E' francamente penoso stare qui a parlare, in un blog di cinema, di una polemica che col Cinema (con la "C" maiuscola) c'entra poco o niente. Ma mi sento in dovere di farlo per dimostrare a tutti coloro che leggono queste pagine in che razza di paese viviamo (e stavolta "paese" lo scriviamo, rigorosamente, con la "p" minuscola). Semmai ce ne fosse bisogno.
La notizia è di pochi giorni fa, ed è stata riportata da un po' tutti i quotidiani: la commissione selezionatrice della Mostra del Cinema di Venezia ha deciso di escludere dal concorso principale l'ultimo film di Pupi Avati "Una sconfinata giovinezza", relegandolo nelle sezioni collaterali. L'orgoglioso regista bolognese, informato della cosa, non l'ha presa proprio benissimo e si è lasciato andare a dichiarazioni abbastanza grottesche (per non dire peggio), arrivando ad affermare che "Dopo tanti anni di professione non credevo di meritare un trattamento così ambiguo e non consono a chi si trova a dirigere uno dei festival più importanti al mondo. Non potevo tenere solo per me il grande dolore che sto vivendo".
E vabbè.
Ora, aldilà del fatto che ogni Direttore Artistico di un festival ha il sacrosanto diritto di selezionare i film che vuole, proprio non si capisce in base a quale criterio Avati (che ha già partecipato nove volte alla competizione!) pretenda di essere selezionato sempre e comunque in concorso ogni volta che fa un film, privilegio che in passato non era stato concesso nemmeno a Orson Welles... tantopiù, aggiungo io, se andiamo a vedere il livello medio qualitativo della produzione di Avati (specialmente negli ultimi anni...) Ma qui entriamo nel campo della soggettività di giudizio e quindi lasciamo stare. Giova ricordare però che il buon Marco Muller nel corso del suo mandato ha avuto il merito di portare al Lido una notevole quantità di pellicole coraggiose e fuori dagli schemi, e che quindi si presume che il suo lavoro un pochino lo sappia fare...
Ma fin qui niente di nuovo sotto il sole. Venezia è un po' come Sanremo, le polemiche sono all'ordine del giorno e sono anche un po' il "sale" della manifestazione.
La cosa grave è accaduta dopo. A distanza di un giorno. E il fattaccio si annida (ma guarda un po'!) ancora una volta negli scranni romani dei nostri politicanti.
Che è successo? Semplice: l'ineffabile Sandro Bondi, pseudo-ministro della cultura nonchè camerlengo-zerbino-maggiordomo-barbaresco di Sua Emittenza Silvio da Arcore, informato dell'argomento, ha prontamente e candidamente espresso la sua volontà "affinchè il mio amico Pupi Avati e la Biennale trovino una soluzione all'altezza del grande maestro".
Di cosa stiamo parlando???? Ma dell'ennesimo caso di ingerenza politica di un governo nelle attività culturali di una nazione, naturalmente!
Del fatto che Bondi, ormai, si sente a pieno titolo Curatore e Direttore Artistico della Mostra, e che se io fossi Muller da oggi non dormirei davvero sogni tranquilli... E poi ricordate? Era già successo l'anno scorso con Katyn, il film del polacco Wajda sugli orrori del comunismo, prima rifiutato dalla Commissione poi riammesso in Laguna grazie al "suggerimento" interessato del ministro. Ma non è finita qui: mica penserete Bondi spinga l' "amico Avati" a Venezia solo per ragioni sentimentali? Che ingenui! Sentite, a tale proposito, cosa ha dichiarato Gasparri del PdL:
"Non vorremmo che ci fossero delle ragioni ideologiche-culturali dietro questa decisione, e il sospetto viene vedendo coloro che sono stati privilegiati"
Oooh, ecco che si getta la maschera!!
E sapete chi è il "privilegiato" in questione? Il povero Ascanio Celestini, regista debuttante, di simpatie politiche non proprio affini al centro-destra, che porta al Lido un coraggioso film sul mondo dei malati di mente e dei manicomi.
Figuratevi se per Bondi è ammissibile che un regista debuttante, e per giunta comunista, "rubi" il posto al cattolicissimo e "allineato" Avati, poverino, che a Venezia c'è stato appena nove volte!E sapete chi è il "privilegiato" in questione? Il povero Ascanio Celestini, regista debuttante, di simpatie politiche non proprio affini al centro-destra, che porta al Lido un coraggioso film sul mondo dei malati di mente e dei manicomi.
Meglio non aggiungere altro.
Questo è il paese in cui viviamo...
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