di Giuliano Montaldo (Italia, 2011)
con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Francesco Scianna
VOTO: **
Ci sono film dei quali vorresti scrivere tutto il bene possibile, perchè la loro importanza spesso va oltre l'aspetto strettamente stilistico e ci aiutano a ragionare e riflettere sui nostri tempi. Una volta era sorto perfino un 'filone', quello del grande cinema italiano di impegno sociale, che aveva tra i propri esponenti autori come Elio Petri, Francesco Rosi, Damiano Damiani, Gillo Pontecorvo... grandi autori che producevano capolavori del genere.
Oggi, purtroppo, non è più così. Il grande cinema 'sociale' ha segnato il passo da tempo, lasciando troppo spazio alle produzioni mainstreaming e finendo relegato in posizioni di nicchia, spesso ai limiti della visibilità. Per questo quando escono film come L'industriale non possiamo che essere contenti e speranzosi che un certo cinema 'd'impegno civile' è ancora possibile. L'ultimo lavoro di Giuliano Montaldo getta uno sguardo duro e molto cupo sulla crisi economica (ma non solo) del nostro tempo: lo fa raccontando il dramma di un piccolo imprenditore torinese, affogato dai debiti e dalle banche, che tenta disperatamente di salvare la propria azienda e i propri dipendenti senza ricorrere a pratiche... diciamo poco edificanti.
Pierfrancesco Favino (ormai onnipresente) ce la mette tutta per rendere credibile il suo personaggio, quello di un uomo orgoglioso e onesto la cui vita pubblica e privata è messa a dura prova dalle vicende professionali. Il film però non riesce a sollevarsi da un registro piuttosto banale, di chiaro stampo televisivo, con una sceneggiatura alquanto 'scolastica' che appiattisce ogni tentativo di caratterizzazione dei protagonisti, i quali finiscono per risultare stereotipati e poco credibili, divisi troppo dozzinalmente tra 'buoni' e 'cattivi', alcuni quasi ai limiti della caricatura (vedi il personaggio della suocera megera, ricca e avida, senza un grammo di coscienza).
Giuliano Montaldo è un 'vecchio' autore che fa pochi film. Quasi tutti di livello. Il precedente, I demoni di San Pietroburgo, ci era piaciuto molto ma lo avevano visto in tre gatti... questo ci risulta stia andando decisamente meglio ai botteghini, a triste riprova che l'unico modo per 'fare pubblico' in Italia è quello di banalizzare le storie e 'spiegare' didascalicamente ogni cosa allo spettatore medio, sempre poco propenso a compiere anche un minimo sforzo critico. E certamente la bella fotografia gelida e sgranata di Arnaldo Catinari non basta a risollevare le sorti di una pellicola di una piattezza sconfortante. Peccato.
mi dispiace dire che anche "i Demoni" mi era piaciuto solo a metà (la prima metà, per essere precisi) e che poi tendeva alla disgregazione senza lasciare molto dietro di sé :(
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