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di Federico Micali (Italia, 2015)
con Francesco Turbanti, Robin Mugnaini, Matilda Lutz, Claudio Bigagli, Paolo Hendel, Anna Meacci
durata: 88 minuti
★★★☆☆
Ci sono film che si fanno amare più per l'argomento che per il film stesso, e che non vorresti mai smettere di vedere per le emozioni e la nostalgia che ti suscitano... anche se poi, a dire il vero (o forse proprio per quello) tali emozioni non le hai mai davvero vissute ma solo sentite dire. D'altronde, come diceva qualcuno più bravo di me, "quando la leggenda incontra la realtà, vince sempre la leggenda..."
E il Cinema Universale di Firenze è leggenda pura nel capoluogo toscano: una sala nata negli anni '40 e che ne ha viste davvero di tutti i colori: prima l'età d'oro dei peplum, poi quella dei western all'italiana, poi la svolta "impegnata" con i film d'impegno civile post-sessantottino, la crisi (di incassi e di valori) degli anni '80 fino alla mesta chiusura avvenuta nel 1989, prima di essere trasformato per qualche tempo in discoteca. Chi scrive queste righe non è più giovanissimo ma nemmeno troppo anziano per ricordarsi del "mito" de L'Universale, eppure il film di Federico Micali (mio coetaneo, e quindi nemmeno lui "testimone attivo" dell'epoca) riesce ad appassionare anche chi non ha vissuto direttamente quegli anni, grazie alla genuinità di fondo e il sapiente uso di malinconia e humour, e soprattutto alla capacità di farci rivivere, citando lo stesso regista "un periodo eccezionale per Firenze e per l'Italia, e di cui il cinema - inteso come sala di proiezione - ne era la cartina di tornasole".
La struttura del film è semplicissima (forse troppo), e anche piuttosto scontata: una specie di "meglio gioventù" fiorentina, vista attraverso le storie (inventate) di tre ragazzi cresciuti negli anni della contestazione e della militanza politica, che prendono strade diverse a seconda della loro indole. Così il protagonista Tommaso Nencioni (Francesco Turbanti), pacato e riflessivo, vede progressivamente allontanarsi i suoi amici d'infanzia Marcello (Robin Mugnaini) e Alice (Matilda Lutz), "vittime" del terrorismo e della droga, ma principalmente dell'ideologia e dell'ingenuità, miste all'incoscienza, tipiche degli anni '70. Tuttavia, come si racconta nel film, "sentirsi soli all'Universale era praticamente impossibile": Tommaso, figlio del proiezionista e poi lui stesso "erede" del mestiere, descrive amabilmente la fauna buffa che gravitava intorno a questo luogo dell'anima, raccontandola con dovizia di (esilaranti) particolari: dalle rane gettate in sala agli apprezzamenti irriguardosi verso la cassiera, dal pazzo che irrompe in Vespa nel bel mezzo della proiezione alla maschera-sfinge che non pronuncia mai una parola, dalla platea che sbadiglia guardando Kurosawa alla stessa platea che impazzisce con Ultimo tango a Parigi...
L'Universale ci riporta a un'epoca che non c'è più, in cui si andava al cinema non tanto per il film proiettato ma per il gusto dello stare insieme alla gente. Un'epoca in cui al cinema ci si andava col vestito buono, per passarci le giornate (un film lo potevi rivedere anche 3-4 volte senza che nessuno ti dicesse nulla) oppure semplicemente per fumare in santa pace in compagnia degli amici. All' Universale "il vero protagonista era il pubblico", specchio di una generazione con pochi soldi e tante idee, forse utopistiche ma vitali. E' un film per nostalgici ma anche per cinefili, marcatamente regionale, con lessico e humour tipicamente toscani, ma il cui "spirito" è perfettamente comprensibile ad ogni latitudine.
Tratto da un documentario del 2008 dello stesso regista (Il Cinema Universale d'Essai), girato frettolosamente in poche settimane, impreziosito dal contributo disinteressato di tanti autori toscani (Paolo Hendel, Anna Meacci, Claudio Bigagli, Vauro, le musiche della Bandabardò), il film è rimasto in forse fino all'ultimo momento a causa del risicatissimo budget a disposizione. Alla fine, dopo sei anni di gestazione e tante difficoltà, una simpatica campagna di crowfounding ha permesso di raggranellare gli ultimi 20mila euro necessari per la post-produzione. Il resto è storia recente: il clamoroso sold-out (1500 persone) all'anteprima al Teatro Verdi di Firenze, e l'ancora più clamoroso primo posto al botteghino registrato in città, davanti anche a Il libro della giungla! Lo spirito de L'Universale aleggia ancora su di noi...
Quando vivevo in Italia andavo esclusivamente al cinema sala Ratti della mia città. Un cinema piccolo, ma un pezzo della mia infanzia (c'era l'asilo che frequentavo di fianco). Anche se non ci andavo con il vestito buono, né per socializzare. Anzi, era il mio appuntamento esclusivo con il cinema! ;-)
RispondiEliminaInfatti, non a caso, ho scritto che qui si parla di un cinema d'altri tempi... i tempi in cui andare al cinema era festa, un evento, dove ci si poteva trascorrere tutto il giorno mentre i "grandi", gli adulti, magari conversavano al bar: ricordi di un'epoca ormai passata, ma pur sempre di grande fascino.
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