titolo originale: DRUK (DANIMARCA, 2020)
regia: THOMAS VINTERBERG
sceneggiatura: TOBIAS LINDHOLM, THOMAS VINTERBERG
cast: MADS MIKKELSEN, THOMAS BO LARSEN, MAGNUS MILLANG, LARS RANTHE
durata: 118 minuti
giudizio: ★★★★☆
Quattro insegnanti demotivati e insoddisfatti della propria vita decidono di sperimentare su se stessi una bizzarra teoria scientifica: aumentando leggermente il tasso di alcool nel sangue, le prestazioni lavorative e la vita privata migliorano. Ma si accorgeranno che il confine tra lucidità, eccitazione e ubriachezza è davvero molto, molto sottile...
La critica cinematografica insegna che quando si recensisce un film si dovrebbe rimanere distanti dalle implicazioni personali che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del film stesso. Ma ci sono casi in cui, almeno per un blogger dilettante come me, non è umanamente possibile prescindere da eventi conosciuti, specie se, come nel caso di Un altro giro, questi sono oltremodo tragici: il regista Thomas Vinterberg ha infatti perso sua figlia durante le riprese (vittima di un incidente d'auto causato da un automobilista distratto dal cellulare), e proprio sua figlia avrebbe dovuto essere l'interprete principale. Come si fa allora a non vedere in questo (bellissimo) film un desiderio di rinascita, di forza interiore, lo strumento per cercare di andare avanti, nonostante tutto? Un altro giro, a dispetto delle apparenze e di un soggetto che può sembrare provocatorio, è infatti un grande inno alla vita...
Il serafico Homer Simpson diceva che "l'alcool è la causa e la soluzione a tutti i problemi personali". Ed è proprio l'alcool (che in Danimarca, come in tutto il nord Europa, è una grande piaga sociale) il vero protagonista dell'ultimo Vinterberg: un film dove tutti bevono, tantissimo, una specie di commedia nera e sarcastica basata sulla dipendenza dal bere, in ossequio a una strampalata (e reale) teoria di uno psichiatra norvegese, tale Finn Skarderud, il quale sostiene che ogni essere umano nasce con un deficit alcolico di 0,5 punti nel sangue, il che ci rende infelici e rassegnati. Di conseguenza, se ogni giorno ognuno di noi assumesse questo 0,5% in più che separa la felicità dalla depressione, staremmo tutti molto meglio e affronteremmo i problemi con maggior serenità
Il serafico Homer Simpson diceva che "l'alcool è la causa e la soluzione a tutti i problemi personali". Ed è proprio l'alcool (che in Danimarca, come in tutto il nord Europa, è una grande piaga sociale) il vero protagonista dell'ultimo Vinterberg: un film dove tutti bevono, tantissimo, una specie di commedia nera e sarcastica basata sulla dipendenza dal bere, in ossequio a una strampalata (e reale) teoria di uno psichiatra norvegese, tale Finn Skarderud, il quale sostiene che ogni essere umano nasce con un deficit alcolico di 0,5 punti nel sangue, il che ci rende infelici e rassegnati. Di conseguenza, se ogni giorno ognuno di noi assumesse questo 0,5% in più che separa la felicità dalla depressione, staremmo tutti molto meglio e affronteremmo i problemi con maggior serenità
Il protagonista, Martin (un immenso Mads Mikkelsen) è un insegnante di mezza età travolto dalla crisi della mezza età: a lavoro si sente frustrato e incompreso, in famiglia è pressochè invisibile (la moglie e i figli lo snobbano sistematicamente), la sua esistenza è una stanca routine di gesti e azioni ripetute senza costrutto e senza alcuna passione. Una sera, durante una cena di compleanno insieme ad altri tre colleghi, tra un sorso e un altro di vodka, uno di loro propone di sperimentare su loro stessi la teoria di Skanderud: con la "scusa" della scienza, da quella sera Martin e gli altri suoi commensali decideranno di aggiungere a ogni loro giornata quel benedetto 0,5% che potrebbe cambiare la loro vita, seguendo regole rigide: potranno bere solo al mattino, prima del lavoro, mai dopo cena, mai nei weekend e (soprattutto) senza mai eccedere le dosi.
All'inizio la "terapia" sembra funzionare: Martin smette di essere un insegnante pedante e didascalico e trasforma ogni sua lezione in un appassionante saggio letterario (sembra di rivedere il professor Keating de L'attimo fuggente) conquistando la stima e il rispetto dei suoi studenti. A casa, dopo secoli, tornerà a fare l'amore con sua moglie e si guadagnerà l'attenzione dei figli. Anche i suoi amici-colleghi sembrano trasformati: diventeranno tutti insegnanti migliori, padri migliori, uomini migliori. Ma sappiamo bene (o quanto meno lo immaginiamo) che questo "esperimento" porterà a una svolta disastrosa, per via di una variante umana che Skanderud non contemplava nei suoi studi puramente accademici: l'alcool è una droga, e anche delle più pericolose. Crea dipendenza, assuefazione, abitudine, non è facile staccarsene. E Vinterberg (insieme al suo co-sceneggiatore Tobias Lindholm) sa che lo sappiamo: e da questo momento non ci viene risparmiato nemmeno un istante della discesa agli inferi dei quattro...
Un altro giro sarebbe stato un film impossibile da proporre oltreoceano: una storia come questa a Hollywood sarebbe stata edulcorata e banalizzata come un drug-movie qualsiasi. Invece Vinterberg e Lindholm riescono a bilanciare in modo perfetto la drammaticità clinica degli eventi e la comprensione empatica (ma non ricattatoria) richiesta al pubblico. Ci sono sequenze di grande tensione alternate a momenti di sano umorismo nordico, che conducono a un finale talmente "facile", liberatorio, così apparentemente posticcio da sembrare l'unico possibile: i dieci minuti finali (che sarebbe un delitto raccontare) sono così gioiosi e strazianti che non potranno non commuovervi, specie pensando alla tragedia personale del regista. Un altro giro prende a pretesto l'alcolismo per ricordarci che le droghe sono la conseguenza (e non la cura) di drammi personali che si possono superare solo aprendosi al mondo, chiedendo e accettando l'aiuto degli altri, senza vergognarsi di mostrare le proprie fragilità. Martin e i suoi amici non diventano migliori grazie all'alcool bensì alla loro ritrovata amicizia, alla loro cameratesca umanità.
Mikkelsen aggiunge così un altro prezioso tassello alla sua galleria di personaggi indimenticabili, raggiungendo forse l'apice della sua carriera (incredibile non averlo ritrovato nella cinquina dei migliori attori agli ultimi Oscar), mentre Vinterberg all'Oscar ci è invece arrivato davvero, e con pieno merito (ci era andato vicino già nel 2012 con l'altrettanto splendido Il sospetto, sempre - guardacaso - con Mikkelsen protagonista). Un premio dedicato, come il film, alla figlia Ilda volata in cielo e ricordata in uno struggente discorso di ringraziamento ("Ilda ci manca un sacco, prima di morire mi scrisse una lettera: aveva letto il copione e si era emozionata... avevo deciso di girare questo film prima che accadesse l'inimmaginabile, poi il destino se l'è portata via. Volevo fare un film che celebrasse la vita, e dopo quello che è successo ci siamo impegnati tutti ancora di più").
Dunque correte al cinema, e fatevi un bel regalo.
Molto interessante, avevo visto al cinema il trailer. Se passa dalla mie parti, andrò a vederlo.
RispondiEliminaDovrebbe arrivare, almeno lo spero: vedo che è in programmazione in tutti i (pochi) cinema aperti, e ti assicuro che ne vale la pena. Specialmente alla luce di quanto ho scritto sopra...
EliminaUn film adorabile, un miracolo se si pensa a quale tragedia abbia subito il regista e quali, deprimenti strade avrebbe preso un Von Trier qualsiasi...
RispondiEliminaSì, un piccolo miracolo.
EliminaVon Trier (che peraltro detesta cordialmente Vinterberg...) ne avrebbe fatto una cosa sicuramente diversa, ma magari non negativa a prescindere: il controverso Lars ha sempre dato il meglio (per me) nei suoi momenti umanamente più difficili, e forse ne sarebbe uscito un film doloroso ma non deprimente. O almeno così me lo immagino io, chissà...
La coppia Vinterberg-Mikkelsen è sempre una garanzia: anche "Il sospetto" era un film bellissimo (anche se il mio preferito rimane "Festen"). Comunque anche qui siamo su ottimi liveli, condivido.
RispondiEliminaPer me "Il Sospetto" era (anzi, è) un film magnifico. Più di "Festen", che era ancora condizionato dai dogmi del Dogma 95 (scusa il gioco di parole). Ad ogni modo Vinterberg si conferma un signor regista, ma questo direi che era fuori discussione.
EliminaTanta invidia, spero che esca presto al cinema anche dalle mie parti!
RispondiEliminaMe lo auguro, Alessandra. Strano che sia uscito prima qui!!
EliminaBellissima recensione! Non sapevo del dramma personale del regista, ma ho comunque apprezzato molto il film. Come hai detto tu, il tema d'alcol e della dipendenza è stato trattato benissimo, e Mikkelsen (come il resto del cast) è spettacolare. Rabbrividisco al solo pensiero che Hollywood già sta lavorando ad un remake con DiCaprio. Per non parlare di tutti i premi che quest'ultimo vincerà con un'interpretazione che difficilmente raggiungerà la grandezza di quella di Mikkelsen.
RispondiEliminaGrazie per le belle parole, Sonia! :)
EliminaE grazie per questa informazione, di cui non ero a conoscenza... non sapevo che Hollywood stesse già preparando un remake così "istantaneo", con DiCaprio, poi! Hai ragione: c'è solo da rabbrividire all'idea, per quanto stimi molto DiCaprio. Ma un film così non lo vedo proprio nelle corde del cinema mainstream, senza tenere conto che, insomma, non c'era motivo di rifarlo! Ovviamente ci saranno le solite logiche commerciali... che dire, speriamo bene!
Questo era (é) in lista.. ;)
RispondiEliminaDirei che merita assolutamente la visione! :)
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