domenica 7 novembre 2010

UOMINI DI DIO (Francia, 2010) di Xavier Beauvois

Algeria, 1996: una colonia di monaci cristiani vive in pace e in perfetta sintonia con la popolazione musulmana, chiaramente in stragrande maggioranza. I religiosi vivono del loro lavoro, partecipano perfettamente integrati alla vita sociale del luogo, offrono gratuitamente assistenza, conforto e alloggio a chiunque ne abbia bisogno, di qualsiasi etnia o religione siano. Ma l'Algeria, si sa, è una polveriera, una 'Santa Barbara' pronta ad esplodere per il minimo pretesto. Un giorno un gruppo di lavoratori stranieri viene massacrato da una cellula di terroristi e ai poveracci, disperati, non resta che chiedere aiuto al monastero guidato da Padre Christian, innescando una pericolosa quanto involontaria rappresaglia. L'esercito si offre di proteggere i coraggiosi monaci, ma Padre Christian rifiuta di farsi coinvolgere in schermaglie politiche e va avanti per la propria strada, che da allora (è il giorno di Natale) si farà sempre più sanguinosa...

Uomini di Dio, contrariamente a quello che si può credere dal titolo, è tutt'altro che un film religioso. O almeno non è soltanto questo: è un film che parla di integrazione, di tolleranza, di rispetto delle idee e di opinioni altrui in un mondo in cui è difficilissimo confrontarsi. Per questo sui titoli di coda ci sentiamo tutti coinvolti e commossi dall'epilogo (non credo di 'spoilerare' dicendovi che sarà inevitabilmente tragico). E' una bella e drammatica storia, che parla alla gente, a tutti noi, e lo fa assolutamente senza manierismo o ipocrisie cinefile. Non ci sono scene madri o sequenze ad effetto, ma tutta la vicenda si dipana in modo sobrio e quasi documentaristico: la regia riempe il ritmo lento (ma non noioso) della pellicola con i canti, i silenzi, le tradizioni, lo scorrere del tempo in un luogo sacro e apparentemente inviolabile. Una piccola enclave cristiana in terra musulmana, dove per secoli le due etnie avevano convissuto pacificamente.

Il film di Beauvois racconta scrupolasamente, in modo equidistante, la storia di quei giorni di sangue. Senza prendere posizione e senza edulcorare i sentimenti di chi guarda. Ne viene fuori un'opera onesta, nobile, toccante e coraggiosa. Che cerca di avvicinare e comprendere, o solo semplicemente di parlare. Rappresenterà la Francia agli Oscar 2011, con concrete (e meritate) possibilità di vittoria.
VOTO: * * * *

1 commento:

  1. grande prova d'attori, in un film non urlato.
    non è un film religioso, è vero, è un film di uomini e donne; lo spacceranno per un film di martiri contro gli islamici cattivi, purtroppo.

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