, il lavoro sul sonoro, certe inquadrature non banali, ma l'isteria di fondo rimane. Quell'isteria che, davvero, si fatica a sopportare.
IL GLADIATORE II
(di Ridley Scott, USA 2024)
Lo sapete: quando si tratta di storia sono integralista, lo ammetto senza problemi. Se fai un film storico devi avere un occhio di riguardo per la storia. Ergo: non si pretende la veridicità assoluta di quello che si racconta (sarebbe impossibile per qualsiasi fiction) ma la verosimiglianza e il rigore sì. Proprio per questo, e al contrario di tanti, non mi aveva entusiasmato nemmeno il primo Gladiatore, quello che portò tanta fortuna a Russell Crowe e rilanciò il peplum a livello commerciale. Ma almeno quel Gladiatore, pur tra mille "licenze poetiche" (chiamiamole così), aveva comunque un taglio autoriale e registico di primo livello. Insomma, funzionava. Un quarto di secolo dopo, invece, Ridley Scott gira un sequel che è un insulto all'intelligenza degli spettatori e degli appassionati d'arte. Lo dico chiaro: Il Gladiatore II non funziona nemmeno come film di fantascienza (perchè di questo si tratta): una tamarrata senza nè capo nè coda che raggiunge vette inarrivabili di ridicolo involontario, che assolda un cast insulso (Mescal e Pascal fanno rima e si confondono pure, tanto è insignificante il loro carisma) e cerca di compensare il vuoto di contenuti con tanta, troppa azione, appesantita da effettacci in CGI di pessimo gusto. Scimmi urlanti, pesci razzo, sfide tra barche (!), un delirio trash che non fa altro che confermare la scarsissima verve dell' 86enne Scott, attivo come nemmeno in gioventù ma distante anni luce dai suoi capolavori del passato, figli (forse) di un momento creativo irripetibile. Dopo l'orrendo Napoleon, adesso questo: Ridley, anche basta.
giudizio: ★☆☆☆☆
FINO ALLA FINE
(di Gabriele Muccino, Italia 2024)
Dopo il dignitoso Gli anni più belli (2020) ci eravamo illusi che Gabriele Muccino si fosse finalmente "posizionato" verso un cinema più intimo, pacato, malinconico, che consentisse quantomeno allo spettatore di empatizzare maggiormente con i personaggi e soffermarsi sugli aspetti psicologico/sentimentali/contenutistici delle sue pellicole. Speranza andata subito in frantumi con questo Fino alla fine, un action-movie alla siciliana con cui il regista romano torna (purtroppo) al suo "marchio di fabbrica", ovvero quei dialoghi urlati, isterici, sempre costantemente sopra le righe (senza nessun motivo), e una sceneggiatura abborracciata e tagliata con l'accetta, in cui nello spazio di una notte (!) una ragazzina americana annoiata diventa una pericolosa e spietata criminale, pronta a mettersi contro anche le forze dell'ordine e la malavita... insomma, avrete capito che c'è un limite a tutto, anche nella misura e nel buon senso. Fino alla fine è il remake di un bel film tedesco del 2015, Victoria di Sebastian Schipper, che aveva tra le sue peculiarità quello di essere stato girato in un intero piano sequenza di quasi due ore e mezza, senza mai far calare la tensione. Il film di Muccino invece, pur durando venti minuti meno, non appassiona davvero mai e spesso finisce con l'annoiare, proprio perchè non assistito da uno script all'altezza. Si salvano solo certe scelte di regia (Muccino sa ancora dove mettere la cinepresa, questo non gli si può negare) e una certa disinvoltura nel passare da un genere cinematografico all'altro (poliziesco, dramma, thriller, noir), ma per il resto è un cinema nevrotico e sovraeccitato di cui, personalmente, faccio volentieri a meno.
giudizio: ★★☆☆☆
A me non aveva convinto nemmeno Gli anni più belli. Ma questo è decisamente peggio!
RispondiEliminasì, decisamente!!
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