titolo originale: BORAT: SUBSEQUENT MOVIE FILM (USA, 2020)
regia: JASON WOLINER
sceneggiatura: SACHA BARON COHEN, ANTHONY HINES, DAN SWIMER, PETER BAYNHAM, ERICA RIVINOJA, DAN MAZER, JENA FRIEDMAN, LEE KERN
cast: SACHA BARON COHEN, MARIA BAKALOVA, DANI POPESCU, MIKE PENCE, RUDOLPH GIULIANI
durata: 96 minuti
giudizio: ★★☆☆☆
No, non mi ha fatto ridere. Nemmeno un po'. Sarà che per mio limite caratteriale non ho mai avuto un gran senso dell'umorismo, ma mentre ricordo bene che il primo Borat qualche risata a denti stretti era riuscita a strapparmela, più che altro per la causticità scorretta delle sue battute (per quanto inserite in un film artisticamente poverissimo), questo Borat: seguito di film cinema mi ha lasciato davvero indifferente. Anzi, diciamo pure stanco...
Perchè tutto è stanco in questo nuovo Borat: il contesto, le gag, le situazioni, i tempi comici, i personaggi. Un film che vorrebbe essere irriverente ma che in realtà nasce già vecchio, superato dagli eventi, mentre ciò che resta impresso (purtroppo) è solo una trivialità non richiesta e fastidiosa.
Sacha Baron Cohen ci aveva stupiti quattordici anni fa per aver dato vita a una maschera comica graffiante e cinica, volgarotta ma efficace: sebbene il Borat originale assomigliasse più a una raccolta di sketch "alla Crozza" piuttosto che a un film compiuto, bisogna comunque ammettere che la trovata di un mockumentary che perculasse i vizi e gli orrori del sistema capitalistico americano (o meglio, occidentale in senso lato) era non solo coraggiosa e controcorrente, ma anche comicamente efficace (di sicuro molto più - per dire - di un Checco Zalone prima maniera). Ora però, quasi tre lustri dopo e soprattutto dopo un imbarbarimento clamoroso della politica e della società capitalista, rivedere in circolazione un Borat così "omologato" ai nostri tempi mette quasi tristezza...
Uscito (per volere dello stesso Cohen) negli Stati Uniti meno di due settimane prima delle elezioni presidenziali 2020, Borat: seguito di film cinema è la prova provata che gli anni del trumpismo sono stati così desolatamente ridicoli da andare perfino oltre la satira.
Questa volta il reporter kazako Borat Sagdiyev torna sul luogo del delitto (l'America) per consegnare un regalo di apprezzamento (una scimmia) al vicepresidente Mike Pence, esponente di quello che lui considera un governo amico. Solo che una volta arrivato in Texas al posto del primate esce fuori a sorpresa la sua giovane figlia Tutar (Maria Bakalova) imbarcatasi di nascosto insieme a lui per scappare nel "nuovomondo"... un mondo che in realtà ha ben poco di nuovo dato che ormai le sacche di intolleranza e misoginia, che rappresentano il peggio del peggio de "la più grande democrazia del pianeta", sono talmente evidenti da non fare nemmeno più notizia.
In soli quattro anni infatti la presidenza Trump ha sdoganato e legittimato ogni più bieca forma di sovranismo, conservatorismo e patriarcato (roba che manco il nostro Salvini si sognerebbe...) e per questo motivo non fa molta impressione vedere Cohen vestito da membro del Ku-Klux-Klan durante i lavori del congresso repubblicano (quando durante lo stesso congresso un senatore in carica, tal Lindsey Graham, dichiarava di rimpiangere "i bei vecchi tempi del segregazionismo...") oppure mentre incontra i negazionisti del Covid-19 (di cui anche in Italia - ahimè - possiamo prender cognizione delle loro folli teorie sul virus). L'amara constatazione è che gli scherzi che vediamo in Borat: seguito di film cinema non possono minimamente competere con ciò che vediamo e sentiamo oggi nei telegiornali, perchè l' (amara) realtà ha superato di gran lunga la fantasia...Il sequel di Borat ha come unico pregio quello di essere più "film" rispetto al precedente (non che ci volesse molto), solo che non va mai oltre questo non riuscendo neppure una volta a graffiare come vorrebbe e propinandoci un messaggio purtroppo scontato: rispetto a quattordici anni fa la situazione non è affatto migliorata, non è andato assolutamente tutto bene e i luoghi comuni, i pregiudizi e il razzismo in molti casi sono stati perfino legittimati. Lo sapevamo anche da noi. La comicità irreverente di Cohen è stata completamente prosciugata dai fatti lasciando il posto a gag telefonatissime e inutilmente trash, che rispecchiano - questo sì - la mediocrità che ci circonda.
Sì, è più film rispetto al precedente, ma anche se in verità anche a me non ha fatto ridere, ho goduto per le prese in giro rifilate a Trump e soci :D
RispondiEliminaQuello anch'io, e come me e te (credo) tutti quelli cui non piaceva Trump, ma si tratta comunque di gag telefonatissime. Ma qui l'ideologia c'entra poco: è proprio il ritmo comico che manca in questo film...
EliminaAnche a me non è piaciuto granchè, le risate grevi mi hanno sempre dato fastidio. La volgarità non la concepisco, in nessun campo. Buona serata. Mauro
RispondiEliminaAnche a me dà molto fastidio la volgarità, ma questo in fin dei conti non lo è nemmeno tanto, è solo un film senza spina dorsale... era molto più volgare il primo (ma anche più graffiante!)
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