“Noi credevamo che il sangue versato dai nostri patrioti avrebbe fatto nascere il paese che sognavamo”. “Noi credevamo che questo paese sarebbe potuto diventare una Nazione vera”. Sono due frasi pronunciate a 150 anni l’una dall’altra, ma che potrebbero tranquillamente interscambiarsi tra le due epoche. In queste due frasi si racchiude il film di Mario Martone, un affresco imponente, tragico, beffardo e meravigliosamente calzante sul Risorgimento e sul nostro assurdo presente, cosa che fa incazzare molti ‘benpensanti’ di oggi. Un ritratto amarissimo e “rivoluzionario” dell’Italia e del suo non-popolo, visto dagli occhi di chi cercò, rischiando la pelle, di costruirlo e plasmarlo.
Questo, e molto, molto di più è lo straordinario film di Martone: un’opera la cui importanza va ben oltre il semplice aspetto cinematografico, e che ci costringe a ragionare e riflettere sulla fragile democrazia che stiamo vivendo. E tutto questo, provocatoriamente, proprio nell’anniversario di quell’Unità d’Italia che, guarda caso, è un tema che dà ancora fastidio a molti e rinfocola polemiche che credevamo appartenere al secolo scorso…
Noi credevamo racconta la nascita di una Nazione vista dagli occhi di tre giovani rivoluzionari, idealisti e coraggiosi, che si iscrivono alla ‘Giovine Italia’ mazziniana convinti di poter cambiare le cose e costruire un paese migliore. Faranno tutti una brutta fine, rendendosi conto, amaramente, che al di sopra delle loro teste ci sono spietate logiche di potere che da sempre contraddistinguono la gente italica, generate da enormi disparità sociali, insanabili differenze di lingua, cultura, razza e soprattutto portafoglio. L’Italia di oggi, come quella di ieri, è fatta da gente che pensa solo al proprio tornaconto personale, infischiandosene cinicamente di tutto il resto. Martone è spietato nel mostrare come i trasformismi politici (vedi la figura di Crispi, ma anche dello stesso Mazzini), l’avidità e l’ignoranza dei potenti, gli enormi condizionamenti dei ‘poteri forti esterni’ (Vaticano in primis), abbiano creato sconforto e disillusione nella gente ‘normale’ che, oggi come allora, è diffidente, pavida e rancorosa verso la propria classe dirigente. Noi credevamo, in quasi quattro ore di grande cinema, mette a nudo tutte le grandi contraddizioni di un piccolo Paese, regalandoci un manifesto impietoso e avvincente, commovente e doloroso, provocatorio e necessario. Era dai tempi de Il mestiere delle armi di Olmi che non si vedeva al cinema un film ‘così’ incredibilmente epocale , di una potenza e un’importanza di cui appaiono ben consapevoli per primi gli attori protagonisti (tutti meravigliosamente ‘ispirati’ e in parte), convinti di partecipare ad un qualcosa che ‘resterà’ e (forse) smuoverà le coscienze.
Noi CI crediamo.
Questo, e molto, molto di più è lo straordinario film di Martone: un’opera la cui importanza va ben oltre il semplice aspetto cinematografico, e che ci costringe a ragionare e riflettere sulla fragile democrazia che stiamo vivendo. E tutto questo, provocatoriamente, proprio nell’anniversario di quell’Unità d’Italia che, guarda caso, è un tema che dà ancora fastidio a molti e rinfocola polemiche che credevamo appartenere al secolo scorso…
Noi credevamo racconta la nascita di una Nazione vista dagli occhi di tre giovani rivoluzionari, idealisti e coraggiosi, che si iscrivono alla ‘Giovine Italia’ mazziniana convinti di poter cambiare le cose e costruire un paese migliore. Faranno tutti una brutta fine, rendendosi conto, amaramente, che al di sopra delle loro teste ci sono spietate logiche di potere che da sempre contraddistinguono la gente italica, generate da enormi disparità sociali, insanabili differenze di lingua, cultura, razza e soprattutto portafoglio. L’Italia di oggi, come quella di ieri, è fatta da gente che pensa solo al proprio tornaconto personale, infischiandosene cinicamente di tutto il resto. Martone è spietato nel mostrare come i trasformismi politici (vedi la figura di Crispi, ma anche dello stesso Mazzini), l’avidità e l’ignoranza dei potenti, gli enormi condizionamenti dei ‘poteri forti esterni’ (Vaticano in primis), abbiano creato sconforto e disillusione nella gente ‘normale’ che, oggi come allora, è diffidente, pavida e rancorosa verso la propria classe dirigente. Noi credevamo, in quasi quattro ore di grande cinema, mette a nudo tutte le grandi contraddizioni di un piccolo Paese, regalandoci un manifesto impietoso e avvincente, commovente e doloroso, provocatorio e necessario. Era dai tempi de Il mestiere delle armi di Olmi che non si vedeva al cinema un film ‘così’ incredibilmente epocale , di una potenza e un’importanza di cui appaiono ben consapevoli per primi gli attori protagonisti (tutti meravigliosamente ‘ispirati’ e in parte), convinti di partecipare ad un qualcosa che ‘resterà’ e (forse) smuoverà le coscienze.
Noi CI crediamo.
VOTO: * * * * *
Sai quanto ci tengo a vedere questo film, te lo dissi questa estate e ora, dopo questo tuo commento, ci tengo ancora di più.
RispondiEliminaSe davvero non uscirà nelle sale, mi incavolo