(Le passé)
di Asghar Farhadi (Iran/Francia, 2013)
con Ali Mosaffa, Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Pauline Burlet
durata: 130 min.
★★★★☆
Ancora Una separazione per Asghar Farhadi, questa volta complicata da vicende collaterali che fanno del suo primo film europeo un rompicapo di pregevolissima fattura. Un uomo, Ahmad, separato da quattro anni, arriva all'aeroporto di Parigi dove trova ad attenderlo l'ex-moglie Marianne. L'indomani devono andare in municipio per firmare le pratiche di divorzio. La donna infatti ha un nuovo compagno, Samir, dal quale aspetta un figlio. Marianne e Samir convivono da diverso tempo e nella loro casa abitano, oltre al figlio di Samir, Fouad, anche le due figlie di lei, Lea e Lucille, che però non sono figlie di Ahmad ma di una relazione ancora precedente. Lucille, adolescente inquieta, non accetta Samir come patrigno ritenendolo (forse a ragione) incapace di fare il padre. Anche perchè Samir è ancora sposato con una donna che si trova all'ospedale in coma irreversibile...
Sembra una trama da telenovela brasiliana e invece è un miracolo di sceneggiatura: in due ore e dieci minuti tutti i nodi vengono al pettine con un pathos da thriller hitchcockiano. Un crescendo di rivelazioni, sotterfugi, vecchi rancori, segreti scomodi e difficili vicende familiari apparentemente sepolte ma non ancora sopite, pronte a riaffiorare in tutta la loro drammaticità. Basterebbe solo questo lavoro di scrittura per farci apprezzare l'incredibile capacità di Farhadi come ideatore di storie e dialoghi, che sono semplicemente perfetti. Oltre a questo, ovviamente, c'è il grande lavoro di introspezione e caratterizzazione dei personaggi, figure umanissime e assolutamente reali, vite complicate e dolorose, straordinarie nella loro 'normalità.
Il regista è bravissimo nell'accompagnarci alla scoperta di questo difficile microcosmo senza mai calcare la mano e senza edulcorare i fatti, bensì raccontando con grande mestiere lo svilupparsi di una perversa ragnatela di relazioni umane (mal)gestite di chi dovrebbe essere deputato a farlo (cioè Marianne e Samir), figure deboli e subdole che sono costrette ad affidarsi a chi, in tutta questa babele, ormai se n'è andato da tempo. Ahmad infatti vive adesso a Teheran e negli ultimi quattro anni non ha mai rivisto l'ex-moglie. Di lei non sa più niente, eppure Marianne lo richiama a Parigi con la segreta speranza che egli possa aiutarla a rimettere in ordine la sua vita... ma non sarà affatto semplice, perchè il passato non solo non si può cancellare ma condiziona pesantemente anche il presente.
Ahmad diventa quindi arbitro della partita: la mente razionale e apparentemente distaccata di chi è chiamato a risolvere le cose su malgrado. O forse no. Perchè anche Ahmad, tutto sommato, vuole rivedere Marianne... se così non fosse non sarebbe tornato di persona in Francia ma avrebbe delegato un legale. E piuttosto che accettare l'ambigua proposta di Marianne di farlo dormire a casa sua, suscitando la gelosia del convivente, si sarebbe cercato un posto in albergo. Davvero bravissimo Ali Mosaffa, l'attore che lo interpreta e vera 'anima' del film, che consente allo spettatore di assistere al raffronto tra due culture e due modi di vivere agli antipodi, quello arabo e quello occidentale, con sguardo distaccato e per nulla compiacente da ambo le parti. Il passato è un film teso e appassionante, anche lasciando da parte l'aspetto sociologico e concentrandosi solo sulla trama che, poteste starne certi, vi inchioderà davanti allo schermo fino all'ultimo fotogramma.
Ho sempre amato il film orientali o middle orientali. La tua recensione appassionata mi fa aggiungere questo film all'elenco di quelli da vedere. Adoro i microcosmi familiari dove si può parlare, alla fine, della storia del mondo e qui, con il confronto tra oriente ed occidente, la cosa si presente ancora più intrigante. Un caro saluto e a presto!
RispondiEliminaGrazie Silvia. Hai detto tutte te... :) scherzi a parte, la tua analisi è perfetta. E il film te lo consiglio spassionatamente!
EliminaOttima recensione per un ottimo film, che personalmente, però, metto un gradino sotto al meraviglioso Una separazione. L'impressione che ne ho avuto è di una componente europea troppo forte nel lavoro di Fahradi, che apprezzo molto di più quando si mostra iraniano. :)
RispondiEliminaSì, anch'io lo metto sotto a 'Una separazione' (che è un gran film, difficile fare meglio...) Ma la cosa che sbalordisce sempre in Farhadi è la sua capacità di scrivere dialoghi e situazioni partendo da storie comunissime. I suoi film sono manuali di sceneggiatura.
Eliminabellissimo.
RispondiEliminae a me personalmente è piaciuto pure più di una separazione!
Stiamo parlando di due ottimi film, la differenza è labile... diciamo che 'Una separazione' complessivamente sfiora la perfezione. Questo no, ma è anche vero che la storia è molto più complessa.
EliminaRispetto a Una separazione è più complesso e forse meno riuscito proprio perchè mette troppa carne al fuoco, però effettivamente ti tiene icollato alla sedia dal primo all'ultimo secondo. E' comunque un piacere vedere film del genere.
RispondiEliminaDirei proprio di sì caro Mauro!
EliminaD'accordo su tutto; quello che più apprezzo di Farhadi è la lucidità con cui mette in scena le sue storie. Il film si chiama "Il Passato" ed è l'unico titolo possibile per questo film, che è una riflessione sul Passato come raramente se ne sono viste. L'inestricabilità delle vicende non è un saggio di capacità di scrittura, un modo di Farhadi per dire "guardate quanto sono bravo". E' un discorso portato avanti con onestà che vedo raramente, e verte sulla plasticità del passato: ognuno ricorda il passato secondo le sue impressioni/sensibilità. Quel che vuole dire è: non c'è "un" passato ma "più" passati plasmati (e rigenerati a seconda delle verità rivelate) dalle persone coinvolte. E' un maestro!
RispondiEliminaE' vero. Ogni personaggio racconta il 'suo' passato, che però va inevitabilmente a condizionare le esistenze di tutti gli altri. Un grande lavoro di scrittura (troppe volte ci dimentichiamo che un film si può apprezzare anche solo per la trama) e, come dici tu, assolutamente onesto e nient'affatto pretenzioso. E qui la tua riflessione mi porta inevitabilmente ad associarla a un altro grande 'scrittore' di cinema che risponde al nome di Cristopher Nolan. Che però, a mio modestissimo parere e a differenza di Farhadi, negli ultimi tempi è insopportabilmente pretenzioso... A ogni modo grazie davvero Stefano per i tuoi commenti sempre illuminanti e puntuali. Sul serio.
EliminaSolo liberandosi del passato si può guardare avanti. Una grande lezione. E un grande film, sospeso tra angoscia e speranza, davvero notevole.
RispondiEliminaSono sempre bellissimi questi commenti, aldilà dei propri gusti personali: quando un film ti 'entra' così dentro, quando lo senti così vicino alle tue corde, allora vuol dire che il cinema è ancora un grande catalizzatore di emozioni. E il film raggiunge il suo scopo. Grazie Helena.
EliminaFarhadi si conferma il più europeo dei registi iraniani...
RispondiEliminaD'accordissimo!
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