sabato 22 aprile 2017

PERSONAL SHOPPER

(id.)
regia: Oliver Assayas(Francia, 2016)
cast: Kristen Stewart, Nora Von Waldstatten, Lars Eidinger, Andersen D. Lie
sceneggiatura: Oliver Assayas
fotografia: Yorick Le Saux
scenografia: Francois-Renaud Labarthe
montaggio: Marion Monnier
durata: 105 minuti
giudizio: 

trama:  La venticinquenne Maureen vive e lavora a Parigi come personal shopper per la diva Keira. Dopo l'improvvisa morte del fratello per arresto cardiaco scoprirà di avere (forse) la capacità di comunicare con i defunti, e soprattutto con lui.


dico la mia:  E' difficile, molto difficile, giudicare un film come Personal shopper, perchè è uno di quei film destinati inevitabilmente a dividere pubblico e critica: fischiato oppure applaudito (e di fischi ce ne furono tanti alla "prima" a Cannes), odiato oppure amatissimo (dai fan del regista parigino), certamente destinato a far discutere. Il che, intendiamoci, il più delle volte non è affatto un difetto, anzi.

Di sicuro va riconosciuto ad Oliver Assayas il merito (e il coraggio) di aver portato in un contesto tutto sommato "formale" e austero come il Festival di Cannes un'opera fuori dagli schemi e del tutto sui generis come questa, ovvero un film d'autore mascherato da b-movie, dichiaratamente provocatorio e dal soggetto altamente improbabile: Personal shopper è la storia di Maureen (una bravissima e matura Kristen Stewart, ormai vera musa del regista) una giovane donna che lavora a Parigi come assistente tuttofare di una diva capricciosa, e che dopo la tragica morte di suo fratello gemello ha scoperto (o almeno crede) di poter comunicare con l'aldilà.

Maureen ha il compito di acquistare abiti e accessori costosissimi per conto della top-model  Keira, con il divieto assoluto di indossarli. Ogni giorno fa la spola in motorino tra l'appartamento in centro della diva e una misteriosa villa in campagna dove si reca per evocare lo spirito del fratello. A un certo punto sul suo smartphone cominciano ad arrivare misteriosi messaggi da parte di qualcuno che pare spiarla e che, evidentemente, la conosce molto bene (indovinate chi...) Fino a quando lo stalking diventerà così ambiguo che Maureen ne resterà quasi affascinata, arrivando addirittura ad accettare una specie di appuntamento al buio in una camera di un lussuoso albergo del centro...

Diciamolo subito: per prendere sul serio e per provare ad apprezzare questo film occorre un'esagerata sospensione d'incredulità. Ma proprio tanta. Difficilmente ritroveremo sugli schermi una trama così strampalata e una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti, con alcuni dettagli che (s)cadono nel ridicolo involontario: come è possibile che una celebrità acquisti collane di Cartier dal prezzo spropositato e le faccia trasportare in motorino (e dentro il sacchetto della spesa!) alla sua tirapiedi? E come è possibile (spoiler!) che la polizia parigina lasci uscire dalla caserma con un buffetto una persona che è la principale indiziata di un omicidio? Lasciamo perdere. Quello che si salva invece, e alla grande, è sicuramente la regìa: nonostante tutto, infatti, il film "inchioda" lo spettatore e lo coinvolge dalla prima all'ultima scena, il premio vinto a Cannes non è affatto scandaloso.

E' evidente che ad Assayas non interessa molto la veridicità dalla trama (ma è troppo facile cavarsela così) quanto mostrarci il contrasto, stridente, tra la vacuità di un ambiente asettico e impersonale come quello della moda e il dramma familiare, vero e incurabile, della protagonista. Maureen svolge un lavoro che non ama, catapultata suo malgrado in un mondo dominato dalla superficialità e l'apparenza: lo fa solo per rimanere in contatto con il fratello morto, perchè si rende conto che la sua vita, la vera vita, le sta inesorabilmente sfuggendo di mano...

Personal shopper è un tentativo (in parte maldestro) di farci riflettere sull'utilità del dolore, l'elaborazione del lutto, e di quanto ormai la tecnologia sia entrata a gamba tesa nel nostro quotidiano tanto da farci confondere spesso l'apparenza dal reale. Proprio questo è l'aspetto più interessante e riuscito del film: mostrarci quanto i social network ci condizionano e ci isolano dal mondo, rinchiudendoci inconsapevolmente dentro prigioni mentali da cui poi è difficilissimo uscire. Maureen cerca ogni giorno di sopravvivere alla perdita del fratello, eppure passa le giornate china sul suo smartphone, ostaggio di un'effimera illusione. E lo smartphone, mai come in questo film, assurge al ruolo di migliore attore protagonista.

12 commenti:

  1. Ovviamente di vederlo dalle mie parti non se ne parla, ma la tua recensione come al solito mi mette grande curiosità. Spero di recuperarlo presto, al cinema o con i soliti metodi "alternativi"
    Buona domenica!
    Mauro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti, al solito, è stato distribuito in pochissime copie. Però ha una media per schermo molto alta, a testimonianza che il buon cinema ha sempre i suoi spettatori affezionati... spero che tu riesca a vederlo!

      Elimina
  2. Sarà, io comunque una sbirciatina gliela voglio dare? Solo una sbirciatina? Dai me lo guardo, poi se è quello che è di certo non gli metterò un buon voto ^_^

    RispondiElimina
  3. Non ho mai capito il motivo di tutto questo astio verso Kristen Stewart (non mi riferisco a te ovviamente), che ha seguito un percorso di crescita del tutto simile a molte altre sue colleghe affermate: è un forse un reato aver recitato in "Twilight"? Come se fosse l'unica ad avere qualche peccato di gioventù. Mah.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sinceramente non me lo spiego nemmeno io. Tutte le giovani attrici (e attori) hanno iniziato con filmetti di consumo, destinati al pubblico di grana grossa. Non ci vedo niente di strano e nemmeno niente di male. Però, è vero, alla Stewart le si rinfaccia sempre "Twilight" come se fosse un "marchio" di cui portare vergogna... una cosa assurda, visto che in seguito ha dimostrato eccome di saper recitare!

      Elimina
  4. Uh, c'è un'altra ingenuità di fondo verso la fine del film (ha a che fare con le doti da medium di Maureen e un bicchiere), e a parte il mancato equilibrio tra 'trhiller' e spiritismo, Assayas ci ha confezionato un McGuffin interessante! ;-)
    E la Stewart è brava e lo dimostra solo con una scena: ha la grazia di un camionista, ma appena mette i tacchi si muove come una modella, ergo, sa trasformarsi in un nano secondo, mica male!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Assolutamente d'accordo. A me non piace particolarmente dal punto di vista estetico (non sto dicendo che è brutta, ma solo che... non è il mio tipo ;) ) però è verissimo quello che dici: ha il carisma e la versatilità da vera attrice. Indubbiamente.

      Elimina
  5. Non mi è sembrato granchè originale: anzi, a dirla tutta mi pare abbia ripreso pari pari La Corrispondenza di Tornatore. O sono io che penso male?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In verità... non sei la prima ad avere notato questa cosa. Però, secondo me, lascia il tempo che trova: il Maestro Morricone diceva che "le note sono solo sette" ed è sempre più difficile inventare qualcosa di nuovo, e nel cinema vale lo stesso discorso. Insomma, non lo definirei "plagio".
      Una cosa è certa: questo è un film dignitoso, quello di Tornatore è un film terribile (imho ovviamente)

      Elimina
  6. Più o meno le mie stesse impressioni. Non ho ancora capito se mi sia piaciuto o meno...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Imperfetto (parecchio!) ma per certi versi affascinante... per contro ci sono film stilisticamente perfetti ma assolutamente vuoti. Tra le due scelgo sempre la prima ipotesi.

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...