titolo originale: MATTHIAS & MAXIME (CANADA, 2019)
regia: XAVIER DOLAN
sceneggiatura: XAVIER DOLAN
cast: XAVIER DOLAN, GABRIEL D'ALMEIDA FREITAS, ANNE DORVAL, PIER-LUC FUNK, SAMUEL GAUTHIER, ANTOINE PILON, ADIB ALKHALIDEY, CATHERINE BRUNET, MARILYN CASTONGUAY,
durata: 119 minuti
giudizio: ★★★☆☆
Maxime sta per partire per l'Australia, per allontanarsi il più possibile da una madre violenta e alcolizzata. Durante una festa, per una stupida scommessa persa, sarà costretto a baciare davanti alla cinepresa l'amico d'infanzia Matthias. Una scena di pochi secondi, che finirà in un cortometraggio sperimentale, ma che cambierà per sempre le loro vite...
Matthias & Maxime sembra proprio un film fatto in casa: è ambientato a Montréal (la città dove vive Dolan), parlato in francese (con l'aggiunta di qualche frase in inglese, poche ma fondamentali per capire il film, peccato che nel doppiaggio italiano tutto vada irrimediabilmente perduto...), con attori sconosciuti e scenografie ridotte al minimo (perlopiù abitazioni familiari). Ma sono soprattutto i temi ad essere ricorrenti, quelli che Dolan racconta da sempre: l'amore omosessuale, il tentativo di negazione dello stesso, i rapporti tra coetanei, la difficile convivenza con una madre difficile (perdonate il gioco di parole), peraltro ancora una volta interpretata dalla brava Anne Dorval, che aveva già ricoperto lo stesso ruolo in Mommy. Solo che mentre in Mommy era la donna a doversi far carico di un figlio problematico e borderline, stavolta le parti si rovesciano: qui tocca a Maxime fare il figlio premuroso costretto a convivere una madre sbandata che non lo ama, ben consapevole che ella, da troppo tempo, lo tiene stretto a sè in un abbraccio malsano.
E infatti l'unico obbiettivo di Maxime è quello di fuggire il più lontano possibile da casa, lasciarsi indietro le frustrazioni dei suoi primi trent'anni e ricominciare daccapo, dall'altra parte del mondo, libero finalmente da ogni laccio inibitore. E' chiaro che la figura di Maxime è largamente autobiografica (non a caso ad interpretare il personaggio è lo stesso Xavier Dolan, tornato così davanti alla cinepresa) e serve a infondere realismo a una pellicola viscerale e profonda, sincera, sentita, ennesimo capitolo di una filmografia scandita dalle "solite ossessioni": i rapporti di famiglia (anzi, solo quelli tra madre e figlio, dato che nei film di Dolan - chissà perchè - i padri non ci sono mai) e l'identità sessuale.
Eppure, durante una delle tante feste di addio che Maxime tiene prima di partire per l'Australia, accade l'impensabile: per una stupida scommessa nata da qualche bicchiere di troppo, Matthias e Maxime sono costretti a girare una scena per un cortometraggio di una giovane amica aspirante regista. La scena prevede un bacio omosessuale, un bacio finto, davanti alle telecamere, che però scatena un terremoto nelle vite dei due protagonisti. Sarà l'inizio di una tempesta ormonale che ognuno dei due proverà a gestire a modo suo: Maxime non ha paura di nascondersi, di rivelare la propria passione, al punto di arrivare perfino a rinviare il suo viaggio pur di "chiarire" le cose con l'amico. Matthias invece fatica ad accettare l'evidenza, è impaurito, disorientato, scappa, mente sapendo di mentire: la vita non è un film, o almeno non come se lo immaginava...
Matthias & Maxime è uno dei film più personali di Xavier Dolan: è un buon prodotto, la cui intensità aumenta con il dipanarsi della storia, in un crescendo ansiogeno che emoziona e coinvolge. Però, indubbiamente, non è un passo avanti nella carriera del regista. Si ha l'impressione che la macchina artistica di Dolan ormai faccia sempre lo stesso percorso, che i pneumatici si siano un po' usurati nel battere sempre le stesse strade, seppur con inusitata intensità. Ma gli argomenti sono sempre quelli: e se da un regista "classico" e avanti con gli anni la cosa si potrebbe anche capire, è meno facile accettarla da un regista trentenne che invece, in virtù del suo innegabile talento, dovrebbe essere quasi moralmente obbligato a fare qualcosa di nuovo... se non altro per non finire etichettato per sempre come regista "queer", categoria che gli starebbe strettissima.
E' anche vero però che ogni artista deve fare ciò che si sente, che gli viene dal cuore. E se per Dolan questo è il suo mondo, il suo modo di esprimersi, di sicuro non saremo noi piccoli (pseudo)critici a dissuaderlo. In particolar modo il sottoscritto, che da sempre predilige le emozioni alla forma: e a cui, non a caso, Dolan è sempre piaciuto. Avercene.
Ne sto leggendo bene praticamente ovunque e lui comunque mi piace. Quindi metto in lista anche questo film.
RispondiEliminaPenso che ti piacerà anche questo. È un Dolan che ritorna alle origini, intimo, sincero, emozionante, lontano dalle "sirene" hollywoodiane. La sua dimensione ideske.
EliminaLa penso come te. Dolan mi piace, come artista e come persona, e i suoi film sono profondamente sinceri, lo si capisce "a pelle". E' vero, i temi e le situazioni si ripetono, ma finchè lui riesce a girare fil con questa profondità d'animo non restrò mai delusa!
RispondiEliminaassolutamente d'accordo! Non ho proprio altro da aggiungere!
EliminaL'ho visto ieri sera al cineforum estivo. Mi è piaciuto. Secondo me è un film che avrebbe funzionato bene anche nella programmazione normale, quella prima del virus. Peccato che così lo vedranno varamente in pochi.
RispondiEliminaIntanto diffondiamo la voce!
Un abbraccio e buona serata.
Mauro
Che dire, Mauro... Dolan è apprezzatissimo dai suoi fan e dalla critica (anche se un po' meno, ultimamente) ma non ha mai portato folle oceaniche al cinema, anche se è pur vero che solo in poche occasioni ha avuto una distribuzione decente. In questo la visione streaming su MioCinema può aiutare. Vediamo.
RispondiEliminaUn abbraccio anche a te!
Goood reading
RispondiEliminaThank you very much!
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