Il cuore diceva
Marco Bellocchio, ma la ragione ha premiato
Kim-Ki-Duk. Il verdetto della 69. Mostra del Cinema è questo e dobbiamo accettarlo, anche perchè non è affatto scandaloso: certo, tutti speravamo nella vittoria di
Bella Addormentata (per quanto ci riguarda, uno dei titoli italiani più belli degli ultimi anni) ma si era capito fin da subito che una giuria molto eterogenea e molto internazionale (con un unico italiano al suo interno,
Matteo Garrone) difficilmente avrebbe premiato un film narrante una vicenda tutta italiana e difficilmente esportabile all'estero, dove temi come quello dell'eutanasia sono, per fortuna, ampiamente superati e accettati a differenza che nel nostro strano paese...
E allora ecco che il
Leone d'Oro a
Pieta (si scrive proprio così, senza accento) premia degnamente un film meritevole e che già dal primo momento aveva catturato le simpatie dei presenti al Lido: il diciottesimo lungometraggio del cineasta coreano è una pellicola durissima e violenta contro lo strapotere delle multinazionali e del capitalismo selvaggio che miete vittime tra i ceti più poveri, costretti a subire vili ricatti da chi ha il coltello (cioè i soldi) dalla parte del manico.
Pieta è un film sgradevole ed efferato che però contiene momenti di grande cinema e una tensione che resta ai massimi livelli per tutta la sua durata. La visione non è una passeggiata, ma vale il prezzo del biglietto.
Sono invece molto più perplesso sui (ben) due premi assegnati a
The Master: era il film più atteso al Lido e, va detto, oggettivamente ha un po' deluso, forse proprio per le esagerate aspettative che venivano riposte in questo nuovo lavoro di
Paul Thomas Anderson. E se la Coppa Volpi ex-aequo ai due bravissimi protagonisti
Philip Seymour Hoffmann e
Joaquin Phoenix ci può anche stare, il premio alla miglior regia ci sembra un po' eccessivo per un prodotto certamente non brutto ma abbastanza convenzionale e al di sotto sotto degli stessi standard del suo regista. Decisamente inferiore, tanto per essere chiari, non solo a
Magnolia ma anche a
Il petroliere. Ma forse qui entrano in ballo mille ragioni (economiche, politiche, aziendali) che 'imponevano' il premio a un film americano, forse anche per respingere gli 'assalti' sempre più pressanti del minaccioso Festival di Toronto, in pieno svolgimento in questi giorni.
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Hadas Yaron, miglior attrice |
Detto poi del premio alla miglior attrice, andato alla carinissima e alquanto spaesata
Hadas Yaron (interprete dell'israeliano
Fill the Void), e di quello della giuria assegnato all'austriaco
Paradies: Glaube di
Ulrich Seidl, non resta che parlare dei delusi. Che sono tanti, a cominciare per l'appunto da
Marco Bellocchio. Che, diciamolo subito e con chiarezza, per noi è il Leone d'Oro morale della rassegna. Il suo
Bella Addormentata sfiora i cieli del capolavoro per delicatezza, rigore morale, rispetto verso il prossimo. Secondo i soliti (mal)pensanti avrebbe dovuto dividere e rinfocalare polemiche mai del tutto sopite in Italia, invece è una straordinaria riflessione sull'Amore e sulla vita stessa, valori spesso così 'assoluti' e totalizzanti che spingono a rifiutare tutto quanto sta 'fuori' e intorno a noi stessi.
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Michael Mann |
Altro grande deluso è il francese
Olivier Assayas, autore di un bel film post-sessantottino,
Après Mai, che era piaciuto molto alla platea della critica e veniva dato tra i favoriti. Si è dovuto accontentare dell'osella per la miglior sceneggiatura. Nessun riconoscimento nemmeno al graditissimo film filippino
Thy Womb di
Brillante Mendoza (altro autore molto premiato ai festival) nè al russo
Izmena, che pure erano molto piaciuti. Ma, come ha ripetuto ieri sera il presidente di giuria
Michael Mann (inflessibile e duro nel non far trapelare alcun 'rumors' sui premi, in linea col suo personaggio) "
ci sarebbero voluti diciotto Leoni d'Oro per accontentare tutti". Si accontenta ben volentieri invece il nostro
Daniele Ciprì, premiato per la miglior fotografia di
E' stato il figlio.
Mancano all'appello, come si vede, i grandi nomi. Che hanno deluso tutti, come una sciagurata ecatombe abbattutasi sul Lido: ha deluso
Terrence Malick, con un film irritante per supponenza e autoreferenzialità. Ha deluso
Takeshi Kitano, ormai (purtroppo) ridotto a caricatura di se stesso. Hanno deluso gli americani
Brian De Palma e
Harmony Korine, la vecchia e nuova dinastia del cinema americano. Questo per dire che, come spesso accade nel calcio, non sempre avere una 'bella squadra' garantisce al 100% un buon risultato.
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Philip Seymour Hoffman, premiato per 'The Master' |
Una Mostra, insomma, dal Concorso debole e che non ha saputo resistere alla dilagante crisi economica. Mai come quest'anno infatti si sono viste così poche persone al Lido: sale semivuote, nessuna fila alle biglietterie, 'red carpet' quasi dimenticato dalla gente (salvo che per le attrici in bikini di
Spring Breakers). E allora, puntualmente, ecco che si torna a chiedere se la vittoria di film come
Pieta faccia bene o male alla rassegna veneziana: il lavoro di
Kim-Ki-Duk sarà probabilmente vietato ai minori di 14 anni e disertato in massa dal grande pubblico. E' giusto più premiare, dunque, film di registi 'di nicchia' ma difficilmente 'esportabili', piuttosto che 'commerciali' di qualità come
Bella Addormentata? E' come il classico quesito se sia nato prima l'uovo o la gallina... e francamente non ci appassiona.
Arrivederci al prossimo anno!
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in realtà la giuria avrebbe voluto premiare the master con il leone d'oro, ma quando michael mann ha scoperto che non poteva dare più di due premi allo stesso film, ha dovuto scendere a compromessi...
RispondiEliminaIo credo che Bellocchio e Ciprì facciano bene a fare i film che fanno: l'Italia ne ha bisogno, perché ha bisogno di un discorso culturale e sociale profondo, che smuova il pensiero e che esuli dai cinepanettoni. L'Italia ha bisogno di questi film per se stessa; pertanto, si tratta di film spesso non esportabili o che non possono essere compresi appieno all'estero.
RispondiEliminaDetto questo, credo che la giuria abbia fatto bene a premiare Kim Ki-duk: in questo modo ha pubblicizzato un film che in Corea forse non vedrà la luce e che in Italia ed Europa uscirà censurato. La giuria, così, ha fatto conoscere l'esistenza di un film di alto rilievo.
Per Bellocchio non mi preoccuperei. Dopo tutto il caos creato attorno al suo film, gli italiani andranno al cinema a vederlo. E credo anche i francesi, che da sempre stimano il nostro cinema più autoriale e intellettuale.
Il cinema italiano non è più internazionale da Fellini, Pasolini e Antonioni. Solo pochissimi sono riusciti a superare, per tematiche e cultura, i confini nazionali.
Per questo, ribadisco che sia giusta la premiazione a Kim Ki-duk: in fondo, l'arte non ha nazionalità. In fondo, se il cinema italiano non riesce più a essere internazionale e a parlare a TUTTI, il problema è suo, non delle giurie.
Aggiungo solo una cosa: Ciprì, nel suo film, ha chiamato un attore "internazionale", Alfredo Castro, un cileno mostruosamente bravo. Credo che la sua operazione sia da lodare: ha scelto un professionista non italiano; con la sua scelta ha creato un collegamento Italia-Cile che permetterà a qualche curioso di esplorare la filmografia di Castro e dei registi con cui ha lavorato (Larrain in primis). A me piace quando il cinema è così.
RispondiEliminaPer me invece il premio alla regia ad Anderson non è stato solo giusto, oserei dire che è stato insindacabile. Non credo di aver mai visto in un film solo una tale "enciclopedia" di tecniche cinematografiche. Piani sequenza magnifici (la scena della prigionia con i due attori), finissimi campo-controcampo di primi piani (ricordi la scena dell'intervista "senza battiti di ciglia?"), carrellate lunghissime (moto nel deserto del mojave), c'è praticamente di tutto. Eppure niente è ridondante, niente è fuori posto. Da manuale. Che non mi è "piaciuto" è stato il premio a Ulrich Seidl, mi è sembrato un pò casuale...
RispondiElimina@ Marco Goi: sì, l'ho letto anch'io di questa cosa ma, onestamente, mi sembra una leggenda metropolitana... una cosa te la dò per certa: subito dopo la visione di 'Pieta' tutti gli addetti ai lavori lo davano per favorito, e mancavano ancora quattro giorni alla fine della Mostra, con sette film ancora da vedere...
RispondiElimina@ Veronica: totalmente d'accordo con te. E' esattamente così: Kim-Ki-Duk ha vinto semplicemente perchè ha realizzato un film comprensibile ed esportabile in tutti i lati del globo. 'Bella addormentata', a mio giudizio, è molto più bello di 'Pieta', ma era chiaro fin da subito che una vicenda così drammaticamente 'italiana' avrebbe avuto poche chanches di fare presa su una giuria internazionale. E' vero, da anni il cinema italiano è troppo autoreferenziale e chiuso in se stesso. Lo dimostra il fatto che l'unico nostro regista di respiro 'internazionale' attualmente è Paolo Sorrentino, che infatti è anche l'unico a cui il mercato mondiale ha sorriso (per 'This must be the place'). Il resto della nostra produzione non supera la dogana di Chiasso...
RispondiElimina@ Stefano: dal punto di vista strettamente tecnico hai ragione, però... come dire, questo film non mi convince. Forse perchè c'erano troppe aspettative, ma questa è una pellicola è ben lontana da essere quel capolavoro disturbante, scandaloso e dirompente che ci si aspettava. Troppo timoroso, a mio avviso, di cimentarsi in terreno minato come quello di Scientology (sappiamo quanto è potente a Hollywood questa organizzazione) il film finisce per focalizzarsi prevalentemente sul rapporto tra Quell e Dodd, 'sgonfiando' molto le aspettative.
RispondiEliminaBen fatto, tecnicamente validissimo, però non graffia e non 'prende', c'è poco da fare...