regia: Paolo Sorrentino (Italia, 2018)
cast: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Euridice Axen, Kasja Smutniak, Alice Pagani, Fabrizio Bentivoglio, Dario Cantarelli, Roberto De Francesco, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Giovanni Esposito, Anna Bonaiuto, Roberto Herlitzka
sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
fotografia: Luca Bigazzi
scenografia: Stefania Cella
montaggio: Cristiano Travaglioli
musiche: Lele Marchitelli
durata: 204 minuti (diviso in due parti)
giudizio: ★★★★☆
trama: Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi, con particolare attenzione al campionario di (dis)umanità varia che gravita intorno a Lui. Si parte dal 2006, l'anno della sconfitta elettorale del Cavaliere, per arrivare al drammatico autunno del 2011: quello dello "spread", del bunga-bunga e, successivamente, della separazione dalla moglie Veronica...
Paolo Sorrentino non dà risposte (ingenui e ignoranti anche quelli che si aspettavano un film politico, dato che Sorrentino non è e non sarà mai come Nanni Moretti) ma fotografa a mio avviso perfettamente il personaggio di B. (che nel film viene quasi sempre chiamato LUI, come fosse una divinità, irraggiungibile e intoccabile per le persone normali, quelle che "non contano") un uomo ambiguo non solo con gli altri (Loro, appunto) ma anche con se stesso: generoso e spietato, amorevole e puttaniere, perverso ma anche ingenuo. Un uomo vittima e carnefice del suo tempo, che sguazza negli inferi di una società degradata. Il che, intendiamoci, non è proprio originalissimo come soggetto, ma il modo in cui il regista rappresenta l' "inferno" berlusconiano è incredibilmente affascinante... a patto, ovviamente, di essere predisposti ad avvicinarsi al cinema (personalissimo, ma per parecchi anche indigesto) di Sorrentino.
Loro è un film che, stilisticamente, assomiglia molto a La Grande Bellezza, molto più che a Il Divo: certo non è privo di difetti, c'è sempre qualche caduta di tensione, qua e là affiora sempre un po' di retorica (soprattutto nei dialoghi con la moglie) ma la dimensione onirica e metaforica che caratterizzava il film oscarizzato è ben presente anche qui. Un'opera con molteplici livelli di lettura, complessa e che sa perfettamente dove andare a parare: comincia descrivendo il "mondo" berlusconiano, prosegue scandagliando il lato umano di B. e finisce con un finale aperto e bellissimo (ne parleremo più avanti) che rimarca ancora una volta le mille sfaccettature di un'Italia cialtrona e autolesionista, eppure capace (ancora) di grandi gesti e di risorgere dalle proprie ceneri...
Sorrentino e il suo sceneggiatore Paolo Contarello scelgono di far entrare in scena Berlusconi dopo un'ora esatta di film: un'ora che serve da prologo necessario per mostrarci il lato umano del personaggio, in special modo la sua storia d'amore con la moglie Veronica Lario, e nel contempo, l'ossessione di uomo che ha una paura folle di invecchiare e perdere il Potere. Quel Potere che lo tiene avvinto in una stretta perversa: Lui sa di essere rispettato e temuto (lo squallore dei leccapiedi che vediamo, appunto, nella prima ora di film lo disgusta e lo innervosisce, ma allo stesso modo egli ne ricava una perversa soddisfazione) ma sa di non essere amato, o almeno non da tutti. Una cosa ovvia, normale per un politico, come gli suggeriscono i pochi fidati collaboratori, ma inaccettabile per un uomo che "vive" specchiandosi nel proprio ego populista e narcisista.
Così, la fine del rapporto con Veronica trasfigura la fine dell'idillio con il Paese e con il Popolo (non a caso il film comincia - temporalmente - all'indomani della sconfitta elettorale del 2006) seguito dal conseguente tentativo di riconquistare entrambi: vediamo Lui alla disperata ricerca dell' Amore e del Potere perduti, forse irrimediabilmente, sotto i colpi dei tanti scandali in cui viene coinvolto (che Sorrentino mostra con sprezzante senso del ridicolo e del grottesco). E la figura della moglie (interpretata da una splendida Elena Sofia Ricci) diventa l'emblema di una donna e di un popolo traditi da un tele-imbonitore vuoto di sentimenti e terribilmente solo, che si circonda di donne sempre più giovani e sempre più carine per esorcizzare la vecchiaia, ma con le quali perfino Lui finisce per annoiarsi e sentirsi drammaticamente distante. La sequenza, bellissima, del corteggiamento alla giovane Stella (un' "olgettina" intelligente e pensante, interpretata dalla rivelazione Alice Pagani, segnatevi questo nome) ci mostra il Berlusconi più patetico e impotente, malinconico e disprezzabile insieme.
Il Berlusconi interpretato da Toni Servillo (gigantesco come al solito) è e resta sempre il venditore di sogni che fu in gioventù, spavaldo eppure insicuro, convincente eppure dubitante, consapevole che il mondo cambia e gli anni passano, anche per lui. Un Berlusconi che chiama una cittadina a caso sulla guida telefonica per venderle un appartamento (ovviamente finto) al solo scopo di sentirsi ancora capace di manipolare il pubblico, mentre invece chiamerà con riluttanza l' ex-amico Mike Bongiorno, "colpevole" solo di essersi adagiato nel passato, cosa che lui non può permettersi. Ma alla fine anche lui toccherà arrendersi, nel vuoto della sua villa-prigione, dopo aver allontanato il caravan serraglio di povertà umana che gli sbava intorno: dall'arrivista Morra/Tarantini (Riccardo Scamarcio, notevole), la spregiudicata moglie Tamara (Euridice Axen), all'altezzosa escort Kira/Minetti (Kasja Smutniak), fino al ministro corrotto e puttaniere Santino (Fabrizio Bentivoglio). Una corte di freaks specchio frustrante di un pezzo d'Italia che Lui pensava di aver forgiato e che invece gli si ritorce contro.
Loro, nel suo complesso, è un film imperfetto e stratificato, ma qualitativamente notevole. Descrive con abilità e maestria un personaggio, un politico, un uomo-chiave, nel bene e nel male, della storia italiana. Non è un film apologetico ma nemmeno denigratorio, romanzato ma onesto, che si sofferma sulla caduta di un simbolo di (almeno) un ventennio senza fare sconti ma con eleganza e delicatezza. E dove a una prima parte grottesca e divertente (seppur a denti stretti) si contrappone una seconda parte amarissima, drammatica, quasi un requiem su un uomo ormai avviato malinconicamente sul viale del tramonto, specchio di un paese in ginocchio.
Ma lo sguardo di Sorrentino, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è affatto nichilista: mi è piaciuta tantissimo (spoiler!) la scritta LORO nel finale, sui titoli di coda, che compare sopra i volti affaticati dei pompieri che scavano sotto le macerie de L'Aquila. Come dire che l'Italia, malgrado tutto, non è solo il marcio del berlusconismo... ma un paese da qualche parte ancora fiero che sa come rimboccarsi le maniche e ripartire.
Penso anch'io che non sia il miglior Sorrentino, ma ha raccontato molte cose interessanti. Uno sfarzo squallido e anche molta tristezza italiana... Per me la pecca più grande è di dividerlo in due parti. Potevano fare senza problemi un film unico.
RispondiEliminaVero. Aldilà dei discorsi di facciata del regista è evidente che si è trattato di una pura operazione commerciale. Un film unico tagliato in due parti con l'accetta senza troppa logica se non quella dei soldi, come se la Universal già presagisse che gli incassi non sarebbero stati entusiasmanti... e due mezzi incassi ne fanno uno intero.
EliminaNon è un film politico ma secondo me la politica ha comunque un ruolo importante: del resto la politca rispecchia il paese, e Berlusconi rispecchia i suoi elettori e un certo tipo di cultura anche se evitabile. Non tutto mi è piaciuto ma il risultato finale sono d'accordo che è molto affascinante.
RispondiEliminaBuon weekend.
Mauro
Complimenti Mauro, hai scritto un'ottima recensione in tre righe, che mi trova assolutamente d'accordo. In fin dei conto tutto è politica, compresa l'analisi dei cambiamenti della società.
EliminaBuona domenica, e grazie davvero per i tuoi commenti sempre puntuali!
Ottima recensione, che condivido pienamente. "Loro" è un film sulla solitudine e sulla caducità, sulla vecchiaia e sul tempo che lasciamo andare quando siamo in vita. E non sono forse gli stessi temi di "Youth" e della "Grande Bellezza"? Tutto si può dire di Sorrentino tranne che non sia un regista coerente, e che riesce sempre a rendere efficacissima la sua coerenza grazie a uno stile visionario e personalissimo. Per me anche stavolta ha centrato il bersaglio alla grande.
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo. Questo film assomiglia molto a "La Grande Bellezza": per le atmosfere decadenti, il ritmo dilatato, il malessere di tutti i protagonisti, compreso quello del Paese intero. Hai perfettamente ragione: può non piacere, ma un film di Sorrentino lo riconosci subito!
EliminaAlla fine però gli incassi sono stati così così, le recensioni tiepide, l'impatto mediatico quasi zero. Un film fuori tempo massimo secondo me.Credo proprio che ancora una volta abbia vinto LUI
RispondiEliminaTutto vero. Però non sono d'accordo sul fatto che il film sia fuori tempo massimo... secondo me è il momento giusto: Berlusconi ormai non fa più notizia, le polemiche su di lui si sono "miracolosamente" placate (e non stiamo a indagare sui perchè) e secondo me solo adesso si poteva girare un ritratto "neutro" e non influenzato dalle masse, con sguardo più obiettivo e naturale
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