mercoledì 22 febbraio 2017

JACKIE

(id.)
regia: Pablo Larraìn (Usa, 2016)
cast: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, John Hurt, Greta Gerwig, Billy Crudup
sceneggiatura: Noah Oppenheim
fotografia: Stèphane Fontaine
scenografia: Jean Rabasse
montaggio: Sebastian Sepulveda
musica: Mica Levi
durata: 91 minuti
giudizio: 

trama:  Le 96 ore successive all'omicidio di John Fitzgerald Kennedy viste dalla parte della ormai ex first-lady Jacqueline (detta "Jackie"), costretta a dibattersi tra il dolore lacerante per la morte del marito, la preparazione dei funerali di Stato e le schermaglie politiche di chi vorrebbe subito insediarsi al suo posto alla Casa Bianca...


dico la mia:  Non è affatto un caso, secondo me, che Pablo Larraìn abbia scelto proprio Jackie per il suo debutto alla regia in lingua inglese. Se ci pensate bene, finora tutti i film del regista cileno avevano immortalato momenti salienti (e altamente drammatici) della storia del proprio paese: dalla morte di Salvador Allende (in Post Mortem) alla dittatura spietata di Pinochet (in Tony Manero, ma soprattutto in Neruda), fino alla difficile transizione verso la democrazia (in No, i giorni dell'arcobaleno e nel successivo Il Club). E ora, nel suo primo film "americano", Larraìn ci racconta di come tutto ebbe inizio: non è un mistero, infatti, che la dittatura cilena fosse stata tacitamente avallata e sostenuta dagli Stati Uniti, a cominciare proprio da quei governi che si succedettero alla tragica fine di John Fitzgerald Kennedy, segnando uno spartiacque nella storia moderna...

L'assassinio di Kennedy sancì la perdita dell'innocenza di una nazione intera e il crollo delle speranze (e degli alibi) per un paese che si scopriva vulnerabile e bellicoso, ferito e vendicativo, cancellando l'immagine di culla della democrazia e sentinella del mondo che fin lì si era faticosamente costruito. Il re, insomma, era nudo, e ci voleva uno come Pablo Larraìn per descriverci (meravigliosamente) questo passaggio cruciale, attraverso un film di incredibile portata artistica, storica e politica. E sono convinto che un film del genere non avrebbe mai potuto essere girato da un regista statunitense: ne sarebbe venuta fuori una pellicola retorica, ampollosa, tronfiamente auto-celebrativa, che magari avrebbe fatto incetta di Oscar ma che non avrebbe mai potuto raggiungere questi livelli di assoluta eccellenza (e non a caso Jackie, così "estraneo" a Hollywood e così poco patriottico, è stato pressochè ignorato dall'Academy: normale).

Secondo una formula già ampiamente collaudata in passato, Larraìn sceglie di raccontare la Storia da un punto di vista diverso da quello del protagonista: solo che stavolta a renderci partecipi della tragicità di quei giorni è proprio la persona che più di ogni altra sopportò il dolore di un evento che sconvolse il mondo ma anche il suo privato, la sua intimità. Eccellente, in questo caso, la scelta di affidare a Natalie Portman il ruolo della moglie Jaqueline ("Jackie", per i rotocalchi e l'opinione pubblica). La Portman offre un'interpretazione semplicemente straordinaria per aderenza al personaggio, movenze, stile, classe, caricandosi sulle spalle tutto il peso della pellicola e, metaforicamente, tutto il dolore di una donna, di una mamma, di una first-lady e di una vedova, alle prese con avvenimenti più grandi di lei e circondata da figure ignobili, avvoltoi in giacca e cravatta, pronti a calpestare senza ritegno il cadavere ancora caldo del marito defunto.

Il canovaccio del film è l'intervista (vera) che Jaqueline Kennedy rilasciò al viscido giornalista di Life Theodore H. White dieci giorni dopo l'omicidio di Dallas. L'ex first-lady racconta la sua versione dei fatti e da lì partono i vari flashback che illuminano il film. Kennedy morì tra le braccia della moglie il 22 novembre del 1963 e sullo sguardo atterrito e disperato di Jackie si posarono gli occhi di tutto il mondo: basterebbe la scena in cui Natalie Portman stringe a sè il cranio spappolato del marito per rendersi conto della differenza tra un bel film e un capolavoro... Jackie indossò il tailleur insanguinato per tutto il viaggio, perfino sull'aereo che riportò la salma a Washington. Gli servì tutta la forza di cui neppure immaginava di disporre per superare gli eventi e reagire alla tragedia: c'era da seppellire un Presidente, spiegarlo ai figli, organizzare la cerimonia, sgomberare la Casa Bianca per far posto al nuovo inquilino (il subdolo Lyndon B. Johnson), mostrarsi al mondo e rassicurare una nazione intera, che fino a quel momento l'aveva considerata niente più che una specie di bambola muta ed elegante, dedita alla moda e all'alta società.

Si capisce subito che a Larraìn non interessa più di tanto la ricostruzione dei fatti (a quello, del resto, ci aveva già pensato Oliver Stone oltre un quarto di secolo fa) quanto rappresentare il dramma umano, allo stesso tempo pubblico e privato, di una donna che ha perso la persona che più amava al mondo. Una donna potente eppure sola, come qualunque altra, nel momento più difficile della sua vita... esemplare in tal senso la scena in cui la si vede raggiungere in auto il corteo funebre, con la macchina da presa che riprende il funerale attraverso il vetro del finestrino, quasi a simboleggiare il distacco tra il suo dolore e tutto quello che c'è fuori: suo marito sta ormai diventando leggenda, lei semplicemente una donna con un lutto da elaborare.

Jackie è il film più bello, complesso, emozionante, commovente, importante dell'anno. Un film enorme, assoluto, che fa riflettere sul senso della perdita e di come spesso siamo costretti a porci di fronte al dramma personale, soprattutto da parte di chi non può permettersi di farsi sopraffare dagli eventi. Larraìn ci riesce alla grande, condensando questo crogiuolo di sentimenti in 91 minuti secchi, senza fronzoli e pietismi di forza (e anche questo è un gran merito). E' la storia di una donna e di una nazione che in un colpo solo perdono improvvisamente tutto: il potere, la felicità, la fama, l'idillio di una famiglia potente ma anche intimamente "normale". E' il crollo dell'innocenza e la fine di un'epoca, esattamente come il regno di Camelot: lo sceneggiato tanto amato dal Presidente e assurto a simbolo di un benessere ormai tragicamente infranto.

34 commenti:

  1. Ammappeta...spero di riuscire a vederlo presto. Una domanda.Mia figlia, 8 anni (sveglissima) è venuta con me a vedere "La La Land", prima del film ha visto il trailer di "Jackie" e ha detto che le piacerebbe..portarla con me sarebbe una follia?Ha già visto roba come "Creed" e "Veloce come il vento" (cresce bene la pulce..)

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    1. Beh, una follia forse no però... secondo me otto anni sono troppo pochi per un film del genere. Temo che si annoierebbe a morte, a quell'età (giustamente!) non si può sapere chi era Jaqueline Kennedy e tutte le implicazioni politiche e umane che comportò l'assassinio del marito. "Creed" e "Veloce come il vento" hanno una trama molto più fruibile e comprensibile, e non faccio fatica a credere che le siano piaciuti. Questo però lo vedo davvero un po' troppo difficile per una bimba di otto anni...

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  2. A rendere il film enorme, per me, oltre agli aspetti tecnici da applausi, a una Portman immensa, il fatto di non far sembrare superfluo e inutile l'ennesima visione della morte di JFK, ma dando un nuovo punto di vista, una nuova narrazione all'evento. Mica cosa da poco, visti i tanti -troppi- precedenti :)

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    1. Esatto! Infatti, come ho scritto, a mio avviso questo film è l'ideale prosecuzione del discorso filmico/storico di Larraìn, e quindi personalissimo, che nulla ha che vedere con le precedenti versioni di altri registi. Inoltre offre un punto di vista "esterno", da parte di un regista non americano e quindi scevro da condizionamenti. E non un caso, secondo me, che sia stato così bistrattato in sede di Oscar...

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  3. Sai già cosa ne penso, e aggiungo che mi piace la visione che Larrain da di Jackie: non solo una delle più eleganti e belle first lady, ma anche una donna forte, mostrandoci un lato inedito che ha sempre dovuto nascondere.

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    1. Una grandissima interpretazione di una grandissima attrice. Giuro che mi ha fatto piangere, mi sono commosso... e non è che mi succede così spesso!

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  4. Finalmente esce! Domani stesso vado a vederlo e ti saprò dire, sappi però che mi hai messo l' hype troppo alto e questo può essere mooolto controproducente! ;)

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    1. Lo so ;) ma sono deciso a correre il rischio... questo per me è uno di quei film che non si possono non amare, e in ogni caso meritano assolutamente la visione per tutte le implicazioni che hanno dentro. Spero che venga visto da più gente possibile, indipendentemente dalle opinioni personali, perchè è cinema allo stato puro!

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  5. Ammappeta se ti è piaciuto! È piaciuto anche a me, eh, ma in tutta onestà mi ha un po' spiazzata: l'ho sentito molto più distante di quanto mi aspettassi. Forse mi ero fatta un'idea sbagliata, forse il fatto che non conoscessi il regista non ha giovato, ma non mi ha colpito come ha colpito te. Spero di avere modo di rivederlo, questa volta coscientemente. Anche perché una seconda visione la merita tutta: tecnicamente come giustamente fai notare è un film enorme. La Portman poi è meravigliosa, di una compostezza regale.

    P.S.: però per me il film dell'anno, sino ad ora, è Arrival. :-D

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    1. Sai, il coinvolgimento è una cosa talmente personale che esula dal film e dalla critica. Ci sono film tecnicamente bellissimi ma che non ti "prendono" perchè non rientrano nelle linee del tuo carattere e c'è poco da fare... è giusto così. Però ti consiglio di recuperare tutti i film di Larraìn, per prima cosa perchè è un grande regista (forse il più grande della sua generazione) e poi perchè, appunto, secondo me c'è un filo logico che da "Tony Manero" arriva fino a "Jackie", e vedendo le sue opere si capisce meglio l'autore e si apprezzano di più.

      Per quanto riguarda "Arrival", a me è piaciuto... diciamo dalla cintola in giù: la seconda parte è molto bella (il finale è stupendo e commovente) però l'inizio è inevitabilmente già visto, poco innovativo. Fermo restando che siamo comunque su livelli di eccellenza, ci mancherebbe.

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  6. Non l'ho ancora visto, ma mi aspetto davvero tanto.
    Speriamo bene.

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  7. Spendo due parole per ricordare anche il grande John Hurt, presente con un cameo che lascia il segno. Indimenticabile.

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    1. Vero, hai fatto benissimo a ricordarlo. "Jackie" è stato il suo ultimo film, e il suo ruolo seppur minore lascia indubbiamente il segno. Un gigante.

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  8. Secondo me la figura centrale (cioè la Portman, meravigliosa) supera l'opera in sè: mi è parso un film fin troppo confezionato e costruito per emozionare davvero, a differenza di altri film di Larraìn. Comunque da vedere.

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    1. Su questo tema, il film "confezionato", ho già dibattuto in passato... per me non è assolutamente un problema se un film viene fatto su commissione, perchè se l'autore è un autore (come lo è Larrain) lo stile e l' "anima" si sentono sempre. Per me "Jackie", come ho scritto, è un film larrainiano al 100% e lo considero un ideale punto di arrivo per la sua filmografia, un cerchio che si chiude. Gli hanno proposto il film, lui ha sentito che era nelle sue corde ed ha accettato realizzando un capolavoro: dov'è il probelma?

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  9. Visto, finalmente. L'ho trovato un po' asettico e non mi ha coinvolto come ha coinvolto te, ma dal punto di vista tecnico e registico è davvero sublime. Ottimo film, e al solito grazie per il consiglio.
    Buona serata.
    Mauro

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    1. Caro Mauro, come ho scritto sopra il coinvolgimento è una cosa talmente intima e personale che... o lo senti o non lo senti, c'è poco da fare. Ma sono contentissimo che hai apprezzato il film sotto gli aspetti tecnici, secondo me merita davvero.
      Grazie, e buona serata anche a te!

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  10. Stavolta non mi ha proprio convinto, Jackie non era una pazza nevrotica: lo dicono tutte le biografie "serie" e soprattutto non era succube del marito. Fu il primo simbolo, iconico, di eleganza e indipendenza, cosa da questo film non traspare per nulla. Mi ha molto delusa.

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    1. Che dirti? Rispetto ogni opinione, ma se mi dici che il personaggio di Jackie in questo film è quello di una pazza nevrotica credo che non hai capito bene il vero significato della pellicola... dico sul serio, senza offesa. Se vuoi ne parliamo.

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  11. Beh, l'aspettavo da un po' la recensione di "Jackie"... Anche se nei giorni veneziani ricordo bene le tue più che intriganti anticipazioni. Sorvolo su quel periodo e su un po' di (sana, of course) invidia per avere visto dal vivo la per noi da sempre e per sempre Divina Natalie... Spero prima o poi si concretizzi anche per il sottoscritto codesto sogno :-) Venendo a "Jackie", condivido assolutamente tutto ciò che hai scritto: grande film, appassionante, struggente, inebriante; impossibile in effetti non emozionarsi. E trattasi di un """biopic"""... solo pochi registi, come Larrain (che infatti è fra i migliori in assoluto), possono riuscire a rendere interessante un genere tra i più convenzionali. Altro che film "americano", come giustamente hai riportato. Sarebbe mainstream una coproduzione di 3 nazioni costata solo 9 mln $? Sarà anche su commissione, ma "Jackie" è un film DI Larrain. Per il resto speriamo riesca a tramutare almeno una delle (troppo poche) candidature in statuetta; sarebbe davvero un peccato rimanesse a mani vuote. Ciao Sauro!

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    1. Ciao Alex! Che bello questo tuo commento pieno di "sano" entusiasamo... quasi contagioso! :)
      Ti ringrazio per le tue parole e ti invito, in futuro, a considerare l'idea di vivere appieno la Mostra di Venezia: in realtà è molto più semplice di quello che pensi. Ovviamente non posso prevedere se e quando tornerà Natalie :) ma Venezia offre sempre ottimi motivi per andare. Se vuoi ne possiamo parlare in privato e ti darò tutti i suggerimenti per partecipare.

      Riguardo "Jackie", credo purtroppo che non vincerà niente ma lo davo per scontato. Ma tanto a noi... che ce ne importa? ;)

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    2. Quasi da tifoso impazzito... Ma dopotutto il soggetto è come minimo stimolante :) Peccato che nel frattempo, quanto a statuette, si sia avverato il nostro pronostico; sarebbe stato bello un ulteriore errore del tipo "oh, sorry Emma, the Oscar goes to... Natalie"!

      Ma soprattutto ti ringrazio Sauro per la graditissima proposta, che come puoi immaginare è molto allettante. Sono sicuro non avrei persona migliore per illuminarmi sulla Mostra; l'unica edizione di un festival che ho seguito quasi per intero è stata una di Locarno, mentre a Venezia ci feci solo un salto di appena 48h, peraltro non particolarmente pianificato, due lustri fa. Quindi spero di disturbarti in un futuro piuttosto prossimo. Ciao!

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    3. Grande Alex! Eh, sì: sarebbe stato proprio bello quello scambio di buste!:)

      E riguardo Venezia... se ti interessa davvero ne riparliamo verso giugno, quando si richiedono gli accrediti!

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  12. Visto ieri sera. Premettendo che non ho mai visto nulla di Larrain e che non conoscevo il suo stile, ti dirò che non mi è piaciuto come mi aspettavo, l'ho trovato freddo, cinico, pesante. La Portman è di una bravura indiscutibile, si è calata nel personaggio con dedizione totale e certi primi piani con i suoi occhi colmi di dolore sono potentissimi. Tuttavia, nel complesso, mi è sembrato un film finalizzato solo a far emergere il suo talento, confezionato ad hoc e su misura per farle vincere l'Oscar, privo di un'autonomia rispetto all'Attrice.
    In certi momenti poi Jackie mi è stata antipatica, ma questo ha a che fare più con la persona che con il personaggio.
    Praticamente tutto l'opposto di quello che dici tu e del tuo entusiasmo (non si può andare sempre d'accordo ;))

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    1. Ci mancherebbe :) sai che monotonia se tutti la pensassimo allo stesso modo!

      Ti dico una cosa, però: indubbiamente il fatto di non aver mai visto nulla di Larraìn ha un suo peso. Il suo è un cinema particolarissimo, lontano dagli standard hollywoodiani, essenziale, pragmatico, senza fronzoli, quasi cinico nella messinscena. E' un cinema al quale bisogna abituarsi: prova a recuperare qualcuno dei suoi titoli passati (tanto sono pochissimi) e magari... ti cambia la prospettiva! ;)

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  13. Ciao! Che dirti? Visto ieri sera, la seconda volta che ci provavo. Purtroppo non mi ha esaltato come te, mi ritrovo abbastanza nei commenti degli altri e devo dire a malincuore perché avrei voluto appoggiarti, so cosa significa amare tanto un film.
    Non sono riuscita ad avvicinarmi a lei e non so il perché. Ho letto la sua biografia e probabilmente è una donna con cui non ho mai sviluppato un' empatia particolare, credo sia questo alla base il fatto che non mi abbia affascinata più di tanto, e in quanto ad emozionarmi, no, purtroppo neanche quello. L'ho trovato freddo sai, le inquadrature sul suo pianto, forzate, troppo esibito il tutto e messo in risalto, ottieni l'effetto opposto in questo modo secondo me.
    A livello di film certamente fatto bene, ma sono sincera non lo riguarderei, ero curiosa di sapere come andarono i fatti ma emotivamente sono rimasta lontana.
    Natalie brava, già lo sappiamo, niente da dire....prima della classe che però allontana.

    Spero che resteremo amici, è "solo" un film, ma forse Natalie ha un po' influenzato il tuo giudizio.😁 Sono contenta comunque di averlo finalmente visto, fare un film su una donna deve veramente interessarti la sua figura, probabilmente Jackie non è una figura a me così cara e la partecipazione è stata scarsa da parte mia.
    Un abbraccio, buona domenica.

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    1. Se hai visto il film aspettandoti una ricostruzione fedele dei fatti, capisco perchè sei rimasta delusa. "Jackie" non è un film d'inchiesta e non vuole esserlo (a quello ci aveva già pensato Oliver Stone con "JFK"), così come nessun film di Larraìn è un vero e proprio biopic (pensiamo anche a "Neruda" o "NO, i giorni dell'arcobaleno", entrambi molto sui generis). Lo scopo di Larraìn era quello di rappresentare il dramma intimo, privato di una donna famosa, forse la più famosa al mondo. La "freddezza" che tu hai provato è la stessa freddezza che prova Jackie nei confronti di tutti quelli che le stanno intorno, come avvoltoi, pronti ad occupare il posto che lei prima o poi lascerà. E' una freddezza voluta, calcolata, a simboleggiare il distacco tra il personaggio pubblico e privato (la scena dei funerali ripresa da dietro il vetro della macchina, metafora visivamente "fisica" di questo concetto, a mio avviso è straordinaria). Larraìn è un regista difficile, particolare, non molto empatico con lo spettatore che deve abituarsi al suo cinema. Ma quando ci riesce, film come questo sono manna dal cielo. E la Portman qui è mostruosamente brava: per me la sua miglior interpretazione di sempre.

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  14. "A taxi driver" che fine ha fatto, l'hai poi visto?

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    1. macchè... è sempre lì. prima o poi arriverà il suo turno ;)

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