(id.)
di Paolo Virzì (Italia, 2016)
con Micaela Ramazzotti, Valeria Bruni Tedeschi, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Marco Messeri, Anna Galiena
durata: 118 minuti
★★★★☆
Dalle brume della Brianza al sole di Viareggio, passando per le paillettes di Cannes: tre anni dopo il bellissimo Il capitale umano, Paolo Virzì torna al cinema con una storia "tipica delle sue", fatta di risate e lacrime, comicità e impegno sociale. Come ai vecchi tempi, insomma, ma con la consapevolezza di rituffarsi in terreno difficile dove il rischio di ripetersi è sempre in agguato: pericolo fugato però dalla platea della Quinzaine francese (notoriamente avara di complimenti per i prodotti di casa nostra) che ha premiato il regista e le sue attrici con un lunghissimo e caloroso applauso.
La pazza gioia, ormai lo sapete tutti, è la storia di due donne complicate e "fuggitive" (ma evitiamo per favore i paragoni sballati con Thelma e Louise: questa è una vicenda tipicamente italiana, per situazioni, tematiche e sensibilità): Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi sono le protagoniste assolute del film e anche il suo valore aggiunto. Sono semplicemente perfette, credibili, fondamentali in una pellicola cui basterebbe davvero poco per sbandare pericolosamente verso un pietismo ipocrita e di facciata, e che invece riesce ad essere sincera e genuina fino alla fine, toccando punte di commozione assolutamente spontanee e naturali.
Virzì torna dunque alle origini, nella sua amata Toscana, precisamente a Villa Biondi (nei dintorni di Pistoia): in un casale di campagna adibito ad ospedale psichiatrico per sole donne si incrociano le esistenze di Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi), una mitomane logorroica e razzista che si spaccia per aristocratica e adora Berlusconi (un sant'uomo perseguitato dai giudici, a sentire lei...) e della "plebea" Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti), personaggio tormentato e tormentoso, piena di tatuaggi e cicatrici fisiche e morali, che non trova più ragioni per vivere dopo che le è stato sottratto il figlio. Le due all'inizio si detestano cordialmente ma poi, complice una fortuita coincidenza, scappano insieme dal ricovero coatto dirigendosi verso una felicità impossibile...
La pazza gioia è un racconto di grande intimità e sofferenza, che ha l'enorme merito di affrontare il dramma delle malattie mentali con umanità e ironia, alternando momenti drammatici ad attimi di esilarante comicità senza mai essere ricattatorio nei confronti dello spettatore (e a mio avviso gran parte del merito in questo caso va alla sceneggiatura inedita di Francesca Archibugi, amica di vecchia data del regista e particolarmente a suo agio nella materia - peraltro già trattata tanti anni fa nel suo film più famoso, Il grande cocomero - e dotata di una sensibilità fuori del comune, tipicamente femminile). Certo, per lo spettatore è difficile immedesimarsi in due personaggi così volutamente "estremi", tuttavia è impossibile non provare fin da subito sincera empatia per entrambe, persone problematiche ma vere alle prese con un mondo ben peggiore di loro.
Ottime, ribadisco, le prove delle due protagoniste: a Valeria Bruni Tedeschi è affidata, a sorpresa, la parte comica e sopra le righe della pellicola, superando l'esame a pieni voti. Ma la vera sorpresa arriva dalla signora Virzì, ovvero Micaela Ramazzotti, quasi muta, paralizzata dal dolore e "spalla" paziente per 3/4 del film per poi "esplodere" nel finale, stritolando letteralmente i nostri cuori con un monologo di grande intensità: ammetto di non averla mai troppo amata, nè come attrice nè come persona, ma sarei intellettualmente disonesto se non le riconoscessi i giusti meriti e i suoi grandi progressi professionali.
La pazza gioia non raggiunge la perfezione stilistica e l'impegno civile de Il capitale umano: è un film che prende più al cuore che alla testa, facendo leva sui sentimenti. La prima parte è un po' stiracchiata, non esente da evitabili banalità (vedasi la scontatissima e inflazionata scena della fuga dal ristorante) tuttavia man mano che ci si avvicina all'epilogo la comicità lascia spazio alle emozioni e al desiderio di giustizia, di umanità, di riscatto morale e materiale. E' un film che coinvolge e si fa amare, e che conferma Virzì come autore a tutto tondo, capace di mettere nelle sue opere la giusta dose di leggerezza e denuncia sociale, invitandoti a riflettere senza mai appesantire. Degno erede di una tradizione di "commedia all'italiana" che nulla ha a che vedere con inumerevoli filmetti che, purtroppo, troppe volte ingolfano le nostre sale.
Visto ieri sera, e non posso che condividere in toto quello che hai scritto. Virzì si conferma come uno dei migliori commediografi italiani, non sbaglia praticamente un film!
RispondiEliminaBuonanotte.
Mauro
Io, a dire la verità, non ho amato un certo periodo "buonista" di Virzì (guardacaso quello appena successivo al suo matrimonio, e per questo lo perdono :) ) che ha coinciso con "La prima cosa bella" e "Tutti i santi giorni, dove la melensaggine prendeva il sopravvento... ma con gli ultimi due film è tornato lui!
EliminaA me, purtroppo, Il capitale umano non era piaciuto.
RispondiEliminaConfido tantissimo in questo, perché Virzì mi piace tanto tanto.
Speriamo passi in sala, dalle mie parti: proiettano tutto in ritardo (e il film di Violetta) :-P
"Il capitale umano", in effetti, è il film più lontano dal suo modo di fare cinema, e capisco che possa un po' "destabilizzare" i fan. Tuttavia, per me rimane il suo film migliore. Qui però si torna all'antico, alle commedie più classiche della sua filmografia. Insomma: è Virzì al 100%, e quindi corri al cinema!
EliminaLa conferma che il cinema italiano è vivo e tanti nostri registi giovani e meno giovani sono di alto livello.
RispondiEliminaAltro film centrato per Virzì con una strepitosa Valeria Bruni Tedeschi.
Quoto tutto, in particolar modo la riflessione sul cinema italiano!
EliminaOttima la riflessione sulla malattia e l' a-normalità congenita di un paese intero. La Bruni tedeschi è la nuova Monica Vitti. Un gran bel film, insomma!
RispondiEliminaVero. Il paragone con Monica Vitti ci sta tutto, ed è un gran complimento per Valeria Bruni Tedeschi.
EliminaAncora non l'ho visto e temevo che fosse una ripetizione ma fortunatamente a quanto scrivi pericolo scampato! Meno male perché amo molto Virzì!
RispondiEliminaBeh, dipende che intendi per "ripetizione", nel senso che è certamente in linea con il suo stile: però l'argomento e soprattutto lo svolgimento meritano eccome1
EliminaEccomi.. Film visto.. e super apprezzato. Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto!
EliminaEccomi.. Film visto.. e super apprezzato. Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto!
EliminaLo sapevo che non ti avrebbe deluso... non solo te, ma anche la stragrande maggioranza di critici e spettatori.
EliminaNon ho visto Il Capitale Umano ma a questo punto mi sa che devo recuperarlo... :)
RispondiEliminaDirei proprio di sì! :)
EliminaVirzì è una delle poche certezze del cinema italiano, non vedo l'ora di andare a vederlo :)
RispondiEliminaE' vero: ripeto, passato il momento di zuccheroso "buonismo" successivo alle nozze, non ha sbagliato più un film. e anche questo "merita".
EliminaSono d'accordissimo sul fatto di non accostarlo troppo a Thelma e Louise, come ha fatto il 90% della critica italiana, che ormai è critica solo di nome... basta vedersi un paio di film di Virzì, a caso, per capire quanto sia "suo" questo film
RispondiEliminaEsatto. Questo dimostra quanto sia superficiale CERTA la critica italiana (non tutta, per fortuna). E' vero che nel film c'è una citazione esplicita a "Thelma & Louise", ma accostare le due pellicole semplicemente non ha senso. Virzì e Scott (entrambi grandissimi, eh!) hanno stile, formazione e sensibiità totalmente diversi.
EliminaOttima recensione, d'accordo con te!
RispondiEliminaGrazie!
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