titolo originale: LA PARTITA (ITALIA, 2019)
regia: FRANCESCO CARNESECCHI
sceneggiatura: FRANCESCO CARNESECCHI
cast: FRANCESCO PANNOFINO, GABRIELE FIORE, ALBERTO DI STASIO, DANIELE MARIANI, GIORGIO COLANGELI
durata: 94 minuti
giudizio: ★★★☆☆
5 maggio 2002: in un campetto della periferia romana, la squadra di calcio giovanile dello Sporting Roma si gioca la vittoria del campionato. Il risultato del match, a seconda di come andrà, cambierà per sempre (nel bene, e soprattutto nel male) le vite di alcuni personaggi direttamente coinvolti.
Che cosa è cambiato nel frattempo? Innanzitutto la tecnica: oggi le moderne attrezzature consentono riprese dal vivo molto realistiche e spettacolari, che permettono di ricreare le stesse azioni "vere" di una partita di calcio, cosa prima non possibile. Ma soprattutto nei giovani autori italiani si è fatta strada la convinzione (da me, modestamente, sempre sostenuta) che il calcio è una perfetta metafora della vita. Sapete perchè il calcio è innegabilmente lo sport più bello del mondo? Perchè, proprio come nel mondo reale, è l'unico sport dove non sempre vince chi merita, non sempre l'impegno, la dedizione e la costanza bastano per avere successo, dove la fortuna gioca un ruolo determinante e dove quasi mai le cose vanno come devono andare, proprio come nella vita di tutti i giorni. E cosa c'è quindi di più cinematografico del calcio?
Non solo: il calcio ha il potere di liberare le inibizioni di chi lo pratica e di chi lo segue, nel bene e nel male. Allo stadio e in campo vedi persone altrimenti insospettabili che si trasformano, si esaltano, si deprimono, reagiscono o si disperano in un modo che mai avresti immaginato. Il calcio è la trasfigurazione dell'enfasi, dei sentimenti forti: e il risultato di una partita può condurti all'esaltazione o al dramma, sportivo o umano che sia. Cosa che può sembrare blasfema a chi non è appassionato, ma assolutamente naturale per chi conosce l'argomento.
La partita, opera prima di Francesco Carnesecchi, frutto dell' "espansione" di un suo cortometraggio di un paio d'anni addietro, ha una sua collocazione temporale ben precisa. E' infatti il 5 maggio 2002, giorno di un dramma sportivo che, almeno per NOI interisti, è impossibile dimenticare: quel giorno, a Roma, in uno Stadio Olimpico tutto nerazzurro, la Lazio di Podolski e Simeone infrangeva un sogno che pareva ormai realtà. Ci ricordiamo il silenzio irreale dei 70mila presenti, le lacrime di Ronaldo (quello vero), gli atroci sfottò degli juventini che festeggiavano increduli... In quello stesso giorno, a pochi chilometri di distanza, si gioca però un'altra partita: in un polveroso campetto di periferia, di fronte a tribune instabili e semideserte, una squadra di dilettanti mai vittoriosa in tutta la sua storia si gioca anch'essa la vittoria del campionato. Una partita che potrà cambiare il destino di molti protagonisti.
Lì, al Quarticciolo (semiperiferia capitolina) un allenatore fiero ma sempre sconfitto (Francesco Pannofino) va in campo per riscattare una carriera piena di delusioni, mentre il presidente della società (Alberto Di Stasio), sommerso dai debiti e deluso da un figlio incapace e cocainomane (Daniele Mariani), scommette al totonero il suo futuro, incurante dei sogni dei suoi ragazzi, tra cui quello di Antonio (Gabriele Fiore) giovane virgulto diviso tra la voglia di sfondare e il sostenere la propria disastrata famiglia, che lo invita a truccare il match...
Dicevamo che il calcio è lo specchio del paese, e infatti nel film di Carnesecchi c'è tutta l'Italia di oggi: la fierezza e la schiena dritta dei ragazzi opposta alla meschinità e alla piccolezza degli adulti, di uomini miserevoli pronti a tutto per un piccolo scopo, anche a cancellare le illusioni e le speranze di ogni nuova generazione, che cerca nel calcio la via d'uscita a un presente difficile. Esemplare in tal senso la voce fuori campo di Riccardo Cucchi, noto radiocronista, in monologo d'epoca: "In Italia esistono circa 7mila scuole calcio, che sfornano mediamente circa 300mila giovani calciatori ogni anno. Un numero enorme, di poco superiore a quello degli studenti delle scuole elementari, specie se rapportato a coloro che riescono ad arrivare in Serie A: più o meno uno ogni 4-5mila..."
La partita è un buon film, al netto dei classici difetti di gioventù. Girato in evidente economia, mette forse troppa carne al fuoco, abbozzando appena alcune storie e situazioni, ma ha un grandissimo pregio: quello di marcare bene la differenza tra il calcio vero, quello che si gioca in campo (e che, ribadisco, è lo sport più bello del mondo) e tutto quello che sta fuori dal campo, quasi sempre marcio, che con il calcio non ha nulla a che vedere. Fuori dal campo c'è tanta meschinità, tanti palloni sgonfi e abbandonati chissà da quanto tempo, simboli di sogni infranti e speranze disilluse. Ma basta un pallone vero, raccolto per caso complice un rinvio sbagliato, per iniziare a palleggiare e tornare bambini, a quella autentica magìa pedestre che nessun altro sport possiede...
p.s. il film sarebbe dovuto uscire nelle sale italiane il 27 febbraio scorso, poi (come per tanti altri) l'emergenza Covid ne ha bloccata la distribuzione. Lo trovate ora su Netflix, accessibile a tutti, e vi consiglio di dargli una possibilità.
Mi è piaciuto. Mi è sembrato film dalla trama semplice ma con le idee chiare, la trama ti appassiona. E te lo dico da non-tifoso di calcio, che non ho mai seguito.
RispondiEliminaBuona serata e buona settimana.
Mauro
Mi fanno piacere queste parole, Mauro. E' la riprova che il calcio è uno sport universale, che si adatta davvero ai cambiamenti della società. Il calcio è lo specchio della pancia del paese, un indicatore importante. E questo film non è affatto male.
EliminaRicambio i saluti!