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martedì 29 ottobre 2024

PARTHENOPE


titolo originale: PARTHENOPE (ITALIA, 2024)
regia: PAOLO SORRENTINO
sceneggiatura: PAOLO SORRENTINO
cast: CELESTE DALLA PORTA, SILVIO ORLANDO, LUISA RANIERI, GARY OLDMAN, ISABELLA FERRARI, ALFONSO SANTAGATA, STEFANIA SANDRELLI
durata: 136 minuti
giudizio: 



La storia di Parthenope, splendida fanciulla nata dal mare, nè sirena nè strega, capace di ammaliare ogni uomo che incontra, in una città che porta il suo nome. Dagli anni '50 fino ad oggi...




"Al cinema mi lascio andare. Divento coraggioso e spericolato, ridondante, perfino barocco. Ma non me ne frega niente, lasciatemi fare quello che cavolo mi pare. Poi ci sono quelli che vogliono il rigore. Ma il rigore da me non lo avrete mai..."

Più chiaro di così. In queste parole, rilasciate da Paolo Sorrentino a Il Venerdì di Repubblica, c'è tutta l'essenza di Parthenope e, in fondo, di (quasi) tutto il suo cinema, o almeno quello da La grande bellezza in poi: un cinema sfacciatamente manierista, insopportabilmente metaforico, narcisista, spocchioso, ma con una capacità eccezionale (lo ridico: eccezionale) di costruire suggestioni di incredibile efficacia e struggente lirismo. Parthenope può considerarsi l'ideale continuazione di E' stata la mano di Dio: e se il film precedente era il racconto personalissimo, intimo, di un Sorrentino messosi a nudo come mai aveva fatto prima, in Parthenope l'orizzonte si allarga a tutta Napoli, la sua Napoli, città rutilante e dissoluta, nobile e cialtrona, soffocante, tossica, eppure ammaliante come una sirena. Che però sirena non è, bensì una fanciulla sfacciatamente bella e impossibile da non guardare, ma altamente infida. Del resto... si dice "vedi Napoli e poi muori", no?

Parthenope (Celeste Dalla Porta)
è una giovane donna nata in mare, in una città che porta il suo antico nome. Per più di settant'anni (dal 1950 a oggi) assistiamo alla sua maturità e scopriamo il suo destino, che altro non può essere se non quello di essere desiderata da chiunque: da chi la brama sessualmente solo per una notte a chi la vorrebbe nel letto per una vita intera, da chi ne è da sempre platonicamente innamorato a chi cerca di possederla attraverso i soldi e il potere. La galleria di personaggi più o meno romantici, assurdi, patetici, ingenui, codardi, violenti che ruotano intorno a lei sono personaggi tipicamente "sorrentiniani", nelle fattezze, nei gesti e nel linguaggio, che imprimono al film quell'atmosfera grottesca e surreale che ormai abbiamo imparato a conoscere e da cui bisogna ogni volta prescindere per guardare serenamente un film del regista premio Oscar.

Potrà sembrare persino banale dire che Parthenope è l'equivalente de La grande bellezza in chiave napoletana, ma è talmente evidente che sia così... non la bellezza decadente della Capitale ma quella sfacciata e ambigua di una città tentatrice e immortale. Parthenope è Napoli, bellezza "esagerata", travolgente, senza tempo. Parthenope non sfiorisce, non invecchia, rinasce sempre dalle sue ceneri ricostruendosi ogni volta una vita, mentre tutto quello che le ruota intorno è destinato a morire anzitempo, a scottarsi come coloro che si avvicinano troppo al fuoco...

E Parthenope, il film, è un po' la stessa cosa: sai che come tutti gli ultimi film di Sorrentino ti affascinerà, ti conquisterà, ti irretirà, per poi accorgerti che probabilmente ti ha preso per il culo dall'inizio alla fine con una sceneggiatura che manca di spina dorsale, che ricicla cose già viste, che vive di corpi, sensazioni, suggestioni, senza dirci niente di nuovo. Eppure i 136 minuti passano in un attimo grazie a un lavoro incredibile, stupefacente sulle immagini e sui colori (meravigliosa la fotografia di Daria D'Antonio e altrettanto le scenografie di Carmine Guarino) che regalano ancora una volta quegli "sparuti, incostanti sprazzi di bellezza" che da soli valgono il film intero.

E poi, dulcis in fundo, proprio nell'epilogo Sorrentino cala il pezzo da novanta definitivo, per far capitolare definitivamente le nostre perplessità di spettatori e critici e farci obnubilare dai sentimenti. In un finale speculare a quello di E' stata la mano di Dio, ovviamente voluto, rimbalzano sullo schermo le immagini dello scudetto del Napoli... attenzione, nulla è casuale: se nel film precedente il giovane protagonista abbandonava la città proprio mentre il Napoli di Maradona vinceva il suo primo scudetto, quarant'anni dopo Parthenope fa ritorno a Napoli mentre impazzano i festeggiamenti per il terzo tricolore. Come dire: il cerchio si è chiuso, il viaggio è terminato, lasciando spazio alla serenità di chi, finalmente, può fare pace con se stesso.

Ma Parthenope è anche un film di uomini, e pure di "finte" sirene: Celeste Dalla Porta è straordinariamente perfetta per il ruolo, di una bellezza abbacinante, totalizzante, come il ruolo richiede. Un mio caro amico mi ha detto che le ha ricordato la Liv Tyler di Io ballo da sola di Bertolucci, e il paragone lo trovo azzeccatissimo. Silvio Orlando è strepitoso, quasi commovente in un personaggio così doloroso e malinconico. Luisa Ranieri, sciantosa e verace, pare nata apposta per interpretare un diva seducente e decadente che inevitabilmente rimanda a Sophia Loren. Gary Oldman è impeccabile nei panni di un professore gay stanco e disilluso, Alfonso Santagata altrettanto in quelli dell'armatore ricco e potente (Achille Lauro?) che pensa con i soldi di potersi comprare tutto. E quando in squadra si hanno tali fuoriclasse l'allenatore ha sempre gioco facile, anche con schemi ormai rodati... Parthenope forse non piacerà a tutti, sicuramente non a coloro che non riescono ad entrare nel mood sorrentiniano (e li capisco), ma chi invece sa apprezzarne i pregi non resterà deluso. Assolutamente.
 

6 commenti:

  1. Sorrentino è come un incantatore di serpenti, non riesci a staccarti dalla visione di un suo film (è un complimento, sia chiaro)

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  2. Io vorrei dire che ho visto in questi giorni The Substance, Longlegs, e Parthenope e pur essendomi piaciuti tutti, il film di Sorrentino è quello che ho apprezzato di più. Ha tanti difetti forse... però anche a me ha intrigato ed è sensuale, molto femminile e parlare anche se in modo "leggero" di antropologia e reliquie di santi, lho trovato divertente e molto... Napoli mille colori rispetto ad una realtà sempre più burocratica e affarista, meno calorosa ed empatica. P. S. Io comunque sono di bocca buona in fatto di gusti cinematografici perché ho apprezzato pure Megalopolis! Decio

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    1. Ciao Decio! Scusa il ritardo nella risposta... volevo perlappunto aspettare di vedere "The Substance" e "Longlegs" per risponderti con cognizione di causa ma, ahimè 😌 chissà quando ci riuscirò. Ti dico comunque che Sorrentino è Sorrentino, nulla da dire: magari ci sta prendendo tutti per il cu** 😉 ma ha girato ancora una volta un film clamorosamente affascinante e, sono d'accordo con te, molto molto femminile. E infatti le donne lo stanno gradendo parecchio più degli uomini. Ad ogni modo hai ragione: è un film che va assolutamente visto!

      p.s. "Megalopolis" però no... con tutto il bene che si può e si DEVE volere a un gigante come Coppola, mi ha davvero deluso.

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  3. Nulla da aggiungere a quanto detto da te, però non mi è parso il film migliore di Sorrentino. È stata la mano di Dio mi aveva coinvolto molto di più per non parlare della Grande Bellezza. Di questo ammiro, molto, la cifra estetica ma non mi ha emozionato quanto gli altri.
    Un saluto e buon weekend.
    Mauro

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    1. Infatti non lo è 😉 (my opinion ovviamente), concordo con te Mauro. Però non significa che non sia un film tremendamente affascinante e, per me, assolutamente da vedere.
      Un caro saluto anche a te!

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