titolo originale: ARMAGEDDON TIME (USA, 2022)
regia: JAMES GRAY
sceneggiatura: JAMES GRAY
cast: BANKS REPETA, JAYLIN WEBB, ANTHONY HOPKINS, ANNE HATHAWAY, JEREMY STRONG, ANDREW POLK, JESSICA CHASTAIN
durata: 115 minuti
giudizio: ★★★★☆
New York, anni '80. Il dodicenne Paul Graff, rampollo di una famiglia ebrea borghese, aspira a diventare un'artista a dispetto dei genitori, apparentemente progressisti ma in realtà pieni di pregiudizi. Quando Paul stringerà amicizia con un compagno di scuola indigente e di colore, la situazione precipiterà. Il tutto mentre il repubblicano Ronald Reagan si appresta a vincere le elezioni presidenziali...
Dal futuro di Ad Astra facciamo così un brusco salto nel tempo fino agli anni '80, in cui un ragazzino dodicenne di nome Paul Graff (Banks Repeta, bravissimo) affronta le prime turbe adolescenziali crescendo in una famiglia borghese (di origine ebraica) apparentemente democratica e progressista, in realtà inconsapevolmente ipocrita verso il classismo sociale di un'America che si stava preparando a entrare nella stagione più reazionaria della sua storia, coincidente con la presidenza di Ronald Reagan: la madre di Paul, Ester (una misurata, matura Anne Hathaway), è infatti un'insegnante idealista che intende far studiare il figlio in una scuola pubblica, la stessa dove insegna, che però non vorrebbe frequentata da ragazzi disagiati, mentre il padre Irving (Jeremy Strong) è un uomo debole e violento totalmente succube dei ricchi suoceri e roso dall'invidia. Entrambi cercheranno di trasmettere a Paul la loro visione liberale, senza però evitare di cadere in palesi contraddizioni che solo l'illuminato nonno Aaron (Anthony Hopkins, sopraffino come al solito) proverà a spiegare al nipote, essendo l'unico membro della famiglia che riesce a farsi ascoltare dal ragazzo.
Il piccolo Paul affronta quindi la sua età più difficile nell'incomprensione più totale, da quella dei genitori a quella della scuola, dove il suo innato talento per il disegno non viene nemmeno preso in considerazione dal rigido professor Turtleltaub (Andrew Polk) che lo considera svagato e poco sveglio, inadatto agli studi. Ignorato dagli altri ragazzi, Paul finisce con stringere amicizia con il "Franti" della classe, un ragazzo afroamericano orfano di nome Johnny (Jaylin Webb), indigente e maltrattato solo perchè nero, con cui finirà ovviamente per cacciarsi in un mare di guai... ma se Paul, aiutato dalla sua famiglia, riuscirà più o meno sempre a cavarsela, per Johnny si spalancheranno perfino le porte della prigione, piena di altri poveracci come lui (bellissima, seppur straziante, la citazione da I 400 colpi di Truffaut, proprio in omaggio a quella classicità tipicamente "grayana" di cui si diceva all'inizio)
Nella vita però ogni azione ha la sua reazione: in seguito alle continue marachelle scolastiche Paul verrà trasferito controvoglia in un rigido ed elitario college privato (pagato dai nonni) di proprietà della famiglia Trump (dove in piccolo cameo troviamo Jessica Chastain interpretare la sorella di Donald, futuro presidente americano, che saluta gli studenti con un agghiacciante discorso motivazionale tutto improntato sulla differenza di classe e sulla fortuna di essere ricchi). E' la sublimazione del "tempo dell'apocalisse", di quella stagione nera che condurrà l'America a rinchiudersi nel più bieco settarismo di destra e che strozzerà sul nascere l'utopia di una stagione più democratica e più giusta, non sorretta da odiosi pregiudizi sociali. Gray la racconta attraverso la dimensione intima di un ragazzino che ha avuto la fortuna di nascere dalla parte giusta del mondo ma non se ne rende conto, e che impiegherà una giovinezza intera per capacitarsi di quello che ha vissuto. Lo fa attraverso un film semplicemente perfetto nella forma ma potentissimo anche nella sostanza, che si lascia vedere d'un fiato e si fa ammirare (anche) per la bravura dei suoi attori, tutti perfettamente in parte e calati con credibilità in un preciso contesto storico.
In molti hanno paragonato Armageddon Time a The Fabelmans di Steven Spielberg: il confronto viene spontaneo trattandosi di due film profondamente personali e narranti lo stesso momento di vita. Ma se l'infanzia di Spielberg coincideva con la gloria della "vecchia" Hollywood e l'illusione mista a ingenuità di un'epoca dorata (non solo per il cinema), quella del giovane James Gray racconta la (dis)illusione di un giovane idealista nel momento più buio dell'America, negli anni del rampantismo e dell'arrivismo sociale. Dal Sogno Americano sulle rive del Pacifico si passa alla fredda, nebbiosa, violenta realtà di Queens: quella descritta tante volte da Scorsese, Spike Lee, De Palma, e ora anche da un grande regista sopravvissuto al Sogno infranto dall'Apocalisse degli anni '80.
Bel film rigoroso e asciutto in pieno stile Gray. E come al solito ingiustamente snobbato. Passi per gli Oscar dove vince sempre il cinema mainstream ma trovo incredibile che non sia stato premiato a Cannes. Ad ogni modo merita assolutamente la visione
RispondiEliminaSì, la merita eccome aldilà dei premi. Gray non è mai stato troppo considerato né dalla critica né dal "sistema", eppure penso che sia uno dei maggiori registi americani di ultima generazione
EliminaSegnato, appena disponibile lo guarderò, ❤️
RispondiEliminaappena lo vedi fammi sapere! :)
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