Leni Riefensthal amava dire che "lo sport è un'espressione positiva della vita, il cinema un mezzo formidabile per comunicare con lo spettatore. Trovare un punto d'incontro tra questi due mondi è stato facile, proprio grazie alla capacità dello sport di esprimere movimento, fisicità, poesia: tradurlo in immagini è una cosa che viene naturale..." E in effetti, da "Olympia" in avanti, di film sportivi ne sono stati fatti parecchi, innumerevoli, ne è venuto fuori quasi un genere a se stante. Il cinema è sempre stato vicino al mondo dello sport, un mondo fatto di grandi emozioni, grandi imprese, grandi atleti che con le loro storie personali o collettive sono entrati nell'immaginario collettivo di milioni di persone. E il grande schermo con queste storie è sempre andato a nozze, sfruttando lo sport come un serbatoio inesauribile di idee e di vicende da raccontare. Lo sport come metafora della vita, come occasione di riscatto, oppure semplicemente come specchio della società in cui viviamo. Eccone qualche esempio:
MOMENTI DI GLORIA (2001, di Hugh Hudson)
Ancora ad oggi il più bel film sportivo mai realizzato: la storia di due ragazzi britannici, Harold Abrahams e Eric Liddell (il primo inglese ed ebreo, il secondo scozzese e cattolico praticante) in procinto di partecipare alle Olimpiadi del 1924 a Parigi. Abrahams corre per ritrovare se stesso e per combattere i pregiudizi della gente, Liddell corre per ringraziare Dio di avergli dato un dono così grande... Film epico, emozionante, coinvolgente e sottilmente ambiguo: vorrebbe essere un tributo allo sport pulito, ad un'epoca che non c'è più. Ma se si guarda bene, anche negli anni venti si discriminavano gli ebrei e si obbligavano gli atleti a sottostare alla Ragion di Stato. Forse anche quei tempi non erano poi così eroici... Il tema musicale di Vangelis è diventato il più famoso della storia del cinema.
TORO SCATENATO (1980, di Martin Scorsese)
La storia di Jake LaMotta, uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, diventa davvero leggenda se raccontata da Scorsese, dando inizio ad un vero e proprio sottogenere di pellicole pugilstiche negli anni a venire. Robert DeNiro è semplicemente grandioso: per calarsi nel ruolo ingrassa trenta chili e prende botte vere, restando nell'immaginario collettivo.
ROCKY (1976, di John G. Avildsen)
A vederlo oggi, Sly Stallone fa quasi effetto con quei muscoli flaccidi, la pancetta e la pelle imbolsita. Eppure più di trent'anni fa stupì il mondo con questo piccolo film girato in economia, con un manipolo di impareggiabili caratteristi, e scrivendo di suo pugno una sceneggiatura semplice ma d'effetto. "Rocky" è un film ingenuo ma non ipocrita, genuino ed emozionante, "generazionale" per chi all'epoca credeva ancora nel Sogno Americano.
BULL DURHAM, UN GIOCO A TRE MANI (1988, di Ron Shelton)
Divertentissima e malinconica commedia sullo sport inteso come palestra di vita. Si parla di baseball, ma andrebbe bene per qualunque altra disciplina: un vecchio campione ormai sulla via del tramonto viene ingaggiato per far "crescere" un giovanotto talentuoso, dotato, ma privo di cervello. Le cose andranno bene finchè non si innamoreranno entrambi della stessa donna... Un trio di attori extralusso (Kevin Costner, Tim Robbins, Susan Sarandon) per una pellicola da riscoprire.
OGNI MALEDETTA DOMENICA (2000, di Oliver Stone)
La degenerazione dello sport, schiacciato dal peso del dio denaro e del business a ogni costo: tutto è in funzione del risultato, e chi non si adegua è fuori del gioco. Esattamente come Tony Damato (Al Pacino), allenatore di vecchio stampo di una squadra di football americano in crisi. Il ritratto di un uomo di sport che non vuole arrendersi alla "modernizzazione" imposta dai dirigenti della squadra. Oliver Stone dirige col suo solito stile sanguigno e senza sfumature: il risultato non è eccelso, ma le smorfie di Pacino valgono il prezzo del dvd.
THE WRESTLER (2008, di Darren Aronofsky)
Il Sogno Americano è finito e non è più il tempo degli eroi, nemmeno nello sport. Lo sa bene Randy "The Ram" Robinson, anziano lottatore di wrestling ormai indigente e malridotto, che ogni weekend si fa spaccare la faccia per pagare l'affitto della roulotte dove abita. Mickey Rourke è semplicemente commovente in un ruolo scritto su misura per lui, evidentemente autobiografico. La parabola del campione che discende agli inferi e cerca di rifarsi una vita normale, non rinunciando alla sua dignità. Rourke meritava l'Oscar (finito poi a Sean Penn), si è consolato con il Leone d'Oro a Venezia.
MOMENTI DI GLORIA (2001, di Hugh Hudson)
Ancora ad oggi il più bel film sportivo mai realizzato: la storia di due ragazzi britannici, Harold Abrahams e Eric Liddell (il primo inglese ed ebreo, il secondo scozzese e cattolico praticante) in procinto di partecipare alle Olimpiadi del 1924 a Parigi. Abrahams corre per ritrovare se stesso e per combattere i pregiudizi della gente, Liddell corre per ringraziare Dio di avergli dato un dono così grande... Film epico, emozionante, coinvolgente e sottilmente ambiguo: vorrebbe essere un tributo allo sport pulito, ad un'epoca che non c'è più. Ma se si guarda bene, anche negli anni venti si discriminavano gli ebrei e si obbligavano gli atleti a sottostare alla Ragion di Stato. Forse anche quei tempi non erano poi così eroici... Il tema musicale di Vangelis è diventato il più famoso della storia del cinema.
TORO SCATENATO (1980, di Martin Scorsese)
La storia di Jake LaMotta, uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, diventa davvero leggenda se raccontata da Scorsese, dando inizio ad un vero e proprio sottogenere di pellicole pugilstiche negli anni a venire. Robert DeNiro è semplicemente grandioso: per calarsi nel ruolo ingrassa trenta chili e prende botte vere, restando nell'immaginario collettivo.
ROCKY (1976, di John G. Avildsen)
A vederlo oggi, Sly Stallone fa quasi effetto con quei muscoli flaccidi, la pancetta e la pelle imbolsita. Eppure più di trent'anni fa stupì il mondo con questo piccolo film girato in economia, con un manipolo di impareggiabili caratteristi, e scrivendo di suo pugno una sceneggiatura semplice ma d'effetto. "Rocky" è un film ingenuo ma non ipocrita, genuino ed emozionante, "generazionale" per chi all'epoca credeva ancora nel Sogno Americano.
BULL DURHAM, UN GIOCO A TRE MANI (1988, di Ron Shelton)
Divertentissima e malinconica commedia sullo sport inteso come palestra di vita. Si parla di baseball, ma andrebbe bene per qualunque altra disciplina: un vecchio campione ormai sulla via del tramonto viene ingaggiato per far "crescere" un giovanotto talentuoso, dotato, ma privo di cervello. Le cose andranno bene finchè non si innamoreranno entrambi della stessa donna... Un trio di attori extralusso (Kevin Costner, Tim Robbins, Susan Sarandon) per una pellicola da riscoprire.
OGNI MALEDETTA DOMENICA (2000, di Oliver Stone)
La degenerazione dello sport, schiacciato dal peso del dio denaro e del business a ogni costo: tutto è in funzione del risultato, e chi non si adegua è fuori del gioco. Esattamente come Tony Damato (Al Pacino), allenatore di vecchio stampo di una squadra di football americano in crisi. Il ritratto di un uomo di sport che non vuole arrendersi alla "modernizzazione" imposta dai dirigenti della squadra. Oliver Stone dirige col suo solito stile sanguigno e senza sfumature: il risultato non è eccelso, ma le smorfie di Pacino valgono il prezzo del dvd.
THE WRESTLER (2008, di Darren Aronofsky)
Il Sogno Americano è finito e non è più il tempo degli eroi, nemmeno nello sport. Lo sa bene Randy "The Ram" Robinson, anziano lottatore di wrestling ormai indigente e malridotto, che ogni weekend si fa spaccare la faccia per pagare l'affitto della roulotte dove abita. Mickey Rourke è semplicemente commovente in un ruolo scritto su misura per lui, evidentemente autobiografico. La parabola del campione che discende agli inferi e cerca di rifarsi una vita normale, non rinunciando alla sua dignità. Rourke meritava l'Oscar (finito poi a Sean Penn), si è consolato con il Leone d'Oro a Venezia.
INVICTUS (2009, di Clint Eastwood)
Lo sport come strumento di unione e fratellanza tra i popoli, il rugby usato come grimaldello per abbattere barriere sociali. Eastwood dirige un film convenzionale, potente e onesto per fotografare la rinascita di una nazione che "cresce" e si stringe intorno alla propria squadra. A volte, quello che non si riesce a fare per generazioni intere si ottiene grazie a una palla ovale. L'ennesima lezione impartitaci da "nonno" Clint
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