Ci sono certi film che, malgrado i loro nobili contenuti, sono semplicemente insopportabili. O forse lo sono proprio per questo. Lo sono perchè risultano falsi lontano un miglio davanti alla visione, come fossero artefatti, preconfezionati, senza cuore, costruiti ad arte per emozionare lo spettatore ricattandolo moralmente. Ecco, Miral è uno di questi.
Il suo creatore, Julian Schnabel, è un pittore americano di fama planetaria, ebreo, ricchissimo, che ogni tanto si diletta a dirigere film, credo più per sconfiggere la noia che per effettiva vena creativa. Qualcuno però, ogni tanto, dovrebbe avere il coraggio di dirgli che il cinema è una cosa seria, e che non ci si improvvisa registi dalla sera alla mattina, come del resto non si diventa pittori imbrattando una tela bianca con due colpi di pennello...
Miral è un film con un argomento serio, drammatico, ma realizzato in maniera imbarazzante. Vorrebbe essere un pamphlet storico sulla condizione dei profughi palestinesi in Israele, una specie di 'storia ufficiale' vista dalla parte degli oppressi raccontata attraverso gli occhi di una donna coraggiosa. E' tratto dal romanzo omonimo (e autobiografico) della famosa giornalista televisiva Rula Jebreal, compagna di vita del regista, che ha fortemente voluto questo film: gli intenti, come dicevamo, sarebbero anche apprezzabili, ma la messinscena è a dir poco sconfortante!
Un'accozzaglia clamorosa di luoghi comuni, personaggi stereotipati e tagliati con l'accetta, dialoghi inascoltabili e verbosi, edulcorati, che rendono inguardabile una pellicola enfatica e sopra le righe, ipocrita e ricattatoria, piena di 'scene madri' che puntano solo a far piangere lo spettatore senza spiegare assolutamente nulla di quella che è, davvero, la questione palestinese.
Ci sono state altre pellicole in passato degne di ben altro rispetto e meritevoli quantomeno di essere viste, anche senza voler per forza prendere posizione sul tema: penso a Il giardino di limoni, Free Zone, o l'italianissimo Private di Saverio Costanzo. Pellicole importanti, sulle quali ci si può confrontare e discutere, oltre che apprezzarne la visione.
Per Miral, invece, restano soltanto il vuoto pneumatico e la tristezza di un'occasione perduta.
Il suo creatore, Julian Schnabel, è un pittore americano di fama planetaria, ebreo, ricchissimo, che ogni tanto si diletta a dirigere film, credo più per sconfiggere la noia che per effettiva vena creativa. Qualcuno però, ogni tanto, dovrebbe avere il coraggio di dirgli che il cinema è una cosa seria, e che non ci si improvvisa registi dalla sera alla mattina, come del resto non si diventa pittori imbrattando una tela bianca con due colpi di pennello...
Miral è un film con un argomento serio, drammatico, ma realizzato in maniera imbarazzante. Vorrebbe essere un pamphlet storico sulla condizione dei profughi palestinesi in Israele, una specie di 'storia ufficiale' vista dalla parte degli oppressi raccontata attraverso gli occhi di una donna coraggiosa. E' tratto dal romanzo omonimo (e autobiografico) della famosa giornalista televisiva Rula Jebreal, compagna di vita del regista, che ha fortemente voluto questo film: gli intenti, come dicevamo, sarebbero anche apprezzabili, ma la messinscena è a dir poco sconfortante!
Un'accozzaglia clamorosa di luoghi comuni, personaggi stereotipati e tagliati con l'accetta, dialoghi inascoltabili e verbosi, edulcorati, che rendono inguardabile una pellicola enfatica e sopra le righe, ipocrita e ricattatoria, piena di 'scene madri' che puntano solo a far piangere lo spettatore senza spiegare assolutamente nulla di quella che è, davvero, la questione palestinese.
Ci sono state altre pellicole in passato degne di ben altro rispetto e meritevoli quantomeno di essere viste, anche senza voler per forza prendere posizione sul tema: penso a Il giardino di limoni, Free Zone, o l'italianissimo Private di Saverio Costanzo. Pellicole importanti, sulle quali ci si può confrontare e discutere, oltre che apprezzarne la visione.
Per Miral, invece, restano soltanto il vuoto pneumatico e la tristezza di un'occasione perduta.
VOTO: *
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