La speranza è che non sia un caso ma una nuova tendenza: l'ultimo post del 2023 è dedicato a tre film, usciti quasi contemporaneamente, che parlano di lavoro, di classe operaia, di diritti (spesso negati). Tre film diversissimi tra loro per stile e argomenti ma accomunati nel dar voce a quelle categorie che voce in capitolo non ce l'hanno quasi mai. E se negli anni '50 e '60 il cinema cosiddetto "militante" era un fiore all'occhiello della produzione italiana (pensiamo a registi come Olmi, Rosi, Petri...) oggi di lavoro non si parla quasi più. Forse ha ragione Michele Riondino, autore del bellissimo Palazzina LAF, per me il migliore dei tre, quando dice che "in questo periodo storico i nostri registi e sceneggiatori preferiscono raccontare altro", magari perchè sono gli operai stessi che, come si vede nel suo film, preferiscono quasi scendere a patti con i loro carnefici piuttosto che mostrarsi parte lesa, l'anello debole della società. Quella società che illude, ricatta e impoverisce fraudolentemente la gente onesta, vittima inconsapevole del capitalismo (come in Cento domeniche di Antonio Albanese) e che a sua volta diventa cattiva quando il lavoro manca, additando come responsabili coloro che vengono da fuori (gli immigrati) fomentando una guerra tra poveri che non serve a nessuno. Ed è quello che racconta il vecchio, caro Ken Loach nel suo ultimo film, The Old Oak, che certo non ha più lo smalto (e la rabbia) dei tempi migliori ma rimane comunque ammirevole nella sua costante, appassionata difesa in favore degli ultimi.
PALAZZINA LAF
(di Michele Riondino, Italia 2023)
Taranto, 1997. Caterino Lamanna (Michele Riondino) è un "cane sciolto" che lavora, come quasi tutti a Taranto, nell'immenso stabilimento dell'ILVA. Istrione, diffidente, livoroso, non partecipa agli scioperi e non cerca rogne. Ma quando un dirigente subdolo (Elio Germano) gli propone di fare la spia per ricattare gli operai scomodi, in particolar modo i sindacalisti, accetterà senza scrupoli di coscienza in cambio di una misera promozione e un'auto aziendale. Non contento, e inconsapevole, Caterino chiederà di essere assegnato alla famigerata Palazzina LAF, una specie di "lager" dove vengono confinati i dipendenti che non accettano le imposizioni dell'azienda nonchè costretti a subire pressioni psicologiche atroci, ai limiti della pazzia, allo scopo di rassegnare le dimissioni o accettare un demansionamento. L'opera prima di Michele Riondino è un film durissimo, ansiogeno, coraggioso, che rispolvera il cinema di denuncia degli anni '70 (quello di Elio Petri e Francesco Rosi) per raccontare senza fronzoli il primo caso di mobbing del nostro paese. Lo fa però con una messinscena modernissima, che ricorre a suggestioni horror e a una partitura musicale (di Theo Teardo) di agghiacciante efficacia. Una discesa agli inferi che indigna e coinvolge, esattamente come dovrebbe.
giudizio: ★★★★☆
CENTO DOMENICHE
(di Antonio Albanese, Italia 2023)
Antonio (Albanese) è un ex operaio in pensione che deve pagare il matrimonio della figlia, ma al momento di ritirare i soldi scoprirà con angoscioso stupore che tutti i suoi risparmi sono andati in fumo a causa di investimenti sbagliati, praticati fraudolentemente dalla Banca in cui riponeva assoluta fiducia. La storia, in parte personale, di un uomo perbene fagocitato dalle spietate logiche di mercato. Albanese la racconta in maniera semplice ma non retorica, affidandosi a un gruppo di bravi attori: Donatella Bartoli, Liliana Bottone, Sandra Ceccarelli, Elio de Capitani, Bebo Storti. Dico la verità: io che di mestiere faccio il bancario temevo molto questo film... temevo un film qualunquista, populista, che non facesse distinzione tra bancari e banchieri, che sparasse nel mucchio alla ricerca di un facile consenso. Invece Cento domeniche è un film bello, impegnato e onesto. Che racconta le truffe dei banchieri ma mette in risalto anche il difficile lavoro dei bancari, coloro che davanti ai clienti ci mettono sempre la faccia. Ma il film è anche un grido di rabbia (e di dolore, profondo) verso tutte le persone oneste che per anni hanno tirato avanti la carretta (della nostra Italia) e ora si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Non siamo nel Mezzogiorno ma nell'opulento Nord, nella provincia di Lecco, in cui Albanese è nato. Meno "arrabbiato" e più malinconico, doloroso, rispetto a Palazzina LAF, ma ugualmente meritevole nel mettere in risalto i soprusi subiti dalla gente perbene, quella che non si lamenta mai.
giudizio: ★★★★☆
THE OLD OAK
(di Ken Loach, GB 2023)
giudizio: ★★★★☆
CENTO DOMENICHE
(di Antonio Albanese, Italia 2023)
Antonio (Albanese) è un ex operaio in pensione che deve pagare il matrimonio della figlia, ma al momento di ritirare i soldi scoprirà con angoscioso stupore che tutti i suoi risparmi sono andati in fumo a causa di investimenti sbagliati, praticati fraudolentemente dalla Banca in cui riponeva assoluta fiducia. La storia, in parte personale, di un uomo perbene fagocitato dalle spietate logiche di mercato. Albanese la racconta in maniera semplice ma non retorica, affidandosi a un gruppo di bravi attori: Donatella Bartoli, Liliana Bottone, Sandra Ceccarelli, Elio de Capitani, Bebo Storti. Dico la verità: io che di mestiere faccio il bancario temevo molto questo film... temevo un film qualunquista, populista, che non facesse distinzione tra bancari e banchieri, che sparasse nel mucchio alla ricerca di un facile consenso. Invece Cento domeniche è un film bello, impegnato e onesto. Che racconta le truffe dei banchieri ma mette in risalto anche il difficile lavoro dei bancari, coloro che davanti ai clienti ci mettono sempre la faccia. Ma il film è anche un grido di rabbia (e di dolore, profondo) verso tutte le persone oneste che per anni hanno tirato avanti la carretta (della nostra Italia) e ora si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Non siamo nel Mezzogiorno ma nell'opulento Nord, nella provincia di Lecco, in cui Albanese è nato. Meno "arrabbiato" e più malinconico, doloroso, rispetto a Palazzina LAF, ma ugualmente meritevole nel mettere in risalto i soprusi subiti dalla gente perbene, quella che non si lamenta mai.
giudizio: ★★★★☆
THE OLD OAK
(di Ken Loach, GB 2023)
Un gruppo di profughi siriani fa rivivere un vecchio pub sull'orlo della chiusura, in un lembo d'Inghilterra una volta fiorente grazie all'industria mineraria ma ora terra di indigenza e disoccupazione (e, conseguentemente, anche di pulsioni razziste e discriminatorie nei confronti del "diverso" arrivato da fuori). A 87 anni Ken Loach continua imperterrito a denunciare le ingiustizie, le discriminazioni e la disumanità del sistema capitalista, sempre assecondato dal fido sceneggiatore Paul Laverty. Quello di Loach è un cinema militante e resistente, che merita rispetto a prescindere, anche se (come in questo caso) il risultato finale è piuttosto stereotipato e già visto, con parecchie forzature. Tuttavia non possiamo, non ce la facciamo proprio a bocciare l'impegno appassionato di un regista che, pur non più "incazzato" come un tempo ma, data l'età, molto più malinconico e poetico, conferma anche in questo suo ultimo lavoro un'incredibile coerenza con tutta la sua produzione passata. Tanto di cappello a Ken Loach, sempre costantemente dalla parte degli ultimi, a qualsiasi costo e con la schiena dritta, ostinato e pervicace nella sua lotta contro le disuguaglianze.
giudizio: ★★★☆☆
giudizio: ★★★☆☆
Tre bellissimi film. Aggiungerei anche quello di Kaurismaki: l'ho visto ieri sera e mi è piaciuto molto, aggiunge un ulteriore sguardo al tema
RispondiEliminaApprofitto per farti gli auguri di buon anno: che sia uno splendido 2023!
Mauro
Ciao Mauro. Di Kaurismaki parlerò molto volentieri nei prossimi giorni, ci mancherebbe altro: è uno dei miei autori preferiti! Non l'ho messo in questo post perché il suo ultimo film, pur bellissimo, non è strettamente un film "sul lavoro" come i tre di cui ho parlato sopra, anche se ovviamente il tema è sempre presente nel cinema proletario del grande regista finlandese.
EliminaApprofitto anch'io ovviamente per farti gli auguri: buona fine e miglior principio, come si usa dire!!
troppe volte il cinema dimentica che esistono gli operai e che possono essere protagonisti di un film, film di difficile visione, pensando che i film d'evasione siano il sigillo del successo comerciale.
RispondiEliminaa volte le coraggiose scelte di produttori e registi vengono premiate al botteghino, e stupisce che ci si stupisca, ma così va il mondo..
Sono d'accordo con te, ne è la prova il film della Cortellesi, altro film difficile, le cui stime di incasso erano tra i 2-3 milioni e poi si è visto come è andata... ci vorrebbe più coraggio da parte di tutti (registi, produttori e anche spettatori) nel trattare argomenti anche scomodi ma necessari
EliminaBravissimo Riondino, autore di un film grotesco e orrorifico necessario per far capire l'impatto di un mostro come l'Ilva sulle vite comuni. Nessuno poteva farlo meglio di lui che quella realtà l'ha vissuta da sempre (se non sbaglio suo fratello lavora ancora nello stabilimento)
RispondiEliminaNon sapevo questa cosa del fratello, ma ti credo in parola. Solo un appunto: il taglio del film, a detta di Riondino, è stato volutamente grottesco per non eccedere in drammaticità. Dalle testimonianze agli atti risulta infatti che nella Palazzina LAF le cose andassero anche peggio di come le racconta il film...
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