titolo originale: DIE HARD WITH A VENGEANCE (USA, 1995)
regia: JOHN McTIERNAN
sceneggiatura: JONATHAN HENSLEIGH
cast: BRUCE WILLIS, JEREMY IRONS, SAMUEL L. JACKSON
durata: 128 minuti
Un misterioso terrorista di nome Simon minaccia di far saltare in aria l'intera città di New York se la polizia non eseguirà le sue folli istruzioni... il caso viene affidato, su richiesta dello stesso Simon, al rude agente John McClane, da poco sospeso dal servizio e reintegrato per l'occasione. Con l'unico (e casuale) aiuto dell'ex tassista di colore Zeus Carver, McClane cercherà (a modo suo) di sventare la minaccia.
Non mi tiro mai indietro quando c'è da "menare le mani"... metaforicamente, s'intende! Mi riferisco all'iniziativa condivisa dal solito gruppo di blogger amici che, ormai per il terzo anno, omaggia il cinema action duro e puro, quello che il sottoscritto, sempre un po' troppo snob (mea culpa, mea culpa, ma culpa!) quasi mai tratta su queste pagine. Sbagliando, s'intende, perchè film come Die Hard: duri a morire appartengono a quella categoria di pellicole spudoratamente commerciali ma dannatamente efficaci che, ammettiamolo, non smetti di rivedere ogni volta che passano in tv.
Non è affatto facile dirigere un film d'azione. E forse è per questo che a molti non piace il genere: perchè si fanno troppi brutti film d'azione che diseducano il pubblico e finiscono per condizionarlo, rendendolo vittima di pregiudizi ingiustificati. Un buon action deve garantire un ritmo veloce, adrenalinico per tutta la durata del film, senza cali di tensione o ripetizioni di scene già viste, cosa per niente semplice. John McTiernan è stato un maestro del genere, a lui va il merito di aver ideato e diretto la fortunata saga di Die Hard, lanciando un allora sconosciuto Bruce Willis nel firmamento di Hollywood: Willis interpreta il poliziotto John McClane, un energumeno violento, complessato, dalla vita sociale distrutta, poco ligio alle regole ma allo stesso tempo anche eroe malinconico suo malgrado, simbolo di un Paese non così unito e inscalfibile come millantato dal reaganismo dell'epoca.
Duri a morire è il terzo episodio della serie: non avrà l'inventiva del capostipite, Trappola di cristallo (1988) e nemmeno la solidità narrativa del successivo 58 minuti per morire (1990, diretto da Renny Harlin), ma è di gran lunga il capitolo meglio riuscito e più autoriale, oltre che smaccatamente politico: ben prima dei fatti dell' 11 settembre 2001, l'America viene ritratta come un paese vulnerabile e sottilmente razzista, vittima del suo conservatorismo, dove i nemici non sono "fuori" dai confini ma al suo interno, e soprattutto hanno tratti inequivocabilmente "ariani"... Jeremy Irons è superlativo nei panni del terrorista psicopatico e filosofo, sofisticato e benestante, tipico prodotto degenerato di una cultura muscolare e darwiniana (chiamiamola pure destrorsa) che avrebbe, ahimè, poi contagiato il mondo.
Il film corre via che è un piacere, sempre col fiato sospeso, senza tempi morti e situazioni superflue, traendo forza dal montaggio magistrale di John Wright e soprattutto beneficiando della grande ironia disseminata in tutti i 128 minuti di lunghezza (tantissimi per un film d'azione) di cui Bruce Willis fa uso a piene mani. Nonostante il suo John McClane sia a tutti gli effetti un personaggio spregevole e ben poco empatico, la simpatia che trasmette allo spettatore è contagiosa (peccato solo che il buon Willis questa "maschera" se la porterà dietro per tutta la carriera), ma è soprattutto grazie ad una spalla d'eccezione, il nero Samuel L. Jackson, che la pellicola fa un netto salto di qualità artistica e autoriale: la figura dell'ex tassista Zeus, il classico "uomo qualunque" che si ritrova eroe per caso, coscienza critica di una società in apparenza aperta ma in realtà profondamente discriminatoria, è il valore aggiunto di un prodotto che eleva decisamente dalla media dei film del genere.
Proprio Zeus, il ne(g)ro che, suo malgrado, si ritrova costretto ad aiutare un bianco, sarà uno degli stilemi che negli anni successivi saranno ripercorsi da buona parte del cinema americano dedito alla coscienza civile: come dimenticare, giusto per fare un esempio, lo splendido Gran Torino di Clint Eastwood, dove è palese lo scontro culturale tra i "vecchi" e i "nuovi" americani, tra conservatorismo e progressismo: in questo Duri a morire anticipa, seppur a modo suo, queste tendenze, e non è cosa da poco.
Aggiungeteci poi sequenze da cardiopalma, citazioni bibliche a iosa (Tarantino, l'anno prima con Pulp Fiction, aveva già aperto una strada), un Bruce Willis sempre seminudo, lurido, insanguinato, pronto a immolarsi per l'America (ma sempre con riluttanza), coinvolto in situazioni genialmente folli (la "passeggiata" ad Harlem con il cartello "Io odio i negri") e otterrete uno di quei film forse furbetti e costruiti scientificamente per sbancare i botteghini ma, ammettiamolo, capaci di farti divertire davvero come pochi.
DI SEGUITO, TUTTI I BLOGGER AMICI CHE PARTECIPANO ALL' INIZIATIVA: CLICCATE!
20 MAGGIO: ARMA LETALE (Alfonso - Non c'è paragone)
21 MAGGIO: RED SCORPION (Cassidy - La Bara Volante)
23 MAGGIO: TRUE LIES (Marco Contin - La Stanza di Gordie)
24 MAGGIO: OMICIDIO INCROCIATO (Lucius - Il Zinefilo)
24 MAGGIO: TERMINATOR (Arwen - La Fabbrica dei Sogni)
25 MAGGIO: JOHN WICK (Alessandra - Director's Cult)
Non è affatto facile dirigere un film d'azione. E forse è per questo che a molti non piace il genere: perchè si fanno troppi brutti film d'azione che diseducano il pubblico e finiscono per condizionarlo, rendendolo vittima di pregiudizi ingiustificati. Un buon action deve garantire un ritmo veloce, adrenalinico per tutta la durata del film, senza cali di tensione o ripetizioni di scene già viste, cosa per niente semplice. John McTiernan è stato un maestro del genere, a lui va il merito di aver ideato e diretto la fortunata saga di Die Hard, lanciando un allora sconosciuto Bruce Willis nel firmamento di Hollywood: Willis interpreta il poliziotto John McClane, un energumeno violento, complessato, dalla vita sociale distrutta, poco ligio alle regole ma allo stesso tempo anche eroe malinconico suo malgrado, simbolo di un Paese non così unito e inscalfibile come millantato dal reaganismo dell'epoca.
Duri a morire è il terzo episodio della serie: non avrà l'inventiva del capostipite, Trappola di cristallo (1988) e nemmeno la solidità narrativa del successivo 58 minuti per morire (1990, diretto da Renny Harlin), ma è di gran lunga il capitolo meglio riuscito e più autoriale, oltre che smaccatamente politico: ben prima dei fatti dell' 11 settembre 2001, l'America viene ritratta come un paese vulnerabile e sottilmente razzista, vittima del suo conservatorismo, dove i nemici non sono "fuori" dai confini ma al suo interno, e soprattutto hanno tratti inequivocabilmente "ariani"... Jeremy Irons è superlativo nei panni del terrorista psicopatico e filosofo, sofisticato e benestante, tipico prodotto degenerato di una cultura muscolare e darwiniana (chiamiamola pure destrorsa) che avrebbe, ahimè, poi contagiato il mondo.
Il film corre via che è un piacere, sempre col fiato sospeso, senza tempi morti e situazioni superflue, traendo forza dal montaggio magistrale di John Wright e soprattutto beneficiando della grande ironia disseminata in tutti i 128 minuti di lunghezza (tantissimi per un film d'azione) di cui Bruce Willis fa uso a piene mani. Nonostante il suo John McClane sia a tutti gli effetti un personaggio spregevole e ben poco empatico, la simpatia che trasmette allo spettatore è contagiosa (peccato solo che il buon Willis questa "maschera" se la porterà dietro per tutta la carriera), ma è soprattutto grazie ad una spalla d'eccezione, il nero Samuel L. Jackson, che la pellicola fa un netto salto di qualità artistica e autoriale: la figura dell'ex tassista Zeus, il classico "uomo qualunque" che si ritrova eroe per caso, coscienza critica di una società in apparenza aperta ma in realtà profondamente discriminatoria, è il valore aggiunto di un prodotto che eleva decisamente dalla media dei film del genere.
Proprio Zeus, il ne(g)ro che, suo malgrado, si ritrova costretto ad aiutare un bianco, sarà uno degli stilemi che negli anni successivi saranno ripercorsi da buona parte del cinema americano dedito alla coscienza civile: come dimenticare, giusto per fare un esempio, lo splendido Gran Torino di Clint Eastwood, dove è palese lo scontro culturale tra i "vecchi" e i "nuovi" americani, tra conservatorismo e progressismo: in questo Duri a morire anticipa, seppur a modo suo, queste tendenze, e non è cosa da poco.
Aggiungeteci poi sequenze da cardiopalma, citazioni bibliche a iosa (Tarantino, l'anno prima con Pulp Fiction, aveva già aperto una strada), un Bruce Willis sempre seminudo, lurido, insanguinato, pronto a immolarsi per l'America (ma sempre con riluttanza), coinvolto in situazioni genialmente folli (la "passeggiata" ad Harlem con il cartello "Io odio i negri") e otterrete uno di quei film forse furbetti e costruiti scientificamente per sbancare i botteghini ma, ammettiamolo, capaci di farti divertire davvero come pochi.
DI SEGUITO, TUTTI I BLOGGER AMICI CHE PARTECIPANO ALL' INIZIATIVA: CLICCATE!
20 MAGGIO: ARMA LETALE (Alfonso - Non c'è paragone)
21 MAGGIO: RED SCORPION (Cassidy - La Bara Volante)
23 MAGGIO: TRUE LIES (Marco Contin - La Stanza di Gordie)
24 MAGGIO: OMICIDIO INCROCIATO (Lucius - Il Zinefilo)
24 MAGGIO: TERMINATOR (Arwen - La Fabbrica dei Sogni)
25 MAGGIO: JOHN WICK (Alessandra - Director's Cult)
Uno dei film più divertenti e spettacolari che abbia visto da bambina (perchè lo ero ai tempi) come posso non amarlo? Eppoi con questi tre attori fantastici! Anch'io lo rivedo ogni volta che passa in tv!
RispondiEliminami pare che su questo film sia davvero difficile poter essere in disaccordo... :)
EliminaFilm pazzesco, concordiamo nella recensione praticamente su tutta la linea. Ammetto che tra questo Die Hard e TRrappola di cristallo, in quanto a bellezza e qualità, non so proprio quale scegliere!
RispondiEliminaDiciamo che "Trappola di Cristallo" è più originale e coraggioso, essendo il capostipite. Però "Duri a morire" è molto più solido e con una sceneggiatura impeccabile. Oltre a poter contare su un cast di attori assolutamente straordinari.
EliminaUn cult assoluto. Ai livelli di Trappola di cristallo ma molto più ironico e dissacrante. Memorabili i dialoghi tra Willis e Jackson. Insomma, irresistibile!
RispondiEliminaNon ho altro da aggiungere... ;)
EliminaCaro Cassidy, è un grande piacere per me ricevere commenti appassionati come il tuo (ormai sempre più rari) che, lo dico sinceramente, mi danno la forza per continuare a tenere in vita questo piccolo blog. Grazie davvero!
RispondiEliminaOvviamente concordo in toto con le tue parole, in particolar modo sul meccanismo "ad orologeria" del film, assolutamente impeccabile. Così come sulle figure di Simon e Zeus (cioè Jeremy Irons e Samuel L. Jackson) due "spalle" superlusso che impreziosiscono la pellicola. Che è a tutti gli effetti un gioiellino, niente da dire.
p.s. però devi dirmi qual è il tuo campo di gioco... ;) leggendo il tuo blog mi sembri abbastanza "onnivoro" ;)
"Mentre andavo nelle Ardenne vidi un uomo e sette donne, ogni donna ha sette sacche, ogni sacca sette gatte, ogni gatta sette figli; gattini gatte sacche donne, quanti andavano nelle Ardenne?" Non mi stanco mai di questo indovinello...:)
RispondiEliminafantastico, vero?? chissà come sarà in lingua originale! ;)
EliminaIl genere a me invece piace tantissimo, e reputo questo un gran film, eppure concordiamo nel giudizio, potenza del cinema ;)
RispondiEliminainfatti ho premesso che sono io lo snob, che continuo ingiustamente ad avere pregiudizi su questo genere. Se un film è bello è bello, indipendentemente dal genere... che poi, il genere stesso è una gabbia mentale: sono le nostre menti troppo "analitiche" ad incasellare i film dentro gabbie spesso senza senso
EliminaUn gran bel ricordo di gioventù, lo associo a un gran divertimento: ai tempi alla politica pensavamo poco, questo film ci piaceva per quello che mostrava. Ed era un gran bel mostrare!
RispondiEliminaUn caro saluto.
Mauro
Certo, Mauro. Hai perfettamente ragione. Ogni bel film che si rispetti ha la sua chiave e il suo livello di lettura, che può essere diverso a seconda dell'età, della cultura, della formazione... ognuno ci vede ciò che vuole!
EliminaUn caro saluto anche a te.