titolo originale: EN GUERRE (FRANCIA, 2018)
regia: STEPHANE BRIZE'
sceneggiatura: OLIVIER GORCE, STEPHANE BRIZE'
cast: VINCENT LINDON, MELANIE ROVER, JEAN GROSSET, JACQUES BORDERIE, MARTIN HAUESER
durata: 113 minuti
giudizio: ★★★★★
Per un clamoroso scherzo del destino, In guerra arriva sui nostri schermi proprio nei giorni in cui la protesta dei "gilet gialli" destabilizza la Francia e tiene banco in ogni notiziario. Una coincidenza perfetta, che ci permette di andare subito al nocciolo della questione: il film di Brizé è esemplare nel mettere in mostra la differenza tra antagonismo e populismo, ovvero come le (giuste) rivendicazioni di una certa parte di popolazione in sofferenza (diciamo pure esasperata) possono prendere strade e soluzioni ben diverse.
Da una parte infatti c'è la rabbia vuota, incontrollata, generalizzata, coacervo di rigurgiti nazionalisti e razzisti, che sfocia nella devastazione sistematica e in una violenza orchestrata da non si sa chi, incapace di trasformarsi in proposta. Dall'altra c'è la rabbia di mille operai che lottano strenuamente per il loro stipendio di mille euro al mese, già decurtato da anni di sacrifici, ora messo in discussione dalla "solita" multinazionale che intende delocalizzare la fabbrica per aumentare i profitti (attenzione, parliamo di profitti, non di perdite: nel mondo globale di oggi non si chiudono le fabbriche perché sono in crisi, ma per guadagnare ancora di più…)
Laurent combatte non tanto per sé (ormai alle soglie della pensione e con la famiglia sistemata) ma per gli ultimi, i più deboli, i più giovani, quelli con meno anzianità e meno diritti, secondo uno spirito di solidarietà e giustizia che dovrebbe essere alla base di ogni organizzazione dei lavoratori (uso il condizionale, vedremo poi perché). Ma soprattutto lo fa rispettando sempre tutti, a cominciare dagli infami vertici aziendali fino ad arrivare ai politici opportunisti, quelli che se ne lavano le mani, fino ai colleghi stremati che mugugnano e vacillano. E condannando sempre, senza esitazione, qualsiasi tipo di violenza.
Brizè costruisce un film di una perfezione quasi chirurgica, che ha il grande merito di concentrarsi sempre sulla visione collettiva dei protagonisti, di cui non sappiamo quasi nulla delle vicende personali e della loro vita privata. Scelta chiaramente voluta, per convincere lo spettatore che solo l'unione può vincere, che ogni gesto, anche disperato, di un singolo può scatenare una reazione di massa (come nel durissimo e toccante finale) se si hanno ben presenti i concetti di solidarietà e uguaglianza. Un film che avrebbe meritato migliore distribuzione e miglior fortuna, e che tutti coloro che hanno a cuore certi valori dovrebbero vedere e far vedere. Come una missione.
Il problema è sempre lo stesso, riuscire a beccare uno straccio di sala che lo programma. Comunque mi fido della tua recensione: di Brize avevo già adorato La legge del mercato e questo, per quanto di argomento similare, mi lascia assolutamente ben disposta. Cercherò di recuperarlo al più presto :)
RispondiEliminaAnche a me era piaciuto molto "La legge del mercato": è vero, l'argomento è simile ma lo sviluppo è completamente diverso. Lì si parlava degli effetti della globalizzazione e descriveva la vita di un poveraccio che aveva perso il lavoro (e le umiliazioni che affrontava per ritrovarlo). Qui invece si descrive la lotta e le conseguenze per conservare il proprio posto di lavoro, con uno stile ben più "aggressivo" e ansiogeno. Se riuscirai a vederlo fammi sapere, sarà interessante fare il confronto tra i due film.
Eliminanon mancherò! :)
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