A volte è meglio fare come gli struzzi e mettere il capo sotto la sabbia, piuttosto che ricordare. Perchè spesso i ricordi sono rimpianti, e possono generare ossessioni. Ma si può cancellare la memoria? Si può far finta di niente, dimenticare il passato, in un paese che non sembra avere alcun futuro davanti? E' quello che si chiede Joaquim Esposito, oscuro magistrato in pensione che, dilaniato dal ricordo, decide di scrivere un romanzo su un brutto caso di omicidio accaduto un quarto di secolo prima, nella Buenos Aires del 1974... Attenzione alle date, perchè sono fondamentali: il 1974 è l'anno in cui muore Juan Domingo Peròn, che lascerà un paese in preda al caos e prossimo al colpo di stato militare, avvenuto due anni dopo.
Il film di Juan Josè Campanella (che nome magnifico, sembra quello di un personaggio di Garcia Marquez!) comincia da qui, in un ufficio disordinato, vetusto, dove la sacralità della Legge viene sopraffatta da montagne di scartoffie e assurdi rituali burocratici... è solo il primo dei tanti simbolismi di cui è piena questa grandissima e avvincente pellicola, capace di aggiudicarsi a sorpresa l'Oscar come miglior film straniero sconfiggendo il ben più quotato Il nastro bianco di Haneke. Un film dalla doppia lettura: una, scontata ma validissima, è quella di un ottimo film di genere, un thriller serrato e appassionante dai mille colpi di scena. L'altra, ben più importante, ci ricorda che le dittature, i regimi totalitari, non nascono assolutamente per caso: Campanella sfrutta il pretesto cinefilo del "caso non risolto" per rievocare gli anni oscuri e terribili di "quella" Argentina: una nazione in preda alla paura, che cominciava a rimuovere i ricordi, a falsificare la realtà, a compilare liste di proscrizione, ad assoldare e rimettere in libertà delinquenti incalliti purchè utili per eliminare presunti sovversivi. Nel romanzo di Esposito, insomma, ci sono evidenti i prodromi di una rivoluzione violenta, c'è l'incubazione di un male oscuro che di lì a poco avrebbe portato il paese nel terrore e nella miseria. E, pensiamoci bene, non sono forse queste anche le caratteristiche del film di Haneke? E poi diciamo che i giudici dell'Academy non capiscono niente di cinema... In realtà hanno voluto premiare, forse, un film meno "perfetto" dal punto di vista stilistico, ma ugualmente agghiacciante e brutale, pur se con un filo di speranza in più: e il finale appena appena un po' "posticcio" non disturba più di tanto in una vicenda che pare volerci ricordare che, in ogni caso, l'unico modo per esorcizzare le proprie paure è quello di affrontarle, anche se tardivamente.
Ma Il segreto dei suoi occhi è anche un film sentimentale, sulla difficoltà dei rapporti umani, sulle occasioni perdute, sul tempo che passa, sul passato che non si cancella... e tutto questo non è forse un'altra grande metafora? Quella di un paese dove, passata la grande paura e il dramma di un orrore collettivo, ci si chiede se sia giusto dimenticare, se rimuovere un passato scomodo sia il modo più sbrigativo per affrontare un presente difficile. Nel film di Campanella la risposta è chiara. E anche per questo sarebbe un delitto non vedere questo film, malgrado il caldo e i mondiali di calcio (vero oppio dei popoli).
VOTO: * * * *
Ottimo il parallelo tra il film di Campanella e quello di Haneke: entrambi rivelano i segnali inquietanti di ciò che avverrà dopo. (M.Grazia – Estonia)
RispondiEliminaGrazie! Lo sai qual è il problema? Che il 95% degli spettatori che vedranno questo film non sanno nulla di ciò che è successo in Aergentina nel 1974... e quindi a loro sembrerà un normalissimo thriller. Che ci possiamo fare?
RispondiEliminaUn caro saluto.
Sauro
è un film che sono tanti film insieme, dentro c'è politica, amore, amicizia, vendetta, per me un capolavoro(e che attori in stato di grazia!); pazienza per Haneke, ma a me "Il nastro bianco" non è piaciuto, troppo freddo, a suo modo troppo cerebrale, con "Inception" si danno la mano
RispondiEliminaAnche qua concordo, sai non sapevo fosse in lista agli Oscar con Il nastro bianco.
RispondiEliminaDifficile scelta, due grandi film quello di Haneke lo trovo forse +
Meno forzato rispetto a certe scene un po' oltre misura di questo che resta comunque un buon film. Molto intrigante la storia tra loro due, respiravi il loro rincorrersi e il loro retrocedere, ha dato gran forza al film.
Adesso mi è venuta in mente una cosa che voglio raccontarti, proprio mentre sto scrivendo mi è venuta in mente questa cosa.
L'attrazione nei film la ricordo per alcune scene clou, ma c'era un film del passato "Vento di passioni" dove l'elettricità era evidente. Tra lei(non ricordo il nome) e Brad Pitt sembrava davvero ci fosse qualcosa, in particolare negli occhi di lei. Solo poco tempo fa ho letto che Brad ha ammesso ci sia stata una breve parentesi tra loro durante la lavorazione del film. Beh, vedi, ci avevo visto giusto, perché allora mi avevano davvero colpito.
La stessa cosa la rivivo in questo film, dove tra loro due c'è questa alchimia che hanno saputo trasmettere davvero bene.