titolo originale: COMANDANTE (ITALIA, 2023)
regia: EDOARDO DE ANGELIS
sceneggiatura: EDOARDO DE ANGELIS, SANDRO VERONESI
cast: PIERFRANCESCO FAVINO, MASSIMILIANO ROSSI, JOHANNES WIRIX, JOHAN HELDENBERG, SILVIA D'AMICO
durata: 121 minuti
giudizio: ★★★★☆
Il 16 ottobre 1940, al largo dell'Atlantico, il sommergibile italiano Cappellini affonda a cannonate una nave militare belga, che aveva aperto per prima il fuoco. Il comandante Salvatore Todaro decide però di portare in salvo i 26 naufraghi nemici imbarcandoli proprio sul suo sommergibile (che per tre giorni navigherà in superficie nonostante i rischi di essere avvistato), nonostante il parere contrario delle autorità militari.
Un assioma che non sta in piedi, ovviamente. A dimostrazione del fatto che, tra i grandi errori commessi dalla sinistra in questi ultimi tempi (diciamo... lustri? decenni?) c'è anche quello di aver lasciato completamente in mano alla destra l'egemonia di certi valori che invece dovrebbero essere di tutti: sto parlando del concetto di Patria, di Nazione, di Divisa, di patriottismo (che è cosa ben diversa dal nazionalismo). Valori assoluti che appartengono al popolo italiano intero, e non solo a una precisa parte politica. E se il film di De Angelis parla di eroismo e di senso del Paese questo è ascrivibile esclusivamente a una storia di uomini, di esseri umani che fecero ricorso unicamente alla loro umanità, anche sotto la dittatura fascista.
"Il ferro lo affondiamo, l'uomo lo salviamo" era il mantra di Salvatore Todaro, Comandante della Regia Marina Militare che nell'ottobre del 1940 imbarcò sul suo sommergibile Cappellini i ventisei naufraghi belgi della nave nemica Kabalo che avevano provato ad affondarlo. Invece furono proprio i belgi ad avere la peggio e Todaro, con una decisione destinata a passare alla Storia, impartì l'ordine di salvare l'equipaggio nemico per condurlo al primo porto sicuro, seguendo prima di tutto la legge del mare e non la legge della guerra: chi sta annegando ha diritto di essere tirato su, chiunque esso sia, senza distinzioni e senza tentennamenti. E quale messaggio può essere considerato più pacifista di questo, specialmente se rapportato alla nostra epoca? Un'epoca in cui il governo Meloni predica (a vanvera) il blocco navale mentre centinaia di profughi muoiono ogni giorno sulle carrette del mare in cerca di una speranza?
Comandante fa ricorso a una storia passata per parlare del presente. Non a caso il film si apre con una didascalia che fa riferimento al conflitto russo-ucraino, e il fatto che si parli di un episodio risalente alla Seconda Guerra Mondiale è puramente incidentale: coloro che hanno criticato la frase, indubbiamente retorica, "perchè noi siamo italiani", pronunciata da Todaro davanti ai naufraghi increduli, si sono dimenticati di contestualizzare l'epoca dei fatti. Nel 1940 (quasi) tutti erano fascisti e il fascismo condizionava anche mentalmente il carattere di un popolo... oggi potremmo sostituire quella frase con "perchè noi siamo umani" ma il concetto non cambierebbe di una virgola: l'essere umano va sempre e comunque rispettato, anche in un drammatico contesto di guerra. O almeno così dovrebbe essere.
E' un bel film, Comandante, se visto con gli occhi giusti. Un film di stampo volutamente classico, dal sapore epico, quasi fuori dal tempo, che passa da momenti di sincera commozione (come l'incipit, con le giovani infermiere che piangono i soldati che andranno a morire in mare di lì a poco) a scene di grande intensità e spettacolarità ma girate sempre con vena intimistica e mai ricattatorie: protagonista è l'intero equipaggio del Cappellini, soffocato nelle anguste pareti di acciaio del sommergibile - ricostruito a grandezza naturale a Cinecittà - i cui membri si immolano per il bene di tutti, come il soldato che muore annegato per disinnescare una bomba, nella sequenza più ansiogena del film... una sequenza che stupisce per la delicatezza e la naturalezza con cui viene mostrato un gesto eroico, stante a significare l'imbecillità della guerra senza mai spettacolarizzarla. Una sequenza talmente delicata in cui mai ti aspetteresti la tragedia, che invece è sempre dietro l'angolo.
Riguardo gli attori, è ormai perfino superfluo sottolineare la versatilità e lo phisique du role di Pierfrancesco Favino, che aggiunge anche il dialetto veneto all'incredibile collezione di personaggi poliglotti da lui interpretati, oltretutto in un ruolo per nulla facile. Ottimi comprimari sono anche Massimiliano Rossi (il suo secondo) e Johan Heldenberg (il capitano della nave nemica) che offrono le loro facce scavate a servizio della durezza della storia. Permettetemi però di dedicare una menzione speciale a un'attrice che amo incondizionatamente da sempre e che, finalmente (è il caso di dirlo), sta cominciando ad assaporare la giusta notorietà: sto parlando della bellissima Silvia D'Amico, qui nel ruolo di Rina, la moglie di Todaro, che nei pochi minuti a lei concessi da un film per forza di cose molto maschile, spicca per un toccante e raffinato omaggio a Il portiere di notte di Liliana Cavani: un concentrato di bellezza, charme e sensualità che impreziosiscono una scena non certo semplice, in cui era davvero facile rischiare il ridicolo involontario. Per lei solo applausi.
Se dici che è bello me lo guardo 😊
RispondiEliminaLo dico :)
EliminaCon tutto il rispetto, la citazione della Cavani è orribile e il film non riesce a staccarsi dallo stereotipo "italiani brava gente", a un certo punto compare anche un mandolino. Peggio di così non si poteva.
RispondiEliminaNon sono d'accordo, e trovo questo commento alquanto figlio del pregiudizio di cui dicevo sopra nella recensione. Nessuno sostiene che "Comandante" sia un film perfetto, ma ripeto che va innanzitutto contestualizzato in quello che fu il periodo storico di cui si parla. La citazione de "Il portiere di notte" per me è molto elegante, poi ognuno ovviamente ha i suoi gusti...
EliminaThis is great
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