mercoledì 23 ottobre 2024

ITALIANI A VENEZIA (FAMILIA /VITTORIA /IDDU)


Tre film italiani e "veneziani", ovvero tutti presentati all'ultima Mostra del Cinema: due storie di donne e di rapporti famigliari e una storia di mafia, ma dal taglio ironico/grottesco. Partiamo da quest'ultima: Iddu, unico titolo dei tre ammesso nel Concorso principale, è anche il meno riuscito. I registi Grassadonia e Piazza ricostruiscono la vita da recluso di lusso del superboss Matteo Messina Denaro, ma il taglio del film è piuttosto stanco e non bastano le battute fulminanti di Servillo a coinvolgere lo spettatore. Ben più interessanti invece sia il durissimo Familia di Francesco Costabile che lo stralunato (ma vivacissimo) Vittoria di Cassigoli e Kauffman, figli di un cinema giovane, fresco, nuovo, con ottimo sguardo verso il futuro... 


FAMILIA 
(di Francesco Costabile, Italia 2024)

Una storia, purtroppo vera, per raccontare l'inferno di una vita domestica e le conseguenze che questa lascia sui figli. Tratto dall'autobiografia "Non sarà sempre così" di Luigi Celeste (anche sceneggiatore), ovvero l'uomo che nel 2008 uccise il padre violento e si fece nove anni di carcere per omicidio, Familia è un cupo dramma casalingo che mostra il lato peggiore del patriarcato e della paternità, sotto forma di un marito-padre padrone che avvelena con la sua presenza (e i suoi modi) un nucleo famigliare già fragile di suo. Ognuno dei protagonisti reagisce alla violenza in modo differente: la moglie fa da parafulmine e si rassegna a prendere le botte per tutti, il figlio piccolo è traumatizzato da tanto dolore e tanto odio, il figlio maggiore, quasi adulto, sfoga la sua rabbia frequentando pericolosi gruppi di estrema destra all'interno dei quali, paradossalmente, i comportamenti non sono troppo diversi da quelli del padre che odia. Il regista Francesco Costabile costruisce un claustrofobico thriller casalingo che non lascia spazio alla retorica, asciugandone ogni scena e avvalendosi di un cast di prim'ordine: Barbara Ronchi e Francesco Di Leva sono più che credibili nei rispettivi ruoli genitoriali, ma la vera sorpresa è il ventenne Francesco Gheghi, premio Orizzonti per il miglior attore a Venezia 81.
giudizio: 


VITTORIA
(di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, Italia 2024)

Jasmine (Marilena Amato), parrucchiera napoletana di mezza età, conduce una vita apparentemente serena: ha un marito fedele, tre figli che la adorano, un'attività che va a gonfie vele e pure qualche soldino da parte. Eppure, dopo la morte del padre, il suo inconscio è turbato da un sogno ricorrente: una bambina (sconosciuta) la riconosce e le si getta ogni volta tra le braccia... dopo un periodo di difficile riflessione, Jasmine decide contro tutto e contro tutti di voler trovare ad ogni costo la bambina del sogno, addentrandosi nel complicato mondo delle adozioni internazionali e rischiando di compromettere tutti i pilastri della sua stabilità: matrimonio, figli e denaro. I due registi Cassigoli e Kaufman realizzano una fiction che sembra quasi documentario nel tratteggiare un ritratto equidistante ma generoso di una donna testarda che non si ferma davanti a nulla, analizzandone anche le conseguenze e le ricadute sul resto della famiglia. Non tutto funziona a dovere (la scrittura è acerba e lo scarso budget a disposizione si fa sentire) ma questa "folle" avventura di donna cocciuta, determinata e sognatrice è comunque di tutto rispetto. Produce Nanni Moretti.
giudizio: 


IDDU
(di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, Italia 2024)

L'idea poteva anche essere buona: immaginare la vita da latitante del superboss Matteo Messina Denaro (Elio Germano), uomo malvagio, potente e temuto, il capo dei capi, l'inafferrabile, che malgrado il suo potere è però costretto a vivere rinchiuso come un topo, nascosto in un misero appartamento e servendosi dei famosi "pizzini" per comunicare con l'esterno. Un giorno, proprio in uno di questi pizzini, il boss legge la disperata richiesta di aiuto da parte di Catello Palumbo (Toni Servillo), ex collaboratore, ex preside, ex sindaco ormai caduto in disgrazia e che, uscito dal carcere, ha una voglia disperata di rifarsi un nome e vive nell'illusione di recuperare il tempo perduto. Tra i due si instaurerà un pericoloso rapporto... Il film purtroppo non mantiene le promesse: il registro, a metà tra il sarcastico, il grottesco e il dramma, si affloscia quasi subito nell'ordinarietà, malgrado un Servillo in gran forma che snocciola battute fulminanti ("in Italia ormai i libri li leggono solo i carcerati..."). Germano al minimo sindacale, quasi col pilota automatico. Dai registi di Sicilian Ghost Story era lecito aspettarsi qualcosina in più.
giudizio: 

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