titolo originale: L'ULTIMA VOLTA CHE SIAMO STATI BAMBINI (ITALIA, 2023)
regia: CLAUDIO BISIO
sceneggiatura: FABIO BONIFACCI, CLAUDIO BISIO
cast: VINCENZO SEBASTIANI, ALESSIO DI DOMENICANTONIO, CARLOTTA DE LEONARDIS, LORENZO McGOVERN, MARIANNA FONTANA, FEDERICO CESARI, ANTONELLO FASSARI
durata: 90 minuti
giudizio: ★★★☆☆
Nella Roma fascista un ragazzino ebreo viene deportato dai tedeschi, ma i suoi tre amichetti decidono di inseguire il treno su cui è prigioniero nel tentativo di far cambiare idea ai suoi carcerieri e riportarlo a casa...
E' per questo che L'ultima volta che siamo stati bambini è un'operazione un po' naif, irta di pericoli ma tutto sommato riuscita. E questo grazie all'umiltà (e all'intelligenza) del suo autore, che è stato ben attento a non fare il passo più lungo della gamba e girare un film semplice ma sincero, diretto, per nulla pretenzioso, assolutamente non retorico e rispettoso del pubblico.
Tratto dal romanzo omonimo di Fabio Bartolomei e sceneggiato da Fabio Bonifacci (insieme allo stesso Bisio), L'ultima volta che siamo stati bambini racconta la storia di Cosimo, Italo, Vanda e Riccardo, quattro ragazzini che vivono, o meglio sopravvivono, tra le strade di una Capitale allo stremo, occupata dai fascisti, bombardata dagli alleati e depredata di tutto. I quattro amichetti però non se ne curano e giocano a fare i soldati nei cortili, grazie all'ingenuità e alla spensieratezza della loro giovane età che passa sopra anche alle differenze sociali: Cosimo infatti è figlio di un confinato, Italo di un gerarca fascista, Vanda è una piccola orfana cresciuta dalle suore mentre Riccardo è ebreo. E in quanto ebreo viene ovviamente messo su un treno e deportato: ma gli altri tre, che hanno siglato un "patto di sputo" giurando di non rompere per nessun ragione al mondo la loro amicizia, si mettono in testa di inseguire il treno per liberarlo...
A loro volta però saranno inseguiti dai due adulti che hanno scoperto la loro fuga: il fratello di Italo, Vittorio, guardia repubblichina in convalescenza, e la determinata Suor Agnese, che in orfanotrofio si occupa di Vanda e ne è diventata confidente. Tutti e cinque si metteranno in cammino seguendo i binari della ferrovia che, nei loro calcoli, dovrebbero condurli in Germania nei lager nazisti.
I due viaggi paralleli, quello dei ragazzi e quello degli adulti, mostrano un paese diviso a metà, dove all'umanità della povera gente e all'ingenuità dei bambini si contrappone l'orrore della guerra, delle leggi razziali, delle case sventrate dalle bombe e i corpi dei cadaveri abbandonati in strada. Eppure agli occhi di Cosimo, Italo e Vanda il viaggio diventa iniziatico, segna il passaggio all'età adulta, assumendo i tratti di una grande avventura da vivere fino alla fine, assaporandone la libertà. E qui ci si può sbizzarrire quanto volete nel ricercare i rimandi cinefili, peraltro ammessi tranquillamente da Bisio: dall'inevitabile La vita è bella di Benigni (citato nei ringraziamenti, insieme a Gabriele Salvatores), a Train de Vie, a JoJo Rabbit, ma anche a Stand by me e I Goonies, intesi come racconti di formazione. Mettete tutto insieme e otterrete una pellicola poco originale ma assolutamente godibile, delicata, adatta al pubblico di ogni età (soprattutto giovani e giovanissimi).
Bisio ha avuto coraggio nello scegliere un tema così spinoso, e ancora più coraggio nell'affidarsi a quattro attori-bambini praticamente esordienti (Vincenzo Sebastiani, Alessio Di Domenicantonio, Carlotta De Leonardis e Lorenzo McGovern) "spalleggiati" solo dai due professionisti Federico Cesari e Marianna Fontana. Ha saputo dirigerli tutto sommato bene, tenendo a freno il suo istinto comico, evitando battute inappropriate ma senza rinunciare a un tono lieve, da commedia, che si smorza solo in finale senza facili vie d'uscita (che Bisio però ha cambiato rispetto al libro per renderlo più "poetico" e funzionale alla storia). Ne è uscita fuori un'opera convenzionale, forse stilisticamente un po' povera, ma capace di sviscerare emozioni genuine e arrivare al cuore. E quindi buona la prima, signor Bisio. Lo possiamo dire senza problemi.
Il film non mi ispira particolarmente, però a Bisio ho sempre voluto bene, mi ha sempre dato l'idea di una persona molto più intelligente della comicità alla quale spesso è stato costretto a prendere parte.
RispondiEliminaForse gli darò una possibilità, in virtù di questo e delle tue parole :)
A me Bisio piaceva fin dai tempi di Mai dire Gol, quando interpretava Micio il procuratore: uno spettacolo! Adesso a 66 anni ha deciso di rimettersi in gioco con un film in cui, anche economicamente, ci ha messo parecchio di suo. E qui di direi che mirita il nostro m
EliminaVisto ieri, molto carino
RispondiEliminaConcordo in pieno con la tua rece, Bisio, gran professionista che apprezzo conosco da anni, ha fatto un film intelligente, senza strafare davanti alla macchina da presa. E, secondo me, è riuscito a confezionare un film più interessante dei modelli citati. Una pellicola che resterà, e sarà godibile anche in futuro. Da citare pure la presenza di Antonio Fassari.
RispondiEliminaÈ vero, c'è anche Antonello Fassari in un ruolo piccolo ma significativo. D'altronde, in un film girato a Roma, con Roma protagonista, diretto da un regista milanese, un attore romano "vero" era necessario... ;)
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