sabato 20 maggio 2023

BEAU HA PAURA


titolo originale: BEAU IS AFRAID (USA, 2023)
regia: ARI ASTER
sceneggiatura: ARI ASTER
cast: JOAQUIN PHOENIX, PATTI LUPONE, PARKER POSEY, AMY RYAN, NATHAN LANE, STEPHEN M. HENDERSON
durata: 179 minuti
giudizio: 



Beau Wassermann è un cinquantenne depresso e psicologicamente instabile che vive ossessionato dalle paranoie verso il mondo esterno. Costretto ad uscire di casa per raggiungere la madre, da cui è totalmente succube, precipiterà in un'Odissea senza ritorno... 




Quando, nell'ormai arcaico 2009, tra mille dubbi decisi di aprire questo blog, non ebbi invece alcun dubbio sulla scelta del nome: si sarebbe chiamato Solaris, poichè il capolavoro di Tarkovskij è il film che più mi rappresenta e più descrive il mio non troppo desiderabile carattere... Solaris (il film) è un trattato di introspezione, un viaggio nel mio inconscio e in quello di tutti noi, troppo spesso incapaci di venire a patti con quello che ci spaventa e che non abbiamo il coraggio di ammettere: che, cioè, dobbiamo salvarci da soli e imparare a convivere con le nostre paure, le nostre paranoie, esorcizzando i demoni che abbiamo dentro, perchè nessun altro può farlo all'infuori di noi. E perchè siamo sempre da soli quando lottiamo con noi stessi (e dentro noi stessi)

Io non so se Ari Aster abbia mai visto Solaris (mi piace pensare di sì), certo è che nel suo ultimo film c'è tanta di questa filosofia. Non lo nego: Beau ha paura mi ha folgorato come pochi altri film recenti perchè alla genialità della messinscena aggiunge (soprattutto) una splendida riflessione sulla fragilità umana e la capacità di sopportazione dei pesi che ci opprimono, oltre a una doverosa, condivisibile, feroce critica a certi comportamenti etici ormai universalmente accettati ma che possono avere effetti devastanti su persone appena più sensibili, instabilmente diverse da quella finta "normalità" imposta dalle convenzioni sociali. Aster picchia duro su questo concetto costruendo un'opera enorme, visionaria, delirante come la vicenda del suo protagonista (un Joaquim Phoenix amabilmente catatonico per tre ore, con cui è impossibile non empatizzare) che, pur consapevole del suo (pessimo) stato psicofisico scopre via via di essere prigioniero di un mondo ben più folle di lui.

Beau ha paura è un lungo, lunghissimo incubo ad occhi aperti, che riesce a tenerti in ansia per tre ore (che passano in un battito di ciglia) alla stregua di una moderna Odissea omerica o dell'Inferno dantesco: è il viaggio allucinante di un uomo mentalmente instabile che cerca disperatamente di smarcarsi dalle sue dipendenze (nella fattispecie da una mamma opprimente da cui è totalmente succube, nonchè dalla più generale fobìa del mondo esterno) senza rinunciare alla sua purezza, alla sua integrità morale. Le quattro parti in cui è diviso il film corrispondono agli stati psichici di Beau, ognuno corrispondente a sua volta agli orrori del nostro tempo: dalla folle violenza metropolitana del quartiere in cui vive all'altrettanto folle beatitudine di una famiglia "adottiva" benpensante e incredibilmente bigotta, ossessionata dalla morte del figlio eroe di guerra, fino alla lunga sequenza animata (cinematograficamente splendida) girata nel bosco e specchio dei nostri traumi ancestrali, per poi arrivare fino al "giudizio universale" dell'epilogo, che processa il diritto al senso di colpa e dove si cerca di far passare per attenuanti le tare famigliari...

E sì che di sensi di colpa ne ha il povero Beau, tutti provocati dal rapporto morboso, squilibrato, edipico con la figura materna: il protagonista è ossessionato dalla propria genitrice e sembra vivere solo per sentirsi accettato da lei, che per tutta la vita lo ha voluto solo per sè, sotto un'ideale campana di vetro. Così, ogni azione di Beau diventa una colpa, un peccato da espiare: il sesso è mortale, le caramelle fanno venire il cancro, l'assunzione di un tranquillante senz'acqua diventa pericoloso, ma anche, banalmente, abbandonare il proprio appartamento senza averlo chiuso a chiave... tutto viene ricondotto al ricatto di una madre disfunzionale decisa a possedere (più che amare) un figlio traumatizzato da un cordone ombelicale mai reciso. 

Aster imposta l'intero film come una piéce teatrale in quattro atti, in cui annulla la linearità di spazio e tempo attraverso salti temporali che destrutturano la trama e conferiscono alla pellicola una dimensione onirica e perturbante, provocando nello spettatore le stesse sensazioni di un risveglio dopo un lungo incubo: dal punto di vista stilistico l'intuizione è geniale, così come è geniale la scelta di un titolo così elementare, che da solo spiega tutto, capace di rendere in tre semplici parole tutta l'inquietudine di quello che ci si appresta a vedere. C'è chi sostiene che Beau ha paura sia solo un noioso esercizio di stile, che dilata in un bolso film-fiume il solito concetto asteriano di famiglia matrigna e malsana. Se anche così fosse, personalmente trovo che "esercizi" di questo tipo siano cinema allo stato puro, autentica gioia per gli occhi e goduria per i cinefili: in ogni fotogramma di questo film c'è talmente tanta arte da far impallidire buona parte di tanta spazzatura contemporanea spacciata per capolavoro... e magari pure vincente agli Oscar! Avercene di registi come Ari Aster, ancora capaci di osare, alzare l'asticella e sfidare la mediocrità imposta dalle produzioni. Lode pertanto anche alla benemerita A24, da tempo specializzata in horror di qualità e ormai vero punto di riferimento per appassionati.

14 commenti:

  1. Mi mordo le mani per questa recensione. Non sono andato a vederlo perché "a naso" mi pareva respingente e tre ore sono lunghe. Ormai al cinema è passato, spero di poterlo recuperare in qualche modo.
    Ti auguro un bel weekend.
    Un abbraccio
    Mauro

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    1. Beh, un po' "respingente" lo è: nel senso che Aster è un regista di per sé "divisivo" (come dice sotto Tyler) e certo i suoi film non sono passeggiate di salute. Questo poi è molto meno horror dei precedenti (stilisticamente parlando)e quindi i cultori del genere potrebbero restare spiazzato (anche se l'horror si respira in ogni fotogramma) ma certo è un film che non lascia indifferenti e che ti consiglio di vedere.

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  2. Non vedo l'ora di vederlo, Ari Aster mi piace molto come regista 😊

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    1. Per me è un filmone. Se ti sono piaciuti Midsommar e Hereditary ti piacerà anche questo.

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  3. Notevole. E ovviamente divisivo come pochi. Di sicuro non per tutti. Aster è un regista estroso ed estremo, geniale, a volte si lascia prendere un po' troppo la mano ma non perde mai il coraggio di osare. E va ammirato per questo.

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  4. Io devo dire che a me i suoi film precedenti sono piaciuti molto, ma questo... quanto l'ho trovato lungo, a tratti noiosetto e difficile, quanto... da quando l'ho visto ce l'ho addosso per certe cose che dice e che accadono e credo davvero che abbiano avuto molto coraggio a fare un film cosi, anche se forse un po' di lavoro al montaggio l'avrebbe reso piu' fruibile al pubblico. In ogni caso anche per me merita la visione se non altro per rendersi conto di quanto certe paure indotte e certe fisse siano deleterie (e a me a tratti ha ricordato le peripezie di A serious Man dei Fratelli Coen). Decio

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    1. È senz'altro il film più maturo ed estremo di Aster (anche se, temporaneamente, questo è stato concepito prima degli altri due e ti credo quando dici che l'hai trovato faticoso, ma io, davvero, credimi, non saprei cosa tagliare)
      Di sicuro non è un film che lascia indifferenti, e questo è già un gram merito

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  5. Sono davvero contenta che ti sia piaciuto così tanto! Senza nulla togliere alla bravura di Aster, che si riconferma uno dei registi più geniali ed originali in circolazione, nonché probabilmente quello dalla personalità più spiccata, qualche taglietto qui e là l'avrei fatto; l'ordalia di Beau rischia di diventare "antipatica", passami il termine, come quella della protagonista di Men, con l'ego dell'Autore che si perde ad inculcare nel (supposto) cervelletto degli spettatori concetti universali che richiedono più sensibilità che intelligenza per venire percepiti. Per quanto mi riguarda, se il film avesse mantenuto il ritmo indiavolato dei primi due "segmenti" e di parte dell'ultimo, sarebbe stato un capolavoro!

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    1. Ecco, a me invece "Men" non è piaciuto per niente: l'ho trovato un vezzo autoriale stucchevole e banalissimo malgrado la bellezza della confezione (qual è il significato? Che gli uomini sono tutti stronzi? Riflessione profondissima...)
      Questo invece è un'opera sincera, magari non fruibile a tutti ma assolutamente onesta nella messinscena. Poteva durare meno? Io non ho accusato stanchezza ma magari si, però onestamente non saprei cosa tagliare ..

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  6. Un film che sbanda paurosamente ma che riesce sempre miracolosamente a rimettersi in strada. Ostico ma affascinante, pur se con mille difetti. Però i riferimenti a Lynch e a Kaufmann li lascerei perdere

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    1. Infatti non ho parlato affatto di Lynch e Kaufman... mi pareva inopportuno e svilente per un'opera che trovo molto profonda e personale. È un film di Ari Aster, punto. Poi, dopo, possiamo fare tutti i paragoni che vogliamo.

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  7. Assurdo e folle come pochi, mi ha ricordato "Eraserhead" di Lynch. Parlo in senso buono ovviamente, è un film che ti resta "dentro"

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    1. Sì, infatti in molti hanno scomodato anche Lynch per scrivere di questo film. Io non mi pronuncio perché conosco Lynch troppo poco e non è tra i miei registi preferiti, però penso che sia prima di tutto un film "asteriano" e che vada comunque riconosciuta la genialità di questo autore

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