regia: Christopher Nolan (Gb, 2017)
cast: Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Stiles, Mark Rylance, Tom Hardy, Cillian Murphy, Kenneth Branagh
sceneggiatura: Christopher Nolan
fotografia: Hoyte Van Hoytema
scenografia: Nathan Crowley
montaggio: Lee Smith
musiche: Hans Zimmer
durata: 106 minuti
giudizio: ★★★☆☆
trama: 1940: la Germania nazista invade la Francia e costringe le truppe alleate a ripiegare sulla spiaggia di Dunkerque, vicino al confine belga. Qui i soldati inglesi, ormai accerchiati, cercano disperatamente di tornare in patria via mare aspettando un aiuto dalla Royal Navy. Ma il Primo Ministro Churchill ha deciso che tutte le navi dell'esercito regolare dovranno essere destinate alla difesa del suolo britannico: l'evacuazione di Dunkerque sarà così affidata esclusivamente alle imbarcazioni civili, che attraverseranno volontariamente la Manica per recuperare i loro soldati.
E allora cerchiamo di parlare a mente fredda, con calma e gesso, di questo Dunkirk (chissà perchè i distributori italiani hanno voluto lasciare il titolo in inglese... e vabbè). Che cosa resta impresso allo spettatore dopo i 106 minuti di visione? Innanzitutto, ed era quasi scontato, un superbo esercizio di stile, ormai marchio di fabbrica del regista britannico: il film racconta tre aspetti diversi della guerra, tre storie parallele diluite su tre livelli temporali diversi che nell'epilogo finiscono per riunirsi. Tre episodi di strenua resistenza umana: la spiaggia (una settimana di passione per i soldati alleati, schiacciati come formiche contro il molo, in attesa dell'evacuazione), il mare (un giorno in compagnia di un piccolo equipaggio civile accorso, come implorato da Churchill, a riportare a casa i derelitti di Dunkerque), e il cielo (un'ora a bordo di un caccia inglese con il serbatoio in avaria, con il pilota che deve decidere se rientrare a far rifornimento oppure buttare giù il bombardiere tedesco che si appresta a sganciare il suo carico di morte).
Questo format non è certo una novità per Nolan, anzi possiamo dire che è quasi un suo must (lo stesso stratagemma lo avevamo apprezzato in Interstellar, in Inception e, per certi versi, anche in Memento) e al solito funziona alla perfezione: nonostante l'assenza del fratello sceneggiatore anche stavolta lo script è inattaccabile, calibrato al millimetro, in un armonico gioco di ingranaggi che ci conduce all'epilogo senza mai sbandare (e, per una volta - e per fortuna! - senza i famigerati "spiegoni" che oltre ad appesantire il ritmo e allungare il minutaggio toglievano fascino ed epicità).
Ma tutto il film è tecnicamente perfetto: girato su pellicola nell'ormai noto formato IMAX per aumentare il realismo (ma, lo dico al pubblico meno integralista, anche una buona sala con grande schermo e dolby surround va benissimo lo stesso), si rimane stupefatti dalla qualità del sonoro, dalla fotografia sgranata e volutamente "sporca", dal montaggio ossessivo che enfatizza l'angoscia vissuta dai protagonisti. Solo la colonna sonora di Hans Zimmer appare un po' ridondante e qualche volta non indispensabile, ma è un peccato veniale per un film che, vedrete, farà probabilmente incetta di premi tecnici ai prossimi Oscar.
Tutto qui? Ovviamente no. E' chiaro che il giudizio su un film del genere non può ridursi al solo lato tecnico. Per un film che aspira ad essere "il film di guerra definitivo", come hanno scritto in tanti, la valutazione non può prescindere dai contenuti, anzi. E qui arriviamo alle dolenti note, ovvero ciò che non mi è piaciuto di Dunkirk e che, da diversi film a questa parte, continua a non piacermi del suo autore. Lo dico chiaro e tondo: trovo Dunkirk un'opera eticamente molto, molto discutibile. E questo pesa parecchio nel giudizio finale. La trovo discutibile nella sua rappresentazione molto "cerchiobottista" della storia, nella scelta molto "di comodo" di Nolan, che sceglie di non scegliere, di non esporsi, di non prendere posizione o, meglio, di fingere di abbracciare una strada per poi abiurarla subito dopo...
Mi spiego. Che cosa ci aspetteremmo da Dunkirk dopo i primi minuti? Ci appaiono dei soldatini inermi, quasi senza volto, falcidiati dalle raffiche del nemico (che non si vede mai), costretti ad aspettare su una spiaggia gelida e grigia una salvezza che difficilmente arriverà. Quello che ci trasmette il film subito dopo i titoli di testa è un senso di totale impotenza e insicurezza, di disperazione. La spiaggia è il simbolo del tremendo disagio di questi uomini: un luogo aperto, senza difese, esposto alla mercè delle bombe, degli spari, dove alla scarsa protezione fisica si aggiunge quella psicologica di chi è non è più in alcun modo padrone della propria vita.
Insomma, almeno inizialmente Dunkirk si presenta come un'opera pacifista, contro l'insensatezza della guerra. Le inquadrature dei soldatini in campo lungo, senza volto, senza nome, sempre ammassati sul molo o nelle stive delle navi, ci ricordano molto il Malick de La sottile linea rossa: dei piccoli uomini che si massacrano sullo sfondo di una natura arcigna e indifferente. Non a caso in questa prima parte non ci sono attori degni di nota nè particolari performance interpretative: la recitazione è collettiva, "di gruppo", i soldati quasi non parlano, non si conoscono i loro nomi, i loro volti, sono dei poveracci che cercano solo di sopravvivere, a dispetto di tutto.
Peccato che poi però il film cambia radicalmente. Entrano in scena gli eroi, i volti noti, entrano in scena il patriottismo e la retorica che non ti aspetti. Non che non si possa fare un film patriottico, sia chiaro, ma quello che Nolan racconta nelle sequenze in cielo e in mare stride profondamente con le premesse... insomma: Dunkirk è per 3/4 un film di resilienza umana, di uomini esausti e disillusi, per poi esaurirsi in un finale che più patriottico e retorico non si può. Si comincia con la stupidità della guerra e si finisce con il discorso di Churchill che arringa le truppe ("noi combatteremo in Francia, sui mari, sugli oceani, nell'aria, sui campi e sulle strade. Non ci arrenderemo mai..."). Certo Nolan è furbo: gli "eroi" li fa interpretare da grandi attori (Mark Rylance è il proprietario del piccolo gozzo che salpa verso Dunkerque per salvare i soldati, mentre Tom Hardy - strepitoso, che recita solo con gli occhi - è il pilota dell'aereo in avaria) per far sì che lo spettatore si concentri e si immedesimi sulle loro performance e si "dimentichi" il cambio di passo, ma noi non ci caschiamo...
Come già in Interstellar, anche qui Nolan è bravissimo nel mettere le carte in tavola ma molto meno nel giocare la partita. Costruisce uno scenario maestoso ma poi lo banalizza e lo tradisce con trovate grossolane e edulcorate che ci fanno ancora più dubitare della genuinità dell'opera (il ragazzo che muore sulla barca, l'aviatore che incendia il velivolo e si consegna ai tedeschi...). Dunkirk mostra ma non osa, prova ad accontentare tutti (il pubblico dei critici e quello delle sale, regalandogli l'happy end) ma alla fine il suo film più ambizioso non è nè carne nè pesce. Non ha il patriottismo spinto di uno Spielberg o un Gibson, e nemmeno la larghezza di vedute e l'onestà intellettuale di un Eastwood (che nel dittico Flags of our fathers e Lettere da Iwo Jima ha davvero fatto pace con la storia). Alla fine ciò che resta un buon film di guerra, che però non farà la storia del cinema, nemmeno di quello di genere.
Sono d'accordo con la tua recensione! Dopo un film tanto crudo e brutale sulla guerra, devo ammettere di essere rimasta estremamente infastidita, oserei dire disgustata, dal discorso di Churchill appiccicato proprio sul finale, ci stava come i cavoli a merenda. Come non ho davvero compreso l'aver mostrato il sentimento di vergogna/sconfitta dei pochi sopravvissuti che sono rientrati in Gran Bretagna... questa vergogna stonava con buona parte del film, o di quanto almeno ho inteso volesse comunicare il film (la disumanità della guerra, dove non ci sono vincitori, nè senso), non so se sia stata solo una mia impressione. Detto ciò, anche queste sensazioni di "fastidio" sono la prova che è una pellicola che colpisce, arriva sicuramente, scava nella mente e nel cuore, lasciando un segno.
RispondiEliminaSu questo non c'è dubbio: si potrà criticare o meno Nolan sui contenuti, ma nessuno dei suoi film lascia indifferenti e questo è un gran merito. Sulle tue considerazioni sono d'accordo al 100% :)
EliminaBel punto di vista! Io l'ho visto a fine luglio e devo dire che non mi è rimasto dentro un granché. Eccellente dal punto di vista tecnico, ma è un po' poco per urlare al capolavoro...
RispondiEliminaTecnicamente è un capolavoro. Ma un film non è fatto solo di tecnica, e quindi su tutto il resto si può discutere... ;)
EliminaPunto di vista interessante, anche se (personalmente) non lo condivido sul finale.
RispondiEliminaTu hai scritto qualcosa sul film? Adesso vado a letto... però poi vengo a leggerti!
EliminaSì, recensione bella lunga pure io ^^'
EliminaPer me non c'è nessuno sciovinismo. Nolan ha voluto ritrarre proprio un fallimento su tutta la linea, umano prima che militare, e l'occhiata finale del ragazzo fa capire tutto.
Questa la mia interpretazione.
Gli inglesi hanno un senso di orgoglio e patriottismo che per noi italiani è incomprensibile... noi non siamo come loro. A noi sembra un film retorico, per loro è un film eroico. E' questione di sensibilità nazionalista.
RispondiEliminaEsatto. È così.
EliminaNon discuto, ma non è questo il punto... il patriottismo mi sta bene, ma non a corrente alternata!
EliminaOvviamente il film è perfetto dal punto di vista tecnico (nessuno, a oggi, è ai livelli di eccellenza di Nolan e del suo gruppo di lavoro da questo punto di vista), così come della struttura narrativa. Per me è un capolavoro, e non bisogna aver paura di nominare questa parola se è giusto farlo (io nel 2017 ne ho visti due e uno che ci si avvicina molto). Sul significato dell'opera, non sono d'accordo con le tue considerazioni conclusive. Intanto, è evidente che l'opera sia corale e che le interpretazioni vadano più per sottrazione, e da questo punto di vista grandiosi sia Tom Hardy che il giovane Fionn Whitehead; poi, non c'è alcun finale "consolatorio"... narra la storia, è finita così. Non c'è alcun motivo per farlo finire a Dunkerque. Inoltre, il senso della sconfitta è quello comune a tutti quei soldati che vedevano solo una fine, e invece sono riusciti a tornare a casa, e da qui ecco quello che sarà il riscatto. Quel senso patriottico, peraltro esasperato dal doppiaggio italiano, è molto forte tra i britannici, perché la patria non è vista con quel significato retorico che da noi, dal Risorgimento in poi, ha assunto, ma come dovere e come protezione verso la casa (la "home" della versione originale, appunto), che ti accoglie e ti sostiene, sempre.
RispondiEliminaLa storia si può raccontare in tanti modi, nei libri come nei film. E non è un caso che la raccontino sempre i vincitori... come ho scritto nella recensione, ad oggi solo Eastwood ha avuto il coraggio di raccontare, da vincitore, anche la versione degli sconfitti. Ma a parte questo, ripeto, a me sta benissimo un film patriottico (e sono assolutamente d'accordo sul fatto che gli inglesi abbiano un senso della patria e della bandiera superiore al nostro) però non come lo racconta Dolan: doppiaggio o no, a mio personalissimo parere in "Dunkirk" la retorica è evidente e anche un po' fuori luogo. Le due scene che ho descritto sopra (la morte del ragazzo in barca e l'aviatore che incendia l'aereo) le trovo del tutto gratuite. Specialmente il finale. Sappiamo tutti che Tom Hardy atterra fuori dal perimetro alleato e quindi è chiaro che i tedeschi lo cattureranno... c'era bisogno di mostrare l'eroismo del pilota? Specie quando, lo ripeto, nella prima parte (la migliore) il film racconta pudicamente l'insensatezza della guerra. Sul fatto poi che tecnicamente sia un capolavoro, su questo non ci sono dubbi (anche vedendolo in una sala con "solo" un grande schermo e un ottimo sonoro, senza IMAX ;) )
EliminaPensa che c'è addirittura gente che ti toglie l'amicizia solo per pensare che uno schermo normale vada bene lo stesso... ;)
EliminaLo so. Ma questa è gente che ha problemi... ma grossi!
EliminaMi è piaciuto molto. Non solo tecnicamente (musica e fotografia grandiose), ma anche per la visione che dà della guerra : quello di chi vuole solo scappare da quell'inferno e salvare la pelle, come faremmo tutti noi.
RispondiEliminaTutto giusto, a parte gli ultimi venti minuti di film... opinione personalissima, ovviamente.
EliminaChi lo ha definito il film di guerra definitivo probabilmente non ne ha mai visto uno. In generale, concordo con te: bello, bellissimo, diretto e scritto con una perfezione che travalica la comprensibilità umana... ma in soldoni un film semplice, che regala ben poche emozioni salvo il terrore claustrofobico dato da acqua e colonna sonora.
RispondiEliminaEsatto... anche perchè in realtà è proprio l'aggettivo "definitivo" a non avere senso, per Dunkirk come per ogni altro film. Il cinema è sperimentazione, evoluzione, arte, e l'arte non è mai "definitiva".
EliminaSu tutto il resto, direi che siamo d'accordo ;)
a brevissimo lo vedrò pure io...e saprò dire la mia xD
RispondiElimina... aspetto news! :)
EliminaSicuramente, almeno per me, il film di Eastwood è molto più toccante e onesto, oltre che moralmente corretto. Sul fatto che possa sbancare tutto agli oscar... mah, sinceramente non saprei. Probabilmente potrà fare man bassa di Oscar tecnici, ma non so se riuscirà a prendersi le statuette più "pesanti": Nolan non è mai stato molto amato a Hollywood, e quest'anno la concorrenza è parecchio agguerrita...
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