(Serena)
di Susanne Bier (Usa, 2014)
con Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, David Dencik, Rhys Ifans, Ana Ularu
durata: 109 min.
★☆☆☆☆
C'era una volta Susanne Bier, regista danese degna esponente di una scuola cinematografica che ha quasi del miracoloso (considerando le dimensioni del paese d'origine: pensiamo a Lars Von Trier, Thomas Vinterberg, Lone Sherfig, Nicolas Winding Refn...) e autrice di pellicole importanti e impegnate, apprezzate da pubblico e critica (tra le quali merita ricordare almeno Dopo il matrimonio e Non desiderare la donna d'altri), nonchè capace di vincere anche l'oscar per il miglior film straniero nel 2010 con il bellissimo In un mondo migliore. Quell'oscar che, probabilmente, come già accaduto purtroppo a molti altri suoi colleghi, le ha spalancato la strada verso Hollywood al prezzo però di una clamorosa involuzione tecnica e stilistica: è il prezzo (o il 'pizzo') che lo star-system pretende in cambio della propria anima (artistica) a chi proviene da oltreoceano...
Ne avevamo già avuto sentore, infatti, con Love is all you need, filmetto inconsistente ma innocuo di un paio di anni fa che giocava tra il serio e il faceto sui luoghi comuni italici (per buona parte era ambientato sulla Costiera Amalfitana), con la scusa dei buoni sentimenti. Ma niente in confronto al tonfo clamoroso (e fragoroso) di questo Una folle passione, primo film totalmente americano a largo budget e naufragato insieme alle buone intenzioni dell'autrice. Le premesse per ben figurare infatti c'erano tutte: un robusto melodramma a tinte forti (tratto dall'omonimo romanzo di Ron Rash), una coppia di attori ormai abilmente collaudata (Jennifer Lawrence e Bradley Cooper, al terzo film insieme in tre anni), una regista-donna teoricamente indicatissima per dirigere una storia prevalentemente imperniata sulla protagonista femminile (non a caso il titolo originale è Serena, cioè il personaggio interpretato dalla Lawrence).
Invece duole constatare che Una folle passione è un film quasi imbarazzante per struttura e contenuti: la Bier azzera praticamente subito ogni accenno al contesto storico-politico dell'epoca (siamo nel 1929, gli anni del crollo di Wall Street e della Grande Depressione) per concentrarsi morbosamente sulle (dis)avventure tragiche di una coppia di protagonisti unita più dall'avidità che dalla passione menzionata nel titolo italiano: ne viene fuori uno sconclusionato guazzabuglio di melensaggini ed efferatezze, quasi sempre innaturale, sopra le righe, con evidenti limiti di sceneggiatura (la Lawrence - perdonate il piccolo spoiler - ci mette quasi tutto il film per accorgersi del figlio illegittimo del partner, cosa che gli spettatori capiscono dopo cinque minuti), oltretutto telefonatissimo: in pratica in ogni scena si capisce già quello che succederà subito dopo... ma quello che più non funziona in questa pellicola è l'assoluta assenza di realismo e credibilità: siamo di fronte a un ritratto vuoto e patinato di un mondo lontano e incomprensibile, anche a chi conosce bene la storia americana.
Dico la verità: sono andato a vedere Una folle passione solo per la presenza di Jennifer Lawrence, e chi legge questo piccolo blog sa bene quanto è apprezzata e stimata dal sottoscritto. Per questo mi dispiace molto dover constatare che anche la splendida Jennifer in questo pastrocchio naufraga insieme a tutto il film: la sua interpretazione di una donna coraggiosa, risoluta, "selvaggia", ossessionata dal desiderio di emancipazione e indipendenza è totalmente fuori luogo, non credibile, artefatta, del tutto priva di caratterizzazione psicologica. Forse non è del tutto colpa sua (l'intero cast non è all'altezza, e ci sono fior di attori come Rhys Ifans), ma certo si vede benissimo quando un'interprete non crede in quello che sta facendo, e in questo caso il 'disimpegno' della Lawrence è quasi lampante.
Una folle passione segna il punto di non ritorno nella carriera di Susanne Bier: e ci auguriamo che l'accoglienza tiepidina della critica (per usare un eufemismo), nonchè gli incassi tutt'altro che stratosferici negli Stati Uniti suonino la sveglia nella testa della regista. Magari convincendola che si possono raccontare belle storie e fare bei film anche senza i budget a sei zeri.. E soprattutto (ma è molto più difficile) che non è necessario svendersi a Hollywood per vivere felici...
Ammazza che "bottigliate"! A questo punto forse non vale la pena di vederlo neanche per la Lawrence! ;)
RispondiEliminaDiciamo che lei merita sempre... :) :) però non riesce davvero a salvare il film,deludente sotto ogni punto di vista
EliminaPresentivo già una caduta della Bier solo a leggere la trama, e visto che nemmeno All you need is love mi convinceva a vederlo, mi fido ciecamente delle tue parole e mi evito anche questa visione.. che non avrei neanche la scusa della Lawrence io :)
RispondiEliminaGuarda, una mezza stelletta in più potevo anche dargliela, ma sul giudizio ha pesato molto, inevitabilmente, il passato della Bier, una volta capace di fare ben altro (soprattutto in patria). Il film è più deludente che brutto, non si percepisce nemmeno lontanamente uno stile registico, un tocco personale: sembra davvero una fiction in costume. Assolutamente evitabile (soprattutto se non si ha la scusa della Lawrence ;) )
Eliminaso già che il film lo detesterò.
RispondiEliminama so già che, pure io per amor di jennifer, non potrò fare a meno di vederlo... :)
Eh, come ti capisco... ;)
EliminaDa quanto ho sentito e letto siamo andati tutti a vederlo (pur con dei dubbi) unicamente per la Lawrence! Resta comunque una grande interprete. Si riprenderà con i prossimi film...
RispondiEliminaSì, il rischio è che quando una grande interprete come lei a soli 23 anni ha già ottenuto tutto quello che un attore possa desiderare nella vita (notorietà, successo, premi, soprattutto soldi) possa adagiarsi sugli allori o, quel che è peggio, fare scelte sbagliate professionali e private. Speriamo di no per la nostra bella Jen, una delle stelle più fulgide della nuova Hollywood. Nonostante 'Serena' ;)
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