Due ragazzetti sedicenni, apparentemente più adulti della loro età, decidono follemente di sposarsi e in questo modo "destabilizzano" le loro rispettive famiglie. A causa di un banale incidente stradale, uno sceneggiatore pigro e sfaccendato viene catapultato per puro caso al centro della vicenda e ne tirerà fuori una bella storia: che lo coinvolgerà in prima persona, e non solo dal punto di vista lavorativo... Questo è l'incipit di Happy Family, il film con cui Gabriele Salvatores torna ad una dimensione più intimista e "collegiale" di cinema dopo le atmosfere forti di Comediocomanda. Tratta da una pièce di Alessandro Genovesi, la pellicola rivela fin dalle prime inquadrature la sua struttura teatrale, ragion per cui la sua riuscita dipende, per forza di cose: a) in primis dalla sceneggiatura (ottima) b) in secundis dalle performances di tutti i vari attori, più o meno protagonisti (bravissimi). Sì, possiamo davvero dire che Happy Family è il miglior film del regista premio Oscar da svariati anni a questa parte: un lungometraggio surreale, grottesco, per certi versi strampalato, ma dove da ultimo tutti i tasselli vanno al loro posto e il risultato finale è decisamente sopra la media.
Intendiamoci, Salvatores è un gran furbacchione e non ha inventato nulla: Happy Family deve molto al talento visionario e onirico di Wes Anderson (ricordate I Tenenbaum?), nonchè alla genialità di Michel Gondry, per non parlare delle atmosfere ovattate e familiari della Manhattan di Woody Allen. Un caleidoscopio di generi che comunque lascia soddisfatto e un po' sorpreso lo spettatore medio, per una volta disabituato alla visione di una pellcola "strana" e, per quanto (lo ripetiamo) non originalissima, sicuramente "diversa" rispetto ai canoni sempre più omologati e incartapecoriti della produzione italica.
Happy Family piace perchè parla di un mondo "diverso", atipico, immaginario: una città (Milano) dove ci sono i gabbiani ma non il mare, un microcosmo familiare fatto di genitori sballati, fricchettoni oppure gelidi e inamidati (i padri) e di donne nevrotiche, cocciute e ubriacone (le madri) che davvero hanno ben poco da insegnare ai loro figli. Due famiglie moderne, improbabili, fragili, che rispecchiano davvero bene il precario equilibrio su cui si regge la società moderna.
C'è un po' di Pirandello, un po' di Chaplin, un po' di Groucho Marx... un po' di tutto in questo film fresco e vitale, un po' amaro e un po' dolce, divertente e malinconico, che fa ridere ma anche pensare. Difficile chiedere di più.
VOTO : * * * *
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